del 26 novembre 2009
di Michele Martelli
(Giornalista)
Quanti procedimenti giudiziari in atto sarebbero spazzati via dal nuovo ddl sul “processo breve”? Il 35% di quelli penali in primo grado, e il 60% di quelli civili, dicono i magistrati del Csm e dell’Anm: una strage, un’ecatombe, lo sfascio della giustizia italiana. E cosa fa invece l’ineffabile ministro Alfano? Dà i numeri. Ieri diceva: ne salterebbero soltanto l’1%, oggi dice: soltanto l’8/9%. Una bazzecola”? No, non lo sarebbe sul piano quantitativo: su, poniamo, 100 mila processi, ne scomparirebbero 8/9 mila. Un processo, si sa, finisce, quasi sempre, o con una condanna o con un’assoluzione. Dunque, gli 8/9 mila o più imputati (in un processo, come noto, possono esserci più imputati) o sono tutti colpevoli, o tutti innocenti, o in parte colpevoli in parte innocenti. Ebbene, in virtù del nuovo ddl, non solo non sapremmo mai la verità, ma tutti, di fatto, sarebbero amnistiati in blocco, dichiarati per legge innocenti. I delinquenti, impuniti, potrebbero continuare a delinquere, e a restare impuniti. Soprattutto se incensurati (i 6 anni dei tre gradi di giudizio previsti dal ddl sarebbe un periodo troppo breve per accertarne le colpe). Che cos’è dunque il “processo breve” (per i reati che vi sono inclusi)? Un’autorizzazione a delinquere. Con la garanzia legale dell’impunità. Un’impunità a vita. E le vittime dell’ingiustizia subita? Mai più risarcite.
Ma i numeri che dà Alfano vanno valutati soprattutto sul piano qualitativo. Perché quegli 8/9 mila o più cittadini vittime della delinquenza dovrebbero immolarsi (civilmente) per salvare Berlusconi dai suoi processi? Qui la matematica incontra (o si scontra con) la democrazia. Perché tra le due l’una. O quei cittadini sono un puro numero, “quantité negligeable”, senza volto e senza dignità e diritti umani e civili. O sono al contