Dalla Rivista L'Espresso
del 3 settembre 2009
di Marco Damilano
(Giornalista)
Lo scontro con la Chiesa. Gli attacchi all'Europa. Il tentativo di bavaglio all'informazione. Il premier lancia la sua campagna di settembre. Ecco i suoi obiettivi
Mi raccomando, scrivetelo che io queste cose le dico sempre con il sorriso... Certo, Cavaliere, si figuri, come no. Con un bel sorriso, la sera del primo settembre, data anniversario dell'invasione nazista della Polonia e dell'inizio della Seconda guerra mondiale, Silvio Berlusconi in visita a Danzica, la città polacca da cui partì tutto, prova ad affossare alcune istituzioni uscite dalla vittoria delle democrazie nel conflitto più sanguinoso della storia.
L'Unione europea, per esempio. "Bloccheremo con il veto il funzionamento della Commissione Ue", minaccia il premier scatenando le reazioni di Bruxelles, alla vigilia del rinnovo del mandato da presidente del portoghese Josè Manuel Barroso. Berlusconi è infuriato per le dichiarazioni del portavoce Ue Johannes Leitenberger sulla libertà di espressione come "garanzia fondamentale dell'Europa". Dovrebbe essere la scoperta dell'acqua calda, e invece nel reame di Berlusconia isolato dal resto della comunità internazionale no, non si può dire, è una verità scomoda. Anche perché, sempre con il sorriso, nella stessa esternazione, l'uomo che guida il governo italiano attacca sul piano personale Carlo De Benedetti ("Un editore svizzero"), il direttore di "Repubblica" Ezio Mauro ("Evasore fiscale") e l'intera stampa internazionale, presa in blocco, come un unico soggetto ostile. Finito? Macché, sempre con il sorriso, il Cavaliere lancia l'avvertimento finale alle gerarchie ecclesiastiche, già stressate da una settimana difficile.
La legge sul testamento biologico, quella per cui Berlusconi appena sette mesi fa sfidò il Quirinale, provocò una crisi istituzionale e mobilitò il gruppo del Pdl al Senato chiamato a votare in poche ore il decreto salva-Eluana, poi approvata a Palazzo Madama, potrebbe tornare in discussione: "Ne parleremo alla Camera, io garantirò la libertà di coscienza dei deputati Pdl". Sciogliete le righe, altro sorriso berlusconiano, anche la Chiesa è servita. La dichiarazione di guerra di Danzica è conclusa. È la nuova strategia del premier, partorita nelle settimane estive con l'inner circle, dove sale sempre di più la stella di Niccolò Ghedini e tramonta malinconicamente l'influenza di Gianni Letta, l'ambasciatore dei tempi di pace esautorato in questa stagione di guerra sporca, senza quartiere. La strategia della tensione inaugurata al rientro delle vacanze venerdì 28 agosto. Quel giorno da Palazzo Chigi partono le querele contro il gruppo Espresso e i giornali internazionali che hanno ripreso le dieci domande sulle frequentazioni pericolose del premier, famose ormai in mezza Europa, ma mai riprese da un tg nazionale.
