giovedì 12 novembre 2009

Costituzionalità a rischio, lite nel Pdl la Lega vuol tenere fuori gli immigrati

Dal Quotidiano La Repubblica
del 12 novembre 2009

di Liana Milella
(Giornalista)


ROMA - Ancora non l'hanno presentata, e questa legge già gli brucia tra le mani. La Lega alza la voce e vuole tener fuori, dal processo breve, gli immigrati, per cui si determinerà l'assurdo giuridico di corrotti e corruttori che fruiscono del dibattimento di due anni, mentre i poveri cristi potranno restare impigliati assai più a lungo nelle maglie della giustizia. Colombe e falchi - Gianni Letta tra i primi, Niccolò Ghedini tra i secondi - si scontrano. Al sottosegretario non piace l'avvocato, e l'ultima creatura giuridica del legale li allontana ancora di più. Al punto che tocca a Letta, che si preoccupa come l'Anm, raccomandare a Ghedini il problema dell'impatto della futura legge sui processi. "Stiamo attenti, se ne potrebbero chiudere d'improvviso moltissimi, qui rischiamo di provocare un problema col Quirinale". "Oltre centomila" quantificano presidente e segretario dell'Anm, Luca Palamara e Giuseppe Cascini.

"Un'amnistia mascherata" cominciano a dire al Csm. E questo diventa il tormentone tecnico-giuridico della giornata, quello che costringe la maggioranza a rinviare di ora in ora il deposito del testo al Senato. Alle nove di mattina Paolo Bonaiuti lo dà per certo entro la giornata. Il Guardasigilli Angelino Alfano fa la spola con palazzo Grazioli. Ma i conciliaboli tra Ghedini, il ministero della Giustizia (che valuta l'impatto), i leghisti (che temono le scarcerazioni), il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri infuriato perché rischia di fare la figura di chi firma solo il testo, rendono obbligatorio il rinvio. Un giornalista chiede al vice presidente dei senatori Gaetano Quagliariello "ma è vero che Ghedini riunisce la Consulta e presenta all'Anm il testo?". E lui: "Così poi se la approva lui da solo".

Le colombe garantiste del Pdl cominciano a fare le pulci a Ghedini. Obiettano punto per punto. Gli domandano: "Ma non è che pure stavolta finisce in un flop e la Consulta ci boccia?". L'avvocato resta solo a difende la sua legge. Se ne lava le mani la finiana Giulia Bongiorno che il suo scopo ormai lo ha raggiunto. Non c'è la prescrizione breve che, nel suo ragionamento, tagliando di un quarto i tempi, avrebbe impedito alla radice l'esercizio dell'azione penale, mentre almeno il processo breve la consente. Ma adesso su Ghedini piovono i dubbi. Tanti. A partire dalla norma transitoria. Stabilisce che la legge si applica a tutti i processi giunti al primo grado. Ma perché, gli domandano, non a quelli in appello? Questo non ci esporrà a ricorsi per aver violato il principio di uguaglianza? Ghedini replica: "Io volevo inserirli tutti, è stato Letta a porre la questione dell'impatto". Si dichiara "non colpevole". Ma l'interrogativo resta. E ferma per ore la legge sul tavolo di Gasparri.

Perplessità su perplessità. Eccone un'altra, macroscopica. La questione degli incensurati. Solo a loro spetterà il diritto di godere del processo breve. E perché si chiede più d'un senatore esperto in diritto? "È un'aperta violazione del principio della parità di trattamento previsto in Costituzione. Tu, con gli incensurati, puoi giocare tra aggravanti e attenuanti, ma il processo dev'essere uguale per tutti". Un articolo dopo, e ci si imbatte sulla lista dei reati. Quella famosa, per limitare le intercettazioni, ha diviso la maggioranza per un anno. Rieccola adesso. Quando Ghedini la mostra, scoppiano i problemi. Nel testo è scritto che sono ammessi al processo breve gli imputati per reati "non inferiori a dieci anni". Parte la Lega con i distinguo. Vuole fuori i reati degli immigrati, le infrazioni stradali. Dal Colle raccomandano incidenti sul lavoro e crimini ambientali. Già sono fuori mafia e terrorismo, omicidi, rapine. A sera la lista dei reati non è ancora chiusa.

Si arriva allo scoglio più grosso, la data da cui far partire la tagliola che decapiterà i processi in primo grado. Ghedini, per mettersi al sicuro, la fissa nella richiesta di rinvio a giudizio del pm, quando l'indagato diventa imputato. Soglia altissima, che garantisce la "morte" del processo Mills, ma porta nel baratro quel "centinaio di processi" di cui parla l'Anm. Le colombe trattano, Ghedini è irremovibile. È il prezzo che chiede rispetto alla rinuncia imposta dal duo Fini-Bongiorno sul taglio di un quarto anche alla prescrizione. Che s'impegna a non riproporre come emendamento.

E per chiudere resta il tormentone delle risorse. Anche questo un prezzo imposto da Fini. Che Gasparri e Quagliariello risolvono postando, nel maxi-emendamento alla Finanziaria, 150 milioni presi dai beni sequestrati alla mafia. I primi soldi per la giustizia dopo anni di tagli. Ma, ragionano già all'Anm, tutto dipende da come verranno utilizzati.

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