del 20 agosto 2009
di Giulio Savina
(Giornalista)
Dai rapporti della Guardia di Finanza e della Direzione Investigativa Antimafia sono emerse la pericolosità ed alcune caratteristiche degli affiliati alla mafia cinese nel nostro paese. La "mafiosità" è l'elemento principale che caratterizza la criminalità cinese. Secondo il nostro codice penale "l'associazione a delinquere è di stampo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza d'intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere dei delitti".
Ciò è quanto è stato messo in luce da alcune delle più importanti indagini svolte negli ultimi anni ed è stato sancito da sentenze passate in giudicato.
Con oltre 150.000 cittadini residenti(ufficiali) all'inizio del 2008, quella cinese è la quarta comunità straniera in Italia. Fino a qualche anno fa il reato principale per l'associazione mafiosa cinese era il traffico dei clandestini che assicurava all'associazione un'entrata certa ed enorme.I clandestini cinesi pagano dai 3 ai 20.000 € a persona per giungere in Italia, dove, per anni, vengono sovente costretti ad una esistenza miserevole, con i documenti e la loro stessa vita nelle mani dei mafiosi.
Questi di trafficanti di esseri umani tra la Cina e l'Italia, si arricchiscono sui viaggi dei clandestini, si rubano i "clienti", ricattano i familiari e cedono quote di business ad altri connazionali.
A questo primo livello di mafia cinese si è aggiunto un secondo livello quello dei gruppi giovanili (c.d. bande armate) che, con una struttura organizzativa di tipo "mafioso", sono dediti alla realizzazione di fattispecie delittuose quali il gioco d'azzardo, le estorsioni, il sequestro di persona,lo spaccio di sostanze stupefacenti, all'interno delle discoteche cinesi e negli internet-point, lo sfruttamento della prostituzione, il reato di rapina all'interno delle abitazioni private o dei laboratori.
Altri reati principali restano lo spallonaggio e la contraffazione dei marchi. Lo spallonaggio consiste nel trasferimento di ingenti somme di denaro in contanti (cosa che impedisce così il rintracciamento). Difatti, i guadagni delle attività illecite e lecite dei cinesi in Italia vengono re-investiti nella Repubblica Popolare Cinese. In questo Paese dove vengono calpestati i diritti umani,dove avvengono migliaia di esecuzioni capitali all'anno, dove si celebra il lavoro schiavista e dove si producono prodotti di infima qualità se non tossici o nocivi le autorità non sono affatto preoccupate di conoscere la provenienza dei capitali prodotti dai Cinesi che vivono all'estero.
Dai controlli messi in atto dalle Forze dell'Ordine sono state scoperte società-schermo o strutture parabancarie che esportano i capitali in Cina attraverso procedure irregolari che nascondono fattispecie di riciclaggio in attività di copertura.
Certamente il reato che maggiormente interessa le forze dell'Ordine è il reato della contraffazione dei marchi. Lo sfruttamento del lavoro e la riduzione in schiavitù della forza lavoro minorile (utilizzata dentro i laboratori) e la concorrenza sleale verso l'imprenditoria italiana sono i corollari della contraffazione dei marchi.
Questa comunque non si rifà solamente al settore della pelletteria o dell'abbigliamento tessile, come accadeva all'inizio, ma investe un'ampia fetta del mercato, giochi (pensiamo al caso Mattel), alimentari (olio, pomodori pelati, mozzarella di bufala!!), CD, DVD, televisori, dentifricio, etc.
Tali prodotti si presentano molto simili all'originale, quindi, per certi versi, di difficile identificazione ma totalmente diversi nella sostanza, provocando così sia un danno all'immagine che all'intera economia del nostro Paese, "l'industria del tarocco sottrae ogni anno alle imprese manifatturiere 6 miliardi di euro, bruciando 1,5 miliardi di euro in termini di evasione di Iva e circa 120.000 posti di lavoro in tutta l'Unione Europea".Nel 2005 l'operazione della D.I.A. "Ramo d'Oriente" ha portato al sequestro di beni immobili e mobili di un valore complessivo di oltre 610.000 euro appartenenti alla famiglia Hsiang, riconosciuta come la principale famiglia mafiosa cinese operante nella zona di Firenze. Dopo meticolose indagini era emerso un divario tra i redditi dichiarati e i valori dei beni disponibili e/o a disposizione.