E sulla prima pagina del "Giornale", di nuovo affidato alle sottili cure di Vittorio Feltri, campeggia il titolo: "Il supermoralista condannato per molestie". Sottotitolo: "Dino Boffo, alla guida del giornale dei vescovi italiani e impegnato nell'accesa campagna contro i peccati del premier, intimidiva la moglie dell'uomo con cui aveva una relazione". Il caso Boffo serve a spiegare meglio di ogni altra cosa l'escalation del neo-berlusconismo, al cui confronto il "non faremo prigionieri" di Cesare Previti era un mazzo di rose. Chi è Dino Boffo, infatti? Molto più di un semplice direttore di "Avvenire". Da 15 anni è uno dei personaggi più influenti e potenti della Chiesa e, dunque, della nomenclatura italiana. L'uomo di fiducia del cardinale Camillo Ruini. La guida di un impero multimediale che raccoglie il quotidiano dei vescovi, la televisione satellitare Sat2000, il circuito radiofonico più i grandi eventi comunicativi, tutto centralizzato nella persona di Boffo. Il front runner delle grandi campagne della Cei ruiniana, dall'astensione sui referendum sulla fecondazione assistita nel 2005 al Family Day contro la legge sulle coppie di fatto proposta dal governo Prodi e dalla cattolicissima Rosy Bindi. Cosa pensi Boffo del Cavaliere, dell'anomalia berlusconiana e del conflitto di interessi, il direttore di "Avvenire" lo chiarisce una volta per tutte il 18 aprile 2006 parlando ex cathedra dal suo pulpito preferito, il forum con i lettori nella pagina delle lettere. "Sarà dura rimediare ai guasti che il gruppo di potere di Berlusconi ha recato alle istituzioni: la vergogna delle leggi ad personam, lo stravolgimento dei principi costituzionali", scrive il lettore Ranieri Marchi. "Mi preoccupa anche la corsa farisaica a dichiararsi figli devoti della Chiesa". Boffo, però, non ci sta. E replica in malo modo: "Il suo è un anti-berlusconismo istintivo, totale, fazioso". Quanto al rapporto con la Chiesa, Boffo non ha dubbi: "Il fenomeno della secolarizzazione in Italia era partito assai prima che Berlusconi invadesse l'etere con le sue tv. Abbiamo dimenticato la vicenda del divorzio e dell'aborto? Si ricorda quel ragionamento sibillino e falsamente democratico che dilagò anche in casa nostra, nel mondo cattolico, secondo cui si diceva: "Io non divorzierò mai, ma perché devo togliere questa possibilità ad altri?". Provi a pensare, amico caro, se l'inizio della crisi non fu piuttosto quello. Poi, certo, altro venne e fu la combustione generale".
Insomma, per Boffo in Italia c'è stata una sola, vera anomalia: il dialogo tra i cattolici e la sinistra. Un rapporto contro-natura, questo sì. In coerenza con questo dogma, per anni il fedelissimo di Ruini conduce "Avvenire" contro i cattolici democratici alla Prodi o alla Scoppola, l'Ulivo, i governi del centro-sinistra. E lancia nuove carriere politiche: nel centrodestra, in Forza Italia. Alla vigilia delle elezioni politiche 2006 dove sono in competizione Berlusconi e Prodi, per esempio, affida l'editoriale di orientamento al voto per i lettori alla laica Eugenia Roccella: "Il nostro problema, oggi, è non far scomparire la famiglia, la sacralità della vita, la dignità della persona. Ma per fare questo dobbiamo schierarci". Inutile dire da che parte: la Roccella, infatti, sarà scelta dalla Cei come portavoce del Family Day nel 2007 e da lì prenderà il volo. Oggi è deputata del Pdl e sottosegretaria al Welfare nel governo Berlusconi. Grazie a Boffo.
Un bel testacoda, dunque, che a finire nel mirino del "Giornale" sia finito proprio il nemico dei cattolici adulti, e per colpa di due interventi in quella rubrica dove per anni il direttore ha impartito vibranti lezioni agli anti-berlusconiani. Sono bastate due risposte ai lettori in rivolta per i silenzi della Chiesa sugli scandali sessuali di Berlusconi, il 24 e il 28 luglio, parole misurate e prudenti come sempre ("Uno scenario di potenziale desolazione"), ma per una volta esplicite, in difesa dei vescovi che nei giorni precedenti avevano condannato il premier. Pioveva, piovevano soprattutto nella redazione di "Avvenire" le lettere di parroci indignati per i comportamenti del premier e i silenzi della Chiesa, Boffo si è limitato ad aprire l'ombrello, ma per i falchi berlusconiani avrebbe dovuto giurare che c'era il sole, in molti d'altra parte in questo tempo sono disposti a farlo. Tanto è bastato nell'era del Berlusconi furioso per inserire Boffo nella lista dei cattivi. Il moralista, il cattocomunista da dileggiare sulla gazzetta della famiglia Berlusconi, da sbattere in prima pagina come omosessuale "attenzionato dalla Polizia" e"bugiardo". Una strategia della tensione e dell'intimidazione che non risparmia neppure gli ex amici. E che, in questo caso, è arrivata a sfiorare il soglio più alto, la figura del papa trascinata nella polemica per via di una telefonata al presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco. Per la Chiesa, nelle sue varie anime in contrasto tra loro, gli ultimi giorni rappresentano la fine di un'illusione a lungo coltivata negli ambienti ruiniani. "Per anni abbiamo pensato che la sinistra fosse ideologica, inaccessibile ai nostri messaggi. E che invece il centrodestra, la creatura berlusconiana, fosse una parete bianca, vuota, in cui ognuno poteva scrivere quello che voleva", spiega un monsignore. La speranza che nel vuoto di idee del Pdl fosse più facile per i vertici della Chiesa infilare progetti, risorse, classe dirigente. L'ultima settimana rappresenta un brusco risveglio. In pochi giorni la Lega ha invitato il Vaticano a prendersi gli immigrati in casa, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha intimato ai vescovi a restare fuori dal dibattito sul testamento biologico. E Berlusconi, il nuovo uomo della Provvidenza benedetto dalla cordata Ruini, minaccia di rimettere in discussione il pacco di doni legislativi promesso alla segreteria di Stato vaticana.
Un assedio che costringe gli uomini del cardinale Tarcisio Bertone, numero due del Vaticano, filo-governativi, e l'ala dura della Cei, incarnata dai siciliani Mariano Crociata e Domenico Mogavero, a mettere da parte le rivalità esplose fragorosamente sui giornali e a fare quadrato. Per un'istituzione come la Chiesa, abituata a ragionare in millenni e non in anni, il dopo-Berlusconi è già un tema di attualità. Né è possibile farsi mettere sotto ricatto dal Cavaliere che consente la pubblicazione di informative per seminare la zizzania tra i pastori di Cristo, i pescatori di uomini chiamati ora a muoversi nel porto limaccioso dei dossier, e agita sondaggi sfavorevoli al Vaticano e favorevoli a lui. A dimostrazione che per il Berlusconi furioso non esistono contropoteri. Non lo possono essere i vescovi. Non può esserlo l'Europa, bollata come l'istituzione dei portavoce, un fantasma inesistente. Deve essere impedito che lo diventi la stampa che non è direttamente o indirettamente controllata. E tantomeno può sperare di arginare la strategia chi nell'entourage berlusconiano ha sempre consigliato cautela e rispetto per le istituzioni: Gianni Letta mai come ora in difficoltà. Berlusconi va alla guerra totale, contro il Vaticano, contro l'Europa, contro tutti. Sarà ricordata a lungo la dichiarazione di Danzica. E chissà se, alla fine, al Cavaliere resterà incollato il bel sorriso di quel giorno, il primo settembre.
del 3 settembre 2009
di Marco Damilano
(Giornalista)
Lo scontro con la Chiesa. Gli attacchi all'Europa. Il tentativo di bavaglio all'informazione. Il premier lancia la sua campagna di settembre. Ecco i suoi obiettivi
Mi raccomando, scrivetelo che io queste cose le dico sempre con il sorriso... Certo, Cavaliere, si figuri, come no. Con un bel sorriso, la sera del primo settembre, data anniversario dell'invasione nazista della Polonia e dell'inizio della Seconda guerra mondiale, Silvio Berlusconi in visita a Danzica, la città polacca da cui partì tutto, prova ad affossare alcune istituzioni uscite dalla vittoria delle democrazie nel conflitto più sanguinoso della storia.
L'Unione europea, per esempio. "Bloccheremo con il veto il funzionamento della Commissione Ue", minaccia il premier scatenando le reazioni di Bruxelles, alla vigilia del rinnovo del mandato da presidente del portoghese Josè Manuel Barroso. Berlusconi è infuriato per le dichiarazioni del portavoce Ue Johannes Leitenberger sulla libertà di espressione come "garanzia fondamentale dell'Europa". Dovrebbe essere la scoperta dell'acqua calda, e invece nel reame di Berlusconia isolato dal resto della comunità internazionale no, non si può dire, è una verità scomoda. Anche perché, sempre con il sorriso, nella stessa esternazione, l'uomo che guida il governo italiano attacca sul piano personale Carlo De Benedetti ("Un editore svizzero"), il direttore di "Repubblica" Ezio Mauro ("Evasore fiscale") e l'intera stampa internazionale, presa in blocco, come un unico soggetto ostile. Finito? Macché, sempre con il sorriso, il Cavaliere lancia l'avvertimento finale alle gerarchie ecclesiastiche, già stressate da una settimana difficile.
