Precedentemente avevamo dato notizia del sequestro da parte della guardia di finanza di circa 134,5 miliardi di dollari che potete rileggere a questo link
Dal Quotidiano La Repubblica
del 11 luglio 2009
di Walter Gabbiati
(giornalista)
MILANO - Denaro nordcoreano da nascondere nei forzieri dei banchieri svizzeri. Soldi per finanziare il traffico internazionale di armi distruzione di massa. O ancora un attacco valutario agli Stati Uniti. Ogni ipotesi è lecita finché non si stabilisce se siano veri o no i 134,5 miliardi di titoli di stato statunitensi, sequestrati a inizio giugno dalla Guardia di finanza alla frontiera di Chiasso.
Un giallo internazionale che ha scatenato la fantasia di blogger e appassionati di intrighi, ma che al momento ha poche certezze, se non quelle contenute nel fascicolo del pm comasco Daniela Meliota, dove tuttora sono custoditi quei titoli, in attesa che una pattuglia di esperti Usa si trasferisca, come le star hollywoodiane, in gita sul lago di Como per dirimere la questione dell'autenticità.
I due giapponesi fermati, che li trasportavano nel doppiofondo di una valigetta mentre su un treno locale cercavano di passare la frontiera, sono stati chiari fin dal principio: "Sono titoli - hanno messo a verbale - non commerciali, hanno solo un valore storico". Un po' come quelle azioni delle vecchie società fallite che alcuni broker appendono in quadretti dietro la propria scrivania. Mitsuoyoshi Watanabe e Akihiko Yamaguchi difficilmente potranno ripetere quelle parole. Sono stati denunciati a piede libero, così come prevede il codice per il delitto di contraffazione di titoli di stato esteri, e a quest'ora potrebbero essere ovunque.
Stephen Meyerhardt, il portavoce del Tesoro americano, l'unico ente in grado di stabilirne l'autenticità, non ha mai avuto dubbi: "È una frode colossale, non sembrano per nulla dei titoli veri, e comunque non sono mai stati emessi titoli con questa denominazione". Nel dettaglio si tratta di 249 titoli da 500 milioni di dollari e di altri 10 titoli da un miliardo l'uno. I primi hanno varie date e solo per alcuni che risalgono agli anni '30 si può anche ipotizzare il mero valore storico dichiarato dai due giapponesi. Per gli altri, la cui filigrana è di ottima qualità, il dubbio è legittimo. I 10 da un miliardo sono del 1998 e sono denominati Kennedy bond perché sul dorso presentano il volto del presidente ucciso a Dallas.
In genere, però, i titoli (azioni e bond), per di più di questa entità, non circolano mai in forma cartacea. Non ne esistono sul mercato. Dal 1986, gli Stati Uniti utilizzano quasi esclusivamente il formato elettronico e l'Italia fa lo stesso dal 1998. Nonostante queste direttive, resta comunque possibile chiederne l'emissione cartacea, ma a concederla deve essere sempre l'emittente, ovvero, in questo caso, il Tesoro Usa.
"È difficile che un investitore istituzionale o anche uno stato possa avere in portafoglio così tanti titoli per un valore così alto", spiega un banchiere di una primaria istituzione finanziaria internazionale. Tali numeri sono più frequenti nei maxi sequestri che la Guardia di finanza compie a scapito delle organizzazioni malavitose. Sono per lo più titoli falsi da depositare presso banche estere a garanzia di finanziamenti da ricevere in un altro paese.
Certo, molti indizi propendono per la non autenticità dei titoli, ma restano pur sempre dei lati oscuri. Innanzitutto, perché un falsario avrebbe dovuto affaticarsi tanto per stampare e far esportare titoli praticamente impossibili da piazzare sul mercato. E poi la solerzia con cui i servizi segreti americani avrebbero avvisato le autorità italiane e con cui starebbero seguendo la vicenda. L'ipotesi è che qualcuno si voglia liberare velocemente di titoli di stato denominati in dollari. Del resto sono molti i paesi desiderosi di sostituire la divisa statunitense negli scambi internazionali per limitarne l'egemonia, primi fra tutti la Cina e i paesi arabi.