Pertanto, ai sensi dell'art.I quinquies della L. 726/1982 e in virtù dei poteri delegati dal Ministro dell'Interno con il D.M. 23.12.1992 integrato dal D.M. 30.11.1993, il P.M. decise di applicare come misure di sicurezza agli imputati sia quelle di tipo personale sia quelle di tipo patrimoniale.
Per la prima volta in Italia, l'applicazione di una normativa antimafia a cittadini cinesi.
Dal rapporto della DIA sulla mafia cinese è emersa una delle tipiche peculiarità di questa mafia: la capacità di saper perfettamente utilizzare passaporti e documenti di persone decedute, per rendere legittima la posizione di individui vivi e vegeti, che in tal modo possono riemergere nella legalità.
Il fatto che i gravi reati compiuti si determinano soprattutto all'interno della realtà cinese, determina una attenzione relativa da parte dell'opinione pubblica, e di conseguenza delle autorità istituzionali che non sembrano cogliere in pieno le enormi potenzialità di sviluppo di questa mafia. La difficoltà di comprensione della lingua, quasi 60 dialetti diversi, la quasi totale mancanza di "pentiti" (i pochi pentiti vivono nel terrore di ricevere un mazzo di gladioli rossi, minaccia di morte secondo un codice malavitoso ) giocano a favore delle Triadi cinesi.
Il territorio: Le chinatowns in Italia
Le comunità cinesi sono chiuse al mondo esterno, sono omertose, chi ci vive spesso non conosce nemmeno la lingua italiana. Le chinatowns vivono chiuse in se stesse, con le loro gerarchie ed i loro affari, leciti e illeciti, il numero dei cinesi clandestini al loro interno è elevatissimo. Le tipiche attività presenti nelle chinatowns sono la banca fantasma, il mercato parallelo dei farmaci, la clinica abusiva, la casa di appuntamenti e l'import-export fuori da ogni regola..
A Milano tra Via Paolo Sarpi, Via Bramante e Via Niccolini e a Roma nel quartiere Esquilino e in via dell'Omo cominciarono coll'acquisizione selvaggia di appartamenti, in genere acquistati in contanti a prezzi anche superiori a quelli di mercato. Seguirono poi l'apertura di negozi e magazzini tutti uguali e di numerosi bar e ristoranti etnici. È una chiara attività di copertura per riciclare il denaro "sporco" proveniente da traffici illeciti.
Gli assalti con le armi bianche, col machete, nei locali delle chinatowns di Milano o Torino sono solo l'elemento folkloristico dei clan cinesi che hanno ormai cominciato ad assumere la forza contrattuale di scendere a patti con i clan della camorra (vedansi le indagini sul mercato immobiliare, l'import-export dal porto di Napoli, gli edifici del quartiere Esquilino di Roma (sotto il controllo della camorra) o con qualche calabrese in odore di ‘ndrangheta' per un centro commerciale.
Gli investigatori stimano che tra capi e sottocapi siano 250 i boss di un certo rango che in modo invisibile controllano territori ben delimitati. Gli esperti dicono che non c'è tempo da perdere. Non si deve più troppo attendere come si è sempre fatto con la storia del contrasto alla camorra, alla 'ndrangheta, a Cosa nostra e persino al terrorismo.
L'economia illegale è l'impresa mafiosa, è il crimine mafioso che si fa impresa. Essa conquista palazzi, negozi, capannoni e li mette al servizio dei propri affari.
La mafia cinese riesce ormai a muoversi liberamente su scala globale con collegamenti internazionali, creando così un'impresa multinazionale a struttura tentacolare. Ecco perché i problemi della mafia cinese non possono e non debbono essere circoscritti a qualche pezzo di quartiere di questa o quell'altra città. Sono problemi che sono destinati ad avere ricadute sull'economia nazionale e sulla normalità del suo svolgimento.
Nel silenzio mediatico la mafia cinese ha ormai gettato le fondamenta per le sue basi anche nel nostro paese.
Le Triadi cinesi sempre più forti nel nostro territorio alimentano la mafia cinese in Cina che non contrastata dalle autorità cinesi consente al sistema politico comunista di perpetuarsi a scapito delle libertà degli individui impediti nell'esprimere il proprio dissenso politico, religioso, intellettuale e filosofico.
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