La legge sul testamento biologico, quella per cui Berlusconi appena sette mesi fa sfidò il Quirinale, provocò una crisi istituzionale e mobilitò il gruppo del Pdl al Senato chiamato a votare in poche ore il decreto salva-Eluana, poi approvata a Palazzo Madama, potrebbe tornare in discussione: "Ne parleremo alla Camera, io garantirò la libertà di coscienza dei deputati Pdl". Sciogliete le righe, altro sorriso berlusconiano, anche la Chiesa è servita. La dichiarazione di guerra di Danzica è conclusa. È la nuova strategia del premier, partorita nelle settimane estive con l'inner circle, dove sale sempre di più la stella di Niccolò Ghedini e tramonta malinconicamente l'influenza di Gianni Letta, l'ambasciatore dei tempi di pace esautorato in questa stagione di guerra sporca, senza quartiere. La strategia della tensione inaugurata al rientro delle vacanze venerdì 28 agosto. Quel giorno da Palazzo Chigi partono le querele contro il gruppo Espresso e i giornali internazionali che hanno ripreso le dieci domande sulle frequentazioni pericolose del premier, famose ormai in mezza Europa, ma mai riprese da un tg nazionale.
E sulla prima pagina del "Giornale", di nuovo affidato alle sottili cure di Vittorio Feltri, campeggia il titolo: "Il supermoralista condannato per molestie". Sottotitolo: "Dino Boffo, alla guida del giornale dei vescovi italiani e impegnato nell'accesa campagna contro i peccati del premier, intimidiva la moglie dell'uomo con cui aveva una relazione". Il caso Boffo serve a spiegare meglio di ogni altra cosa l'escalation del neo-berlusconismo, al cui confronto il "non faremo prigionieri" di Cesare Previti era un mazzo di rose. Chi è Dino Boffo, infatti? Molto più di un semplice direttore di "Avvenire". Da 15 anni è uno dei personaggi più influenti e potenti della Chiesa e, dunque, della nomenclatura italiana. L'uomo di fiducia del cardinale Camillo Ruini. La guida di un impero multimediale che raccoglie il quotidiano dei vescovi, la televisione satellitare Sat2000, il circuito radiofonico più i grandi eventi comunicativi, tutto centralizzato nella persona di Boffo. Il front runner delle grandi campagne della Cei ruiniana, dall'astensione sui referendum sulla fecondazione assistita nel 2005 al Family Day contro la legge sulle coppie di fatto proposta dal governo Prodi e dalla cattolicissima Rosy Bindi. Cosa pensi Boffo del Cavaliere, dell'anomalia berlusconiana e del conflitto di interessi, il direttore di "Avvenire" lo chiarisce una volta per tutte il 18 aprile 2006 parlando ex cathedra dal suo pulpito preferito, il forum con i lettori nella pagina delle lettere. "Sarà dura rimediare ai guasti che il gruppo di potere di Berlusconi ha recato alle istituzioni: la vergogna delle leggi ad personam, lo stravolgimento dei principi costituzionali", scrive il lettore Ranieri Marchi. "Mi preoccupa anche la corsa farisaica a dichiararsi figli devoti della Chiesa". Boffo, però, non ci sta. E replica in malo modo: "Il suo è un anti-berlusconismo istintivo, totale, fazioso". Quanto al rapporto con la Chiesa, Boffo non ha dubbi: "Il fenomeno della secolarizzazione in Italia era partito assai prima che Berlusconi invadesse l'etere con le sue tv. Abbiamo dimenticato la vicenda del divorzio e dell'aborto? Si ricorda quel ragionamento sibillino e falsamente democratico che dilagò anche in casa nostra, nel mondo cattolico, secondo cui si diceva: "Io non divorzierò mai, ma perché devo togliere questa possibilità ad altri?". Provi a pensare, amico caro, se l'inizio della crisi non fu piuttosto quello. Poi, certo, altro venne e fu la combustione generale".
Insomma, per Boffo in Italia c'è stata una sola, vera anomalia: il dialogo tra i cattolici e la sinistra. Un rapporto contro-natura, questo sì. In coerenza con questo dogma, per anni il fedelissimo di Ruini conduce "Avvenire" contro i cattolici democratici alla Prodi o alla Scoppola, l'Ulivo, i governi del centro-sinistra. E lancia nuove carriere politiche: nel centrodestra, in Forza Italia. Alla vigilia delle elezioni politiche 2006 dove sono in competizione Berlusconi e Prodi, per esempio, affida l'editoriale di orientamento al voto per i lettori alla laica Eugenia Roccella: "Il nostro problema, oggi, è non far scomparire la famiglia, la sacralità della vita, la dignità della persona. Ma per fare questo dobbiamo schierarci". Inutile dire da che parte: la Roccella, infatti, sarà scelta dalla Cei come portavoce del Family Day nel 2007 e da lì prenderà il volo. Oggi è deputata del Pdl e sottosegretaria al Welfare nel governo Berlusconi. Grazie a Boffo.