Dal Quotidiano La Repubblica
del 11 luglio 2009
di Walter Gabbiati
(giornalista)
MILANO - Denaro nordcoreano da nascondere nei forzieri dei banchieri svizzeri. Soldi per finanziare il traffico internazionale di armi distruzione di massa. O ancora un attacco valutario agli Stati Uniti. Ogni ipotesi è lecita finché non si stabilisce se siano veri o no i 134,5 miliardi di titoli di stato statunitensi, sequestrati a inizio giugno dalla Guardia di finanza alla frontiera di Chiasso.
Un giallo internazionale che ha scatenato la fantasia di blogger e appassionati di intrighi, ma che al momento ha poche certezze, se non quelle contenute nel fascicolo del pm comasco Daniela Meliota, dove tuttora sono custoditi quei titoli, in attesa che una pattuglia di esperti Usa si trasferisca, come le star hollywoodiane, in gita sul lago di Como per dirimere la questione dell'autenticità.
I due giapponesi fermati, che li trasportavano nel doppiofondo di una valigetta mentre su un treno locale cercavano di passare la frontiera, sono stati chiari fin dal principio: "Sono titoli - hanno messo a verbale - non commerciali, hanno solo un valore storico". Un po' come quelle azioni delle vecchie società fallite che alcuni broker appendono in quadretti dietro la propria scrivania. Mitsuoyoshi Watanabe e Akihiko Yamaguchi difficilmente potranno ripetere quelle parole. Sono stati denunciati a piede libero, così come prevede il codice per il delitto di contraffazione di titoli di stato esteri, e a quest'ora potrebbero essere ovunque.
Stephen Meyerhardt, il portavoce del Tesoro americano, l'unico ente in grado di stabilirne l'autenticità, non ha mai avuto dubbi: "È una frode colossale, non sembrano per nulla dei titoli veri, e comunque non sono mai stati emessi titoli con questa denominazione". Nel dettaglio si tratta di 249 titoli da 500 milioni di dollari e di altri 10 titoli da un miliardo l'uno. I primi hanno varie date e solo per alcuni che risalgono agli anni '30 si può anche ipotizzare il mero valore storico dichiarato dai due giapponesi. Per gli altri, la cui filigrana è di ottima qualità, il dubbio è legittimo. I 10 da un miliardo sono del 1998 e sono denominati Kennedy bond perché sul dorso presentano il volto del presidente ucciso a Dallas.
In genere, però, i titoli (azioni e bond), per di più di questa entità, non circolano mai in forma cartacea. Non ne esistono sul mercato. Dal 1986, gli Stati Uniti utilizzano quasi esclusivamente il formato elettronico e l'Italia fa lo stesso dal 1998. Nonostante queste direttive, resta comunque possibile chiederne l'emissione cartacea, ma a concederla deve essere sempre l'emittente, ovvero, in questo caso, il Tesoro Usa.
"È difficile che un investitore istituzionale o anche uno stato possa avere in portafoglio così tanti titoli per un valore così alto", spiega un banchiere di una primaria istituzione finanziaria internazionale. Tali numeri sono più frequenti nei maxi sequestri che la Guardia di finanza compie a scapito delle organizzazioni malavitose. Sono per lo più titoli falsi da depositare presso banche estere a garanzia di finanziamenti da ricevere in un altro paese.
Certo, molti indizi propendono per la non autenticità dei titoli, ma restano pur sempre dei lati oscuri. Innanzitutto, perché un falsario avrebbe dovuto affaticarsi tanto per stampare e far esportare titoli praticamente impossibili da piazzare sul mercato. E poi la solerzia con cui i servizi segreti americani avrebbero avvisato le autorità italiane e con cui starebbero seguendo la vicenda. L'ipotesi è che qualcuno si voglia liberare velocemente di titoli di stato denominati in dollari. Del resto sono molti i paesi desiderosi di sostituire la divisa statunitense negli scambi internazionali per limitarne l'egemonia, primi fra tutti la Cina e i paesi arabi.
Nessun commento:
Posta un commento