del 27 agosto 2009
di Gaetano Paci
(Sostituto Procuratore della Direzione distrettuale Antimafia)
IL 26 AGOSTO DI SEI ANNI FA - quando è stato assurdamente strappato alla sua famiglia, a sua moglie Milena e ai loro due meravigliosi bambini, e alla magistratura - Luca Crescente aveva appena 39 anni, non aveva ancora maturato dodici anni di servizio, un tempo terribilmente breve rispetto a quanto egli ancora avrebbe voluto e potuto dare ai suoi affetti, alla collettività e allo Stato.
Un tempo tuttavia sufficiente per lasciare un segno indelebile in tutti noi: Luca è stato uno splendido esempio di equilibrio tra passione e rigore, tra attaccamento alle radici e alla tradizione e capacità di innovare, tra rispetto delle regole e delle forme imposte dal diritto e incessante ricerca delle nuove frontiere della giustizia, tra discrezione e sobrietà nel tratto e nei comportamenti e insospettabile capacità di esprimere una esilarante verve comica.
Assieme ad altri colleghi del nostro concorso avevamo indossato la toga, per la prima volta, ai funerali di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti di scorta trucidati il 23 maggio di diciassette anni fa. E quell´esperienza, resa ancora più tragica dalla successiva strage di via D´Amelio, aveva impresso al nostro ingresso in magistratura un significato che andava ben oltre l´inizio di un percorso professionale e che assumeva la dimensione di una scelta di vita irrevocabile.
Luca era rimasto profondamente segnato da questi eventi che avevano contribuito a radicare in lui l´imperativo morale che occorresse dare il massimo di ciò che un magistrato può dare per liberare la nostra terra dall´illegalità e dal condizionamento mafioso. A distanza di dieci anni, nel 2001, così Luca ricorderà quel periodo: «Faccio il magistrato da dieci anni e sono orgogliosissimo di avere fatto parte dell´ordine giudiziario in questi anni. Così come sono onoratissimo di avere servito lo Stato, in questi anni, in silenzio, come magistrato della Procura della Repubblica di Palermo e da ultimo della Direzione distrettuale antimafia. Perché, nonostante i tanti errori che inevitabilmente saranno stati fatti in anni così difficili, i magistrati della Procura della Repubblica di Palermo, nel loro complesso, sono stati esempio costante di dedizione allo Stato e alla collettività intera. Sacrificando la propria libertà, sacrificando la propria giovinezza, sacrificando le proprie famiglie».
Nella sua carriera Luca Crescente ebbe modo di occuparsi di svariati fenomeni criminali: dalla pirateria informatica nel settore delle telecomunicazioni - nel quale sin dal 1993, tra i primissimi in Italia, aveva elaborato un sofisticato protocollo investigativo che gli aveva permesso di raggiungere eccellenti risultati nell´accertamento delle clonazioni - alle indagini e ai processi di criminalità mafiosa che aveva condotto con ineccepibile rigore, ottenendo l´arresto di numerosi latitanti e la loro condanna all´ergastolo. In questo settore era diventato uno dei magistrati più apprezzati per via della sua profonda conoscenza delle dinamiche dell´organizzazione mafiosa, dell´attenzione costante che prestava al divenire degli eventi, ai segnali, anche apparentemente insignificanti, ai quali cercava di dare - riuscendovi - una seria chiave di lettura.
Lontano da ogni forma di protagonismo, Luca Crescente non esitò tuttavia a prendere posizione, anche pubblicamente, in occasione di dibattiti sulla riforma della giustizia penale.
Quel 26 agosto 2003 Luca se n´è andato improvvisamente, lasciando un vuoto enorme e un inestimabile patrimonio morale, etico e professionale da salvaguardare. In definitiva un modello di magistrato capace, competente e indipendente, così efficacemente descritto in una nota di elogio dall´allora procuratore della Repubblica di Palermo Giancarlo Caselli: «È proprio per merito del sacrificio dei magistrati volenterosi e capaci come te che un ufficio come il nostro può riuscire a mantenere un livello professionale di accettabile livello, nonostante le immense difficoltà d´ogni genere».
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