Un bel testacoda, dunque, che a finire nel mirino del "Giornale" sia finito proprio il nemico dei cattolici adulti, e per colpa di due interventi in quella rubrica dove per anni il direttore ha impartito vibranti lezioni agli anti-berlusconiani. Sono bastate due risposte ai lettori in rivolta per i silenzi della Chiesa sugli scandali sessuali di Berlusconi, il 24 e il 28 luglio, parole misurate e prudenti come sempre ("Uno scenario di potenziale desolazione"), ma per una volta esplicite, in difesa dei vescovi che nei giorni precedenti avevano condannato il premier. Pioveva, piovevano soprattutto nella redazione di "Avvenire" le lettere di parroci indignati per i comportamenti del premier e i silenzi della Chiesa, Boffo si è limitato ad aprire l'ombrello, ma per i falchi berlusconiani avrebbe dovuto giurare che c'era il sole, in molti d'altra parte in questo tempo sono disposti a farlo. Tanto è bastato nell'era del Berlusconi furioso per inserire Boffo nella lista dei cattivi. Il moralista, il cattocomunista da dileggiare sulla gazzetta della famiglia Berlusconi, da sbattere in prima pagina come omosessuale "attenzionato dalla Polizia" e"bugiardo". Una strategia della tensione e dell'intimidazione che non risparmia neppure gli ex amici. E che, in questo caso, è arrivata a sfiorare il soglio più alto, la figura del papa trascinata nella polemica per via di una telefonata al presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco. Per la Chiesa, nelle sue varie anime in contrasto tra loro, gli ultimi giorni rappresentano la fine di un'illusione a lungo coltivata negli ambienti ruiniani. "Per anni abbiamo pensato che la sinistra fosse ideologica, inaccessibile ai nostri messaggi. E che invece il centrodestra, la creatura berlusconiana, fosse una parete bianca, vuota, in cui ognuno poteva scrivere quello che voleva", spiega un monsignore. La speranza che nel vuoto di idee del Pdl fosse più facile per i vertici della Chiesa infilare progetti, risorse, classe dirigente. L'ultima settimana rappresenta un brusco risveglio. In pochi giorni la Lega ha invitato il Vaticano a prendersi gli immigrati in casa, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha intimato ai vescovi a restare fuori dal dibattito sul testamento biologico. E Berlusconi, il nuovo uomo della Provvidenza benedetto dalla cordata Ruini, minaccia di rimettere in discussione il pacco di doni legislativi promesso alla segreteria di Stato vaticana.
Un assedio che costringe gli uomini del cardinale Tarcisio Bertone, numero due del Vaticano, filo-governativi, e l'ala dura della Cei, incarnata dai siciliani Mariano Crociata e Domenico Mogavero, a mettere da parte le rivalità esplose fragorosamente sui giornali e a fare quadrato. Per un'istituzione come la Chiesa, abituata a ragionare in millenni e non in anni, il dopo-Berlusconi è già un tema di attualità. Né è possibile farsi mettere sotto ricatto dal Cavaliere che consente la pubblicazione di informative per seminare la zizzania tra i pastori di Cristo, i pescatori di uomini chiamati ora a muoversi nel porto limaccioso dei dossier, e agita sondaggi sfavorevoli al Vaticano e favorevoli a lui. A dimostrazione che per il Berlusconi furioso non esistono contropoteri. Non lo possono essere i vescovi. Non può esserlo l'Europa, bollata come l'istituzione dei portavoce, un fantasma inesistente. Deve essere impedito che lo diventi la stampa che non è direttamente o indirettamente controllata. E tantomeno può sperare di arginare la strategia chi nell'entourage berlusconiano ha sempre consigliato cautela e rispetto per le istituzioni: Gianni Letta mai come ora in difficoltà. Berlusconi va alla guerra totale, contro il Vaticano, contro l'Europa, contro tutti. Sarà ricordata a lungo la dichiarazione di Danzica. E chissà se, alla fine, al Cavaliere resterà incollato il bel sorriso di quel giorno, il primo settembre.
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