Dal Quotidiano L'Unità
del 9 settembre 2009
di Susanna Turco
(Giornalista)
Il giorno dopo lo «scappellotto» assestato dal Giornale di Feltri, Gianfranco Fini va al contrattacco. E lo fa senza passare per la nuora: parla direttamente alla suocera. Aprendo
una fase nella quale, spiegano dalla parte dell’ex leader di An, nulla è più scontato: e quasi niente resterà come prima, a partire dal progetto del Pdl «sul quale questo passaggio inciderà più di quanto si immagini », fino al conteggio delle forze in campo per - al limite – trovare nuovi assetti.
Il tutto, ufficialmente, avviene attraverso un tagliente scambio di battute. La prima esce dalla bocca di Silvio Berlusconi: «Con Fini? Tutto a posto», assicura il premier. La seconda è fatta sapientemente trapelare dai collaboratori del presidente della Camera: «No, i problemi rimangono, ed è paradossale che il premier li neghi». Sono proprio queste parole a far uscire lo scontro dalle quiete sponde del copione consolidato. Già, perché altre volte Berlusconi – dopo l’attacco - si era intitolato anche la sua conclusione. E molte altre volte, con Fini, c’era stato gelo. Ma mai, dacché è nato il Pdl, l’ex leader di An si era azzardato a mettersi fuori dai ranghi in questo modo. Perché, secondo quanto spiega chi è in contatto con il presidente della Camera, Fini non intende né accettare il metodo, né il consiglio. Il sotteso de «i problemi rimangono», è: «Ce li hai anche tu, caro Silvio: perché io a queste condizioni non ci sto».
Tutt’altro che casuali, dunque, le parole di ieri. Tutt’altro che casuale la conferma che, domani , Fini parlerà alla scuola di Formazione di Gubbio, sancta sanctorum del berlusconismo. È là, fanno sapere i collaboratori, che Fini darà la sua «risposta». Ribadendo anzitutto, dicono i suoi, «la traccia coerente delle sue prese di posizione, dal congresso a oggi». Ma, al di là delle parole che userà, è quello su cui Fini sta ragionando in queste ore a «segnare il passo».
È piuttosto chiara infatti, ragionano i suoi, la somma di motivi che - consigliere Ghedini - ha spinto il Cavaliere a considerare un lusso la briglia sciolta data finora al presidente della Camera: l’attesa di un autunno di fuoco, a partire dalla tagliola del lodo Alfano, su cui la Consulta deciderà il 6 ottobre. Ma è chiaro che, aggiungono, dopo essersi limitato a «parlare delle leggi e delle istituzioni», «ingoiando cose come il decreto Alfano, e lo strapotere della Lega», Fini sia deciso a «non far passare anche il tentativo di ssimilazione». «Io sono il co-fondatore del Pdl, se non mi si lascia parlare si rimette in gioco tutto», avrebbe detto. Anche la compattezza del partito.
È per questa via che l’ex leader di An, in queste ore, sta cominciando a ragionare in concreto sulle forze su cui potrebbe contare in Parlamento. Lui hasempre parlato di «ottanta persone», altri tra i suoi sono meno ottimisti: «In ogni caso», dicono, «i finiani
invisibili sono ben di più di quelli che voi giornalisti segnalate». L’obiettivo, più o meno dichiarato, «quello di organizzare una corrente». Progetto che già c’era, ma «ora subisce una decisa accelerazione». L’altro corno della doppietta sulla quale si ragiona in queste ore è decisamente più ardito. L’ipotesi di lavorare a un progetto diverso da quello del Pdl, in attesa che Berlusconi cada - o al limite contribuendo alla sua uscita. In testa tra i possibili interlocutori ci sarebbero sia Casini che Montezemolo. Era con loro, fra l’altro, che nel 2007 Fini stava mettendo in piedi il progetto di Partito Azzurro, prima di tornare precipitosamente tra le braccia di Berlusconi. Comunque. Con il leader dell’Udc i contatti sono già in corso. Con il presidente della Ferrari, i buoni rapporti non sono mai venuti meno. «E la fetta più “liberale” della Chiesa starebbe con noi», ragionano i finiani.
