del 1 settembre 2009
di Marcella Ciarnelli
(Giornalista)
Lo sdegno di un autorevole esponente delle gerarchie ecclesiastiche. Le puntualizzazioni di un uomo che crede nel corso della giustizia che è segnato, innanzitutto, dalle parole scritte nei fascicoli e non dalle soffiate. La vicenda che ha coinvolto il direttore de l’Avvenire, Dino Boffo, si arricchisce di altre voci mentre le illazioni e le ricostruzioni “avvelenate” o di parte impegnano la scena di una brutta rappresentazione con una brutta trama.
Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio Cei per gli Affari Giuridici, per commentare la storia venuta alla luce in questi giorni, ma cominciata nel mese di aprile quando a tutti i cardinali sembra sia stata fatta pervenire la lettera anonima con la velina e la sentenza su Boffo, cestinata da tutti, come ha confermato anche il cardinale Dionigi Tettamanzi, condanna un’iniziativa che lui non esita ad interpretare «da siciliano come un avvertimento mafioso» in particolare «nei confronti dei cardinali Ruini e Tettamanzi», ma anche «un affaraccio brutto», «inquietante», «spazzatura maleodorante». Ce n’è anche per chi si è prestato «ad un gioco che è offensivo della dignità delle persone, della libertà di stampa e anche di una certa professionalità. Non credo proprio si tratti di un autentico scoop».
Il Vescovo, uomo evidentemente esperto anche delle cose del mondo, ragiona su quelle che potranno essere le conseguenze di un caso come quello in cui è stato coinvolto il direttore de l’Avvenire che lui ipotizza possa anche decidere di dimettersi «per il bene della Chiesa e del giornale» anche se «in effetti in Italia chi si dimette è sempre ritenuto colpevole, ma non sempre è così». Feltri non fa una piega: «Fatti che riguardano la chiesa». Ma avverte monsignor Mogavero: «Bisogna tener ben presente il fatto che quando si entra nel piano della rappresaglia si sa dove si comincia ma non si sa dove va a finire, soprattutto perché esistono persone che poi in queste situazioni ci sguazzano. Certi signori si sono assunti la responsabilità morale di avere messo in moto un meccanismo che speriamo si fermi qui» anche se dal tono si capisce che lui per primo non crede a questa possibilità. E sulla rivendicata autonomia di Vittorio Feltri dal presidente del Consiglio che, al di là delle strategie amministrative, è il suo datore di lavoro, «nessuno nega autonomia a Feltri ma non sono disponibile a pensare che nessuno della proprietà del Giornale fosse al corrente di quanto stava per pubblicare. Saremmo fuori dal mondo se si sostenesse una cosa del genere. Può essere che non lo sapesse Berlusconi ma non la proprietà... ».
Anche il Gip di Terni, al di là del dovuto riserbo, ha voluto fare una puntualizzazione a proposito della velina usata dal Giornale come prova. Non esiste e non è mai esistita così come, ha affermato il dott. Pierluigi Panariello, nel fascicolo del procedimento non c’è «assolutamente alcuna nota che riguardi le inclinazioni sessuali» di Dino Boffo. Il giudice di Terni è ora chiamato a decidere sulle richieste di accesso agli atti presentate da molti giornalisti che in passato sono state già respinte. La strada per uscirne indicata dal vescovo di Mazara è di quelle che piacciono poco a Berlusconi. «Se il premier cerca un riavvicinamento con la chiesa deve semplicemente cambiare stile di vita, fare il politico e non il manager o l’uomo di spettacolo». Mentre l’Osservatore Romano rivendica come un merito quello di non essersi occupato delle vicende del Cavaliere l’Avvenire oggi scende in campo con tre pagine in difesa del direttore attaccato dal direttore del giornale di famiglia del Cavaliere e che sta vivendo la vicenda con «grande sofferenza non solo dal punto di vista professionale ma anche familiare». I vertici del Pd si riuniscono oggi per decidere sulla manifestazione in difesa della libertà di stampa. Anche il Parlamento sarà investito dalle opposizioni per ottenere chiarimenti «sull’informativa» dei veleni.
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