del 20 agosto 2009
di Nadia Francalacci
(Giornalista)
Ricoveri banali rimborsati come urgenti. Garze a prezzo d'oro. Forniture gonfiate. In tre anni scoperti raggiri per 137 milioni. E le truffe crescono
L'ospedale di Siderno
Dichiarazioni fasulle. Rimborsi gonfiati. Intrecci perversi tra direttori amministrativi delle Asl, primari d'ospedale e le ditte fornitrici. L'unica cosa che migliora nella sanità italiana sono le truffe. In tre anni la Guardia di finanza ha accertato frodi al Servizio sanitario nazionale per 137 milioni di euro e danni al Fisco per oltre 487 milioni. E i dati di inizio anno mostrano le nuove frontiere di questa gara al raggiro: solo tra gennaio e marzo le frodi sono aumentate del 51 per cento rispetto ai primi tre mesi del 2008. Quello che emerge dalla relazione dell'Ufficio spesa e mercati della Finanza è un caleidoscopio di imbrogli ed espedienti per spolpare e sperperare i fondi pubblici destinati alla sanità. Si parte dai falsi invalidi: solo in Calabria in due anni ne sono stati denunciati più di duemila che allo Stato sono costati quasi 8 milioni di euro. Poi ci sono i ?disoccupati? che hanno la Porsche posteggiata sotto casa ma si autocertificano indigenti per non pagare il ticket sanitario: 720 erano residenti solo nella città di Bari. Quindi i medici di base che percepiscono compensi per assistiti morti da anni: 67 mila le posizioni irregolari scoperte in tutta Italia, un buco da 22,5 milioni di euro. Ma i primi posti della black list sono occupati da decine di case di cura private convenzionate con il servizio sanitario: rimborsi spesa stratosferici, prestazioni inesistenti, ricoveri gonfiati che hanno fruttato, in meno di ventiquattro mesi, 72,7 milioni di euro. Di questi 9,7 milioni solo per dieci cliniche piemontesi.
La tecnica era semplice: "Frazionavano in mini ricoveri tutte quelle degenze che superavano i due mesi di permanenza nella struttura, per richiedere il rimborso 'pieno' della tariffa», spiega il colonnello Alfredo Sanfelice, capo Ufficio spese e mercati della Finanza, "dopo il sessantesimo giorno di ricovero la Regione infatti avrebbe dovuto usufruire in base alla normativa, di uno sconto del 40 per cento sul totale delle spese sostenute per il paziente dalla clinica fino all'ultimo giorno di permanenza". Un esempio è il caso della signora Anna B., torinese in cura in una struttura privata per la riabilitazione di entrambi gli arti inferiori a seguito di un incidente stradale. Ricoverata per 455 giorni consecutivi risultava essere stata dimessa otto volte. Alla Regione Piemonte la sua degenza è costata 22 mila euro in più. Le case di cura piemontesi effettuano circa 700 mila ricoveri l'anno e la maggior parte sono per patologie psichiatriche e ortopediche. Su mille di questi ricoveri definiti "sospetti" sono già cominciate le indagini. Alcune cliniche abruzzesi avevano invece architettato falsi casi urgenti e con questo escamotage hanno intascato oltre 63 milioni di euro. "Dichiaravano la necessità di procedure d'urgenza nonostante le cliniche coinvolte non fossero state autorizzate ad erogare quel tipo di servizio", spiega Sanfelice, "e in questo modo facevano scattare il rimborso maggiorato". Ma nel campo delle truffe la terra dei record è la Calabria. Non a caso, è la regione con la maggior percentuale di posti letti in strutture private: ben il 32 per cento contro una media nazionale del 19. E il 94 per cento delle strutture socio-assistenziali presenti in Calabria sono gestite da privati. Lì imprenditori e funzionari pubblici fanno a gara nel salasso al Fondo sanitario. Il top riguarda le procedure sospette utilizzate per acquistare beni e apparecchiature. È il trionfo della scorciatoia.
Gli appalti potrebbero mettere le ditte in competizione e far diminuire i prezzi? E allora dilaga la trattativa privata. Sempre più spesso vengono invocati i caratteri d'urgenza e unicità. Oppure spunta l'esclusività di vendita di questo o quel prodotto. E così si concludono affari a sei cifre senza concorrenza. Contratti costosi e che in più talvolta riempiono gli armadietti degli ospedali con materiali scadenti e sempre più spesso fabbricati in Cina. Che ovviamente non hanno nessuna garanzia di sicurezza. È accaduto nell'ospedale civile di Siderno a proposito di suturatrici. "Hai capito? Se cercano i Rasciur, non posso mica dire che i Rasciur li fanno i cinesi? Che sono uscito pazzo?? Nella mia richiesta c'era una elencazione di prodotti. Diciamo dieci? Di cui cinque con codice, descrizione del prodotto, assolutamente prodotti dalla ditta T, assolutamente brevetto mondiale... E cinque con dei codici cambiati, di un'altra ditta che poi scopriremo che è una ditta cinese...". Lo sapevano in molti. Sicuramente ne era a conoscenza il direttore del dipartimento di Chirurgia che firmava le richieste e ne parlava al telefono con amici e colleghi, ignorando di essere intercettato. Lo poteva capire chi compilava gli ordini, chi usava quel materiale in sala operatoria. E ovviamente lo sapevano gli imprenditori delle ditte fornitrici che ritiravano quella merce nel porto di Napoli assieme ad altra chincaglieria cinese.
Insomma, gli unici a non poter sospettare erano i pazienti. Quelli che sono finiti sotto i ferri tra il 2006 e il 2008 e hanno avuto la ferita ricucita con suturatrici e punti made in China. Quel materiale scadente e privo del marchio ?Ce? ma pagato con i soldi della Asl di Locri oltre dieci volte il prezzo reale, è stato impiegato in molte operazioni di routine. E non solo quello: sugli scaffali dei reparti dell'ospedale civile di Siderno sono finite anche pinze, bisturi e altri strumenti per sala operatoria pagati da 4 a 10 volte più del normale. Spese folli, senza ritegno. Kit per l'ernia inguinale da 86 euro acquistati a 2.648 euro al pezzo. Ma il capolavoro lo hanno realizzato con il ?materiale sterile per medicazione?: pomposa definizione per delle banali garze. Il ricarico tra il prezzo di mercato e quello pagato dalla Asl di Locri oscillava tra il 15.520 e il 16.652 per cento. In pratica, hanno bruciato centomila euro soltanto per le scorte di garza. Solo in Calabria, dal 2006 al 2008 la Finanza ha scoperto frodi per trentadue milioni di euro. In una regione che spesso non riesce a garantire nemmeno il pronto soccorso, fiumi di denaro vengono dilapidati per acquistare macchine inutili. I mammotomi sono apparecchiature fondamentali per la prevenzione dei tumori al seno. Le tre aziende sanitarie di Castrovillari, Locri e Palmi e quelle ospedaliere di Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza ne hanno comprati sei. E non li hanno mai utilizzati. Per i sei mammotomi hanno speso quasi 3 milioni di euro: buttando via il 40 per cento del totale dei fondi disponibili per i macchinari diagnostici di tutte le aziende sanitarie calabresi. "Per capire la portata dello spreco di denaro", specifica il comandante provinciale della Finanza di Reggio Alberto Reda, "basta considerare che nello stesso periodo in cui sono state acquistate queste apparecchiature, in tutta la Regione Lombardia ne esisteva solo un unico esemplare".
E poi ci sono le protesi. Anzi, decine di confezioni di protesi peniene e di protesi testicolari acquistate a prezzi d'oro dal primario di Urologia dell'ospedale di Siderno e mai usate. Il costo di mercato oscilla tra i 280 e i 320 euro, la Asl di Locri le pagava 1.950 euro. Era direttamente il primario che gestiva le ordinazioni insieme al caposala. Per la sanità la Regione Calabria ha stanziato in tre anni 3,3 miliardi di euro, un terzo del suo bilancio: quanti di questi soldi finiscono in macchinari inutili e acquisti compiacenti? Il fenomeno sembra dilagante. Le indagini sulla malagestione dell'ospedale di Locri aperte dopo l'omicidio di Francesco Fortugno hanno coinvolto 224 persone tra imprenditori e personale amministrativo, medico e paramedico. Più di duecento sotto inchiesta per i traffici di una sola Asl: un vero primato.
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