«Poi ci sono gli imprenditori, i professionisti. Il patrimonio che viene da An. Farefuturo. L’organo di partito l’abbiamo già...». Insomma, per ora nessuno ci scommette. Ma la tentazione di uscire dai ranghi è davvero forte .
del 9 settembre 2009
di Susanna Turco
(Giornalista)
Il giorno dopo lo «scappellotto» assestato dal Giornale di Feltri, Gianfranco Fini va al contrattacco. E lo fa senza passare per la nuora: parla direttamente alla suocera. Aprendo
una fase nella quale, spiegano dalla parte dell’ex leader di An, nulla è più scontato: e quasi niente resterà come prima, a partire dal progetto del Pdl «sul quale questo passaggio inciderà più di quanto si immagini », fino al conteggio delle forze in campo per - al limite – trovare nuovi assetti.
Il tutto, ufficialmente, avviene attraverso un tagliente scambio di battute. La prima esce dalla bocca di Silvio Berlusconi: «Con Fini? Tutto a posto», assicura il premier. La seconda è fatta sapientemente trapelare dai collaboratori del presidente della Camera: «No, i problemi rimangono, ed è paradossale che il premier li neghi». Sono proprio queste parole a far uscire lo scontro dalle quiete sponde del copione consolidato. Già, perché altre volte Berlusconi – dopo l’attacco - si era intitolato anche la sua conclusione. E molte altre volte, con Fini, c’era stato gelo. Ma mai, dacché è nato il Pdl, l’ex leader di An si era azzardato a mettersi fuori dai ranghi in questo modo. Perché, secondo quanto spiega chi è in contatto con il presidente della Camera, Fini non intende né accettare il metodo, né il consiglio. Il sotteso de «i problemi rimangono», è: «Ce li hai anche tu, caro Silvio: perché io a queste condizioni non ci sto».
Tutt’altro che casuali, dunque, le parole di ieri. Tutt’altro che casuale la conferma che, domani , Fini parlerà alla scuola di Formazione di Gubbio, sancta sanctorum del berlusconismo. È là, fanno sapere i collaboratori, che Fini darà la sua «risposta». Ribadendo anzitutto, dicono i suoi, «la traccia coerente delle sue prese di posizione, dal congresso a oggi». Ma, al di là delle parole che userà, è quello su cui Fini sta ragionando in queste ore a «segnare il passo».
È piuttosto chiara infatti, ragionano i suoi, la somma di motivi che - consigliere Ghedini - ha spinto il Cavaliere a considerare un lusso la briglia sciolta data finora al presidente della Camera: l’attesa di un autunno di fuoco, a partire dalla tagliola del lodo Alfano, su cui la Consulta deciderà il 6 ottobre. Ma è chiaro che, aggiungono, dopo essersi limitato a «parlare delle leggi e delle istituzioni», «ingoiando cose come il decreto Alfano, e lo strapotere della Lega», Fini sia deciso a «non far passare anche il tentativo di ssimilazione». «Io sono il co-fondatore del Pdl, se non mi si lascia parlare si rimette in gioco tutto», avrebbe detto. Anche la compattezza del partito.
È per questa via che l’ex leader di An, in queste ore, sta cominciando a ragionare in concreto sulle forze su cui potrebbe contare in Parlamento. Lui hasempre parlato di «ottanta persone», altri tra i suoi sono meno ottimisti: «In ogni caso», dicono, «i finiani
invisibili sono ben di più di quelli che voi giornalisti segnalate». L’obiettivo, più o meno dichiarato, «quello di organizzare una corrente». Progetto che già c’era, ma «ora subisce una decisa accelerazione». L’altro corno della doppietta sulla quale si ragiona in queste ore è decisamente più ardito. L’ipotesi di lavorare a un progetto diverso da quello del Pdl, in attesa che Berlusconi cada - o al limite contribuendo alla sua uscita. In testa tra i possibili interlocutori ci sarebbero sia Casini che Montezemolo. Era con loro, fra l’altro, che nel 2007 Fini stava mettendo in piedi il progetto di Partito Azzurro, prima di tornare precipitosamente tra le braccia di Berlusconi. Comunque. Con il leader dell’Udc i contatti sono già in corso. Con il presidente della Ferrari, i buoni rapporti non sono mai venuti meno. «E la fetta più “liberale” della Chiesa starebbe con noi», ragionano i finiani.
«Poi ci sono gli imprenditori, i professionisti. Il patrimonio che viene da An. Farefuturo. L’organo di partito l’abbiamo già...». Insomma, per ora nessuno ci scommette. Ma la tentazione di uscire dai ranghi è davvero forte .
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