Ansa
del 27 ottobre 2009
Roma. Potrebbe esserci non solo Cosa Nostra ma anche una "entità esterna" nell'attentato a Giovanni Falcone.
A rilanciare la 'lettura' della strage di Capaci come qualcosa non completamente ed esclusivamente riconducibile alla mafia è stato oggi - durante l'audizione svoltasi innanzi alla Commissione Antimafia presieduta da Giuseppe Pisanu - il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. "Non c'é dubbio - ha detto il capo della Dna - che la strage di Falcone e della sua scorta sia stata commessa da Cosa Nostra. Rimane però l'intuizione, il sospetto, chiamiamolo come vogliamo, che ci sia qualche entità esterna che abbia potuto agevolare o nell'ideazione, nell'istigazione, o comunque possa aver dato un appoggio all'attività della mafia". A San Macuto - dopo aver citato numerosi passaggi della sentenza fiorentina sulla strage dei Georgofili e della sentenza dei giudici di Caltanissetta sul 'Borsellino bis' - Grasso rivolge ai commissari un quesito: perché si passò dall'ipotesi di colpire Falcone sparandogli mentre passeggiava per le strade di Roma a quella dell'attentato con 500 chilogrammi di esplosivo, a Capaci? Una scelta, quella dell'attentato, che ha una modalità "chiaramente stragista ed eversiva. Chi ha indicato a Riina questa modalità con cui si uccide Falcone? Finché non si risponderà a questa domanda - per Grasso - sarà difficile cominciare ad entrare nell'ordine di effettivo accertamento della verità che è dietro a questi fatti". In precedenza, Grasso aveva ricordato che inizialmente Falcone era in un elenco di obiettivi da colpire a Roma, elenco che comprendeva anche il ministro Martelli, il giornalista Barbato e Maurizio Costanzo. Oltre a fare i sopralluoghi per colpire Costanzo, i mafiosi nella capitale frequentavano noti ristoranti sulle tracce di Falcone. Ma fecero confusione e scambiarono 'Il matriciano' per 'La Carbonara', dove - invece - Falcone era solito andare. Ad un certo momento, nel marzo 1992, Sinacori (il mafioso che eseguiva i sopralluoghi) va a Palermo e Riina gli dice che non c'é più bisogno di colpire Falcone a Roma, perché "abbiamo trovato qualcosa di meglio". Tornando sul tema della trattativa 'stato-mafia', Grasso ha detto che non si tratta di una novità dal momento che proprio la sentenza 'Borsellino bis' ne parla legandola al tema dell'accelerazione della strage di Via d'Amelio. Un attentato che, nella ricostruzione giudiziaria, rimane "una strage distinta dalle altre, che ha distratto Cosa Nostra dagli altri obiettivi che si era data, come l'eliminazione di Calogero Mannino". In pratica Grasso ha ricordato che il 'Borsellino bis' accredita la tesi dei contatti tra istituzioni e boss nell'ambito dei quali l'eliminazione del giudice serviva per convincere lo Stato a scendere a patti. Gli stessi militari del Ros - ha aggiunto - hanno ammesso che solo dopo Via d'Amelio gli incontri con Ciancimino avvennero alla presenza del colonnello Mori, non più del solo capitano Di Donno. Grasso ha poi sottolineato che "in Italia c'é poca memoria: la stagione stragista del '92-93, accanto ai 'programmì realizzati (omicidio Lima, Falcone, Borsellino, Salvo) ne conta anche tanti non compiuti (uccisione di Mannino, Purpura, Martelli, Salvo Andò, Antonio Di Pietro, Carlo Vizzini, il capo della mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, il capitano 'Ultimo', e anche dello stesso Grasso)". Il 'superprocuratore' ha inoltre aggiunto che la sentenza sui Georgofili parla di "improvvide iniziative istituzionali" per definire i contatti 'Stato-mafia' portati avanti da interlocutori che sarebbero stati "frange particolari dell'amministrazione statale, anche se non identificate". Infine Grasso ha ricordato che "oggi Massimo Ciancimino ai giudici dice che il padre avrebbe avuto, oltre a Mori e De Donno, un altro interlocutore al quale avrebbe dato il 'papello': questa persona sarebbe stato un rappresentante dei 'servizi' ma le indagini sono in corso e non è stato identificato". Per ora il quesito sul perché del supplemento di stragismo - per evitare che Borsellino succedesse a Falcone, per accelerare la 'trattativa', per bloccare l'indagine di Borsellino su mafia e appalti - rimane in piedi, ha concluso Grasso: "Non sappiamo. Tutti questi sono dubbi, intuizioni forse vere tutte insieme, ma da verificare ...".
del 27 ottobre 2009
Roma. Potrebbe esserci non solo Cosa Nostra ma anche una "entità esterna" nell'attentato a Giovanni Falcone.
A rilanciare la 'lettura' della strage di Capaci come qualcosa non completamente ed esclusivamente riconducibile alla mafia è stato oggi - durante l'audizione svoltasi innanzi alla Commissione Antimafia presieduta da Giuseppe Pisanu - il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. "Non c'é dubbio - ha detto il capo della Dna - che la strage di Falcone e della sua scorta sia stata commessa da Cosa Nostra. Rimane però l'intuizione, il sospetto, chiamiamolo come vogliamo, che ci sia qualche entità esterna che abbia potuto agevolare o nell'ideazione, nell'istigazione, o comunque possa aver dato un appoggio all'attività della mafia". A San Macuto - dopo aver citato numerosi passaggi della sentenza fiorentina sulla strage dei Georgofili e della sentenza dei giudici di Caltanissetta sul 'Borsellino bis' - Grasso rivolge ai commissari un quesito: perché si passò dall'ipotesi di colpire Falcone sparandogli mentre passeggiava per le strade di Roma a quella dell'attentato con 500 chilogrammi di esplosivo, a Capaci? Una scelta, quella dell'attentato, che ha una modalità "chiaramente stragista ed eversiva. Chi ha indicato a Riina questa modalità con cui si uccide Falcone? Finché non si risponderà a questa domanda - per Grasso - sarà difficile cominciare ad entrare nell'ordine di effettivo accertamento della verità che è dietro a questi fatti". In precedenza, Grasso aveva ricordato che inizialmente Falcone era in un elenco di obiettivi da colpire a Roma, elenco che comprendeva anche il ministro Martelli, il giornalista Barbato e Maurizio Costanzo. Oltre a fare i sopralluoghi per colpire Costanzo, i mafiosi nella capitale frequentavano noti ristoranti sulle tracce di Falcone. Ma fecero confusione e scambiarono 'Il matriciano' per 'La Carbonara', dove - invece - Falcone era solito andare. Ad un certo momento, nel marzo 1992, Sinacori (il mafioso che eseguiva i sopralluoghi) va a Palermo e Riina gli dice che non c'é più bisogno di colpire Falcone a Roma, perché "abbiamo trovato qualcosa di meglio". Tornando sul tema della trattativa 'stato-mafia', Grasso ha detto che non si tratta di una novità dal momento che proprio la sentenza 'Borsellino bis' ne parla legandola al tema dell'accelerazione della strage di Via d'Amelio. Un attentato che, nella ricostruzione giudiziaria, rimane "una strage distinta dalle altre, che ha distratto Cosa Nostra dagli altri obiettivi che si era data, come l'eliminazione di Calogero Mannino". In pratica Grasso ha ricordato che il 'Borsellino bis' accredita la tesi dei contatti tra istituzioni e boss nell'ambito dei quali l'eliminazione del giudice serviva per convincere lo Stato a scendere a patti. Gli stessi militari del Ros - ha aggiunto - hanno ammesso che solo dopo Via d'Amelio gli incontri con Ciancimino avvennero alla presenza del colonnello Mori, non più del solo capitano Di Donno. Grasso ha poi sottolineato che "in Italia c'é poca memoria: la stagione stragista del '92-93, accanto ai 'programmì realizzati (omicidio Lima, Falcone, Borsellino, Salvo) ne conta anche tanti non compiuti (uccisione di Mannino, Purpura, Martelli, Salvo Andò, Antonio Di Pietro, Carlo Vizzini, il capo della mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, il capitano 'Ultimo', e anche dello stesso Grasso)". Il 'superprocuratore' ha inoltre aggiunto che la sentenza sui Georgofili parla di "improvvide iniziative istituzionali" per definire i contatti 'Stato-mafia' portati avanti da interlocutori che sarebbero stati "frange particolari dell'amministrazione statale, anche se non identificate". Infine Grasso ha ricordato che "oggi Massimo Ciancimino ai giudici dice che il padre avrebbe avuto, oltre a Mori e De Donno, un altro interlocutore al quale avrebbe dato il 'papello': questa persona sarebbe stato un rappresentante dei 'servizi' ma le indagini sono in corso e non è stato identificato". Per ora il quesito sul perché del supplemento di stragismo - per evitare che Borsellino succedesse a Falcone, per accelerare la 'trattativa', per bloccare l'indagine di Borsellino su mafia e appalti - rimane in piedi, ha concluso Grasso: "Non sappiamo. Tutti questi sono dubbi, intuizioni forse vere tutte insieme, ma da verificare ...".
Nessun commento:
Posta un commento