del 19 novembre 2009
di Enrico Fierro
(Giornalista)
Una difesa lunga, nervosa, a tratti impacciata, ma anche carica di “segnali” per gli ex amici del Pdl che ora ne chiedono la testa. E poi una passeggiata sotto il colonnato della Galleria Sordi prima di incontrare Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Colloquio breve. Parole scarse e poco incoraggianti quelle che il premier ha pronunciato per Nicola Cosentino. “Non interverrò e non intendo intervenire”, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulla richiesta di dimissioni del sottosegretario all’Economia avanzata da Pd e Idv.
Giornata nera, quella di Cosentino, che sperava di chiudere subito, e con un bel “no” votato a maggioranza dalla Giunta per le autorizzazioni, la sua via Crucis. Il “no” all’arresto richiesto dai magistrati di Napoli non è arrivato. Se ne riparlerà mercoledì prossimo. Un’altra settimana di passione per “Nick ‘o mericano”. Altre polemiche e nuove voci che si rincorrono dal Palazzo di giustizia di Napoli. Quanto basta per allontanare sempre più la candidatura a governatore della Campania e avvicinare il baratro delle dimissioni da potente sottosegretario all’Economia. In Parlamento arriveranno due mozioni, una dell’Italia dei valori e una del Pd. Due bombe a tempo, se è vero che ancora ieri, importanti deputati “finiani” si sono detti possibilisti su un voto a favore delle dimissioni. A Cosentino è bastato leggere l’intervista rilasciata a Il Mattino da Fabio Granata, membro della Commissione antimafia, per capire l’aria che tira. “Se arriva in Aula la mozione di sfiducia non escludiamo di votarla. E’ bene che Cosentino faccia un passo indietro”. Insomma è lotta senza esclusione di colpi dentro il Pdl. Per questo va letto con particolare attenzione uno dei passaggi della memoria difensiva che il sottosegretario ha presentato alla Giunta. Nel 1995, dice Cosentino, ero consigliere regionale, mi dimisi dopo sei-sette mesi per candidarmi alla Camera. Ma non nel collegio di Casal di Principe. “A Casal di Principe, in quella tornata, sarà eletto deputato l’onorevole Italo Bocchino”. L'attuale vicepresidente dei deputati Pdl, l’ex amico che più di tutti sta manovrando perché Cosentino non sia candidato alla carica di governatore. Altro che “fumus”, qui siamo in presenza di un “fumone” persecutionis.
E’ tutta qui la difesa del sottosegretario che sei pentiti di camorra, in periodi e circostanze diverse, indicano come referente dei clan Casalesi nel business dei rifiuti. “La procura di Napoli, seppure esplicitamente sollecitata, ha omesso di convocarmi e non mi ha consentito il diritto alla difesa, il gip ha sommato a tale inadempienza, la omessa oincompleta valutazione di elementi decisivi a discarico”. Cosentino si ritiene un perseguitato, attacca i pm, “angeli custodi residenti sulle mie spalle”. Se la prende con i giornali e con Il Fatto Quotidiano, in particolare, per un articolo che “anticipava” la richiesta di arresto. Smentisce i pentiti, inattendibili, attacca Gaetano Vassallo, chiamandolo più volte il “re dei rifiuti”. Si difende. “Male, malissimo”, è il giudizio di Federico Palomba, parlamentare Idv e membro della Giunta. “Ero disponibile ad ascoltarlo con obiettività e senza alcun pregiudizio, la sua lunga e affannosa difesa, però, non ha affatto smontato le ipotesi poste a fondamento dell’ordinanza. Ancora meno lo ha fatto la sua imbarazzata risposta sulla fine del pentito di camorra, Michele Orsi, la cui sentenza di morte per mano camorristica era stata abbondantemente preannunciata. Il richiamo a Bassolino, poi, ben lontano dall`attenuare l’ipotesi dell’ordinanza, dimostra soltanto l’assenza del fumus persecutionis da parte di una
magistratura napoletana che ha esercitato il proprio ruolo senza discriminazione di ordine politico”.
Donatella Ferranti (Pd), si distingue nettamente dal suo collega di partito Maurizio Turco (“non voterò l’arresto, è una proposta suicida”). “Il quadro che esce fuori dall’audizione di Cosentino è molto complesso e gravoso. I rapporti, le influenze e le conoscenze dirette del sottosegretario con esponenti dei clan camorristici e imprenditori a essi legati sono di per sé sufficienti, a prescindere dall’accertamento delle responsabilità penali, a giustificare l’immediata presentazione delle dimissioni dagli incarichi di governo”.
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