Dal Quotidiano l'Unità
del 17 agosto 2009
Non è mafia di serie B. È mafia seria. Che ha forti legami con le cosche calabresi, rapporti stretti con la politica che agisce sul territorio e che dal territorio trova i consensi per proiettarsi sullo scenario nazionale, un controllo ferreo della più grande attività economica di quella parte dell’Agro Pontino, il mercato ortofrutticolo, e che ha un suo ruolo da protagonista nel traffico internazionale di stupefacenti.
Questa è la filiale pontina della ’ndrangheta calabrese che agisce a Fondi, che di quel Comune ha un controllo serrato documentato da inchieste della magistratura, relazione di prefetti e commissioni di accesso. Per queste ragioni è incomprensibile «l’annuncio» di Silvio Berlusconi. Il Comune di Fondi non si scioglie perché nessun membro della giunta o del consiglio è stato raggiunto da avvisi di garanzia. E appare addirittura irritante la promessa di nuovi accertamenti fatta dal ministro dell’Interno Maroni. Il tutto proprio nel giorno in cui il governo «annuncia» l’ennesimo giro di vite e una serie di novità nella lotta alla criminalità organizzata.
Di Venanzio Tripodo, che insieme al fratello Carmelo gestisce gli affari della “famiglia”, si è occupata anche la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Tutto nasce dal sequestro di 1300 chili di ecstasy a Melbourne, in Australia, il 13 aprile 2005, da parte della polizia locale. Il paese oceanico è da decenni terra di conquista delle ‘ndrine calabresi soprattutto della zona dell’Aspromonte. Melbourne, Griffith, Perth, sono le città controllate dalle cosche. Quelle di Platì, in modo particolare. Si tratta di «alta mafia», di «famiglie» giunte ai vertici del narcotraffico internazionale. Per questo la procura antimafia di Reggio Calabria fu colpita quando dalle carte della polizia australiana spuntò il nome di una impresa reggina, coinvolta nel giro d’affari dei narcos, che aveva collegamenti con Venanzio Tripodo.
Le intercettazioni telefoniche del Ros dei carabinieri fecero il resto e portarono alla scoperta di una serie di collegamenti tra Tripodo e picciotti della Locride. Droga, quindi e soldi. L’inchiesta della Dda di Reggio si è intrecciata con quella delle procure di Roma e di Napoli sugli interessi della ’ndrangheta calabrese e della camorra dei casalesi nell’Agro Pontino. Ma non si tratta dell’unica indagine sul traffico di stupefacenti che dall’estero trova sponde a Fondi. Due anni fa furono arrestate 38 persone e anche in questa occasione sono emersi i collegamenti fra criminalità pontina e ’ndrangheta calabrese. I rifornimenti di droga, infatti, avvenivano in Argentina e in Spagna.
Ma c’è un di più, un tratto che accomuna il modus operandi della ‘ndrangheta a Milano, tanto per parlare di «famiglie» che agiscono fuori sede, ai Tripodo di Fondi: l’uso del mercato ortofrutticolo come base per gli affari illeciti. A Fondi come a Milano, anche qui la ’ndrangheta e i suoi esponenti si sono allargati nel mondo dell’economia. Basta scorrere il lungo elenco delle società sequestrate, in parte o completamente, nell’operazione del 6 luglio scorso. Almeno tre operano nel campo dei servizi a privati e ad enti pubblici, un paio nel ricco settore dell’ortofrutta.
I fratelli Tripodo, inoltre, avevano una loro specialità: prestiti e recupero crediti. Una branca d’affari che a Venanzio Tripodo ha creato qualche problema in Sicilia dove era andato per recuperare crediti vantati dai grossisti del Mof. La protezione di ambienti di Cosa Nostra ai commercianti insolventi lo costrinse a desistere.
Ma è la rete di rapporti politici e con settori chiave dell’amministrazione comunale gestita dal centrodestra ad impressionare. Un ex assessore (primo degli eletti che i voti li avrebbe avuti proprio dai Tripodo), i vertici della polizia municipale, dirigenti del settore Finanze e dei lavori pubblici. L’inchiesta e gli arresti del 6 luglio li bollano tutti come collusi, parte del sistema Tripodo. Un sistema politico-mafioso che Berlusconi non intende smantellare.
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