del 22 novembre 2009
di Marco Travaglio
(Giornalista)
Siccome la speranza è l’ultima a morire, noi speriamo vivamente che Angelino Jolie cominci a leggere Il Fatto. Sia perché abbiamo deciso di avviare una campagna in sua difesa. Sia perché si distrarrebbe dai complessi calcoli matematici sulle prescrizioni brevi e i processi brevissimi che lo stanno visibilmente consumando. Già un anno fa, quando dovette studiare i dati sulle intercettazioni, fu ricoverato in prognosi riservata con un’ernia al cervello. Poi, appena dimesso, enunciò alla Camera un “mio calcolo empirico, non scientifico”. Questo: “E’ probabilmente intercettata una grandissima parte del paese… 3 milioni di persone l’anno”. Si scoprì poi che le persone intercettate sono meno di 15 mila: un italiano ogni 4 mila. In pieno stato confusionale, l’empirico Angelino aggiunse che “la spesa per intercettare è aumentata del 50% dal 2003 al 2006” e occupa “il 33% delle spese per la Giustizia”. In realtà la spesa è in continuo calo: 286 milioni nel 2005, 246 nel 2006, 224 nel 2007, su un bilancio della Giustizia che nel 2007 ammontava a 7,7 miliardi: dunque 224 milioni rappresentano non il 33%, ma il 2,9. Un mese fa, prostrato dalla fine miseranda del suo Lodo, il pover’uomo aveva giurato di non firmare più nulla. Ora invece è costretto a ridare i numeri: a suo dire, la legge sul “processo breve” (morto stecchito se dura più di 6 anni) cancellerà “soltanto l’1% dei processi”. Comprendiamo le sue precarie condizioni di salute, ma se così fosse significherebbe che in Italia il 99% dei processi durano meno di 6 anni. La lentezza biblica della giustizia italiana sarebbe una leggenda metropolitana. E, se i processi durassero meno di 6 anni, non si vedrebbe perché precipitarsi ad ammazzarli dopo 6 anni. Lo stesso Alfano ha dichiarato giorni fa, non si sa se in base a calcoli empirici o scientifici, che i processi durano “in media sette anni e mezzo”. Ora, se Alfano fosse d’accordo con Alfano, del che si ha ragione di dubitare, tutti i processi morirebbero prima di finire, visto che la legge li fulmina dopo 6 anni senza mettere un euro in più per farli durare meno. Ma il Guardagingilli va compreso e difeso. Già gli era occorso un mese di ripetizioni dalla sorella di Ghedini per capire la differenza fra prescrizione breve e processo breve. Ora gli tocca ricominciare tutto da capo, con pallottoliere e lavagnetta da bravo ragazzo di via Panisperna, anzi via del Plebiscito. Ogni mattina il Capo lo convoca a Palazzo e gli dà un problemino da risolvere: “Angelino, scrivi: se da una vasca da bagno di 5 metri cubi piena di processi lunghi si verifica una perdita improvvisa che ne fa prescrivere 1,3 periodico, quanti decalitri di processi brevi fuoriusciranno dall’invaso se Ghedini fa un altro buco? E, calcolando che io delinquo 24 ore su 24, salvo tre ore di sonno e tre di escort, quanti buchi si dovranno praticare per estinguere tutti i miei processi brevi o lunghi o di media intensità presenti e futuri? Vai, piccino, hai 24 ore per rispondere e fare la legge”. Angelino Pitagorico apre la scatola del piccolo matematico e va via di parentesi tonde, quadre e graffe, aggiunge aggravanti, sottrae attenuanti, moltiplica per Ghedini e Pecorella, divide per ex Cirielli col riporto di Schifani, poi disperato chiama la mamma e convoca d’urgenza Zichichi. Perché le equazioni sono sempre a più incognite, con radice quadra Tarantini fratto Previti elevato alla Mills, senza dimenticare il teorema di Dell’Utri con variante Ciancimino moltiplicato Spatuzza. Quando, alla fine, Angelino emerge esausto e bruciacchiato dal laboratorio urlando “eureka!” con la formula in mano, il Capo lo gela: “Idiota, il risultato è un’altra volta ‘infinito’. Ora ti mando a studiare da quelli della sinistra: loro sì che le sapevano fare le leggi per me”.
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