del 23 novembre 2009
di Andrea Bonanni
(Giornalista)
BRUXELLES - Presidente Schulz, allora, ci racconti com'è andata. Com'è che voi socialisti europei vi siete persi la candidatura di D'Alema per strada?
"È andata che, per noi, per il gruppo socialista al Parlamento europeo, Massimo D'Alema è stato il candidato favorito fino all'ultimo. Ma quando giovedì dopo pranzo si è riunito il pre-vertice dei capi di governo socialisti, si è entrati in una logica intergovernativa e non c'è stata maggioranza per Massimo".
Martin Schulz, presidente dell'eurogruppo socialista al Parlamento europeo e grande fautore della candidatura di Massimo D'Alema a ministro degli Esteri della Ue, è sotto attacco. Il governo Berlusconi accusa i socialisti europei di aver mollato D'Alema, e anche nel Pd italiano c'è molto malumore per come si è conclusa la vicenda delle nomine.
Ma voi, al pre-vertice socialista che poi ha deciso di candidare Catherine Ashton, il nome di D'Alema lo avete almeno proposto?
"Certo. Sia io sia Rasmussen, che è il presidente del partito, abbiamo detto che era il nostro candidato. Su questo c'era fino ad allora l'accordo di vari leader del Pse. Io personalmente quella mattina avevo parlato ad alcuni capi di governo socialisti, e nei giorni precedenti avevo contattato anche alcuni primi ministri conservatori, perché mi avevano detto che sul nome di D'Alema c'era qualche resistenza. Ma, a quella riunione, sia Rasmussen sia io partecipavamo solo in veste di osservatori. A decidere erano i capi dei governi".
L'abbandono della candidatura D'Alema è stata una brutta sorpresa, allora?
"Fino ad un certo punto. Già mercoledì sera io avevo avvertito D'Alema che la situazione era a rischio. Il nostro principale obiettivo, come Pse, era di ottenere il posto di ministro degli Esteri. Fino a mercoledì sera nessuno aveva avanzato altre candidature. Ma era chiaro che, se un governo socialista avesse chiesto il posto per uno dei suoi, le chances di Massimo si sarebbero molto ridotte. In fondo, lui non aveva nessun governo che lo sostenesse. Ed è proprio quello che è successo. Gordon Brown, che fino al giorno prima si batteva ancora per Blair presidente, ha chiesto il posto di ministro degli Esteri per un britannico. Ed è stato fortemente appoggiato da Zapatero. Come dicevo: ha prevalso la logica dei governi".
E il governo italiano? È vero, come ha dichiarato lei, che non ha appoggiato D'Alema?
"Il governo italiano non ha mai ufficialmente proposto il nome di D'Alema. Questo è un fatto".
Frattini dice che il governo lo ha sostenuto e che siete stati voi socialisti a mollarlo.
"È ridicolo. Se lo volevano davvero sostenere, perché non lo hanno fatto?".
Crede che, se Berlusconi avesse ufficialmente proposto il nome di D'Alema, le cose sarebbero andate diversamente?
"Penso proprio di sì. In fondo la scelta delle nomine spetta ai governi. E D'Alema non aveva un governo che lo sostenesse. Al contrario. Mi risulta che Berlusconi abbia contattato alcuni primi ministri conservatori per chiedere di far cadere la candidatura di Massimo dicendo: non mettetemi in condizione di dover dire di sì a D'Alema".
Sarebbe grave.
"Mi risulta che si sia espresso così anche alla cena a Berlino, in occasione dell'anniversario della caduta del Muro".
Ma se le tv di mezzo mondo hanno mostrato che dormiva.
"Si vede che a un certo punto si è svegliato. È stato dopo quella cena che io ho dovuto intervenire presso alcuni primi ministri conservatori che avevano cominciato ad esprimere perplessità sulla candidatura di Massimo: sono stati loro a riferirmi dei messaggi di Berlusconi".
Ci dica quali.
"Mi dispiace, non posso".
Comunque il risultato delle nomine non è certo un successo per l'Europa. Voi socialisti avevate detto che volevate una forte personalità europeista. E venite fuori con una baronessa britannica. Non le sembra incoerente?
"Capisco la polemica. In effetti la nostra preferenza, come Pse, andava all'accoppiata Jean-Claude Juncker e Massimo D'Alema. E lady Ashton lo sapeva bene. Ma, ora che è designata, può contare sul nostro pieno appoggio come membro della famiglia socialista. Si tratta di una donna le cui capacità non vanno sottovalutate: una bravissima negoziatrice".
Si è visto, se non altro per come è riuscita ad emergere in questa gara. Ma la forte personalità europeista, dove sta?
"Non dimenticatevi che, quando era alla Camera dei Lord, Catherine Ashton è riuscita a far ratificare il trattato di Lisbona andando a cercare uno per uno i voti che hanno consentito di battere una maggioranza di conservatori. Tra i politici britannici, passa per essere fortemente filo-europea".
Più di Miliband?
"La candidatura di Miliband non è mai emersa. Gordon Brown aveva fatto circolare tre possibili nomi per quell'incarico: Peter Mandelson, Geoffrey Hoon e Catherine Ashton. Dei tre, senza dubbio lady Ashton è la più filo-europea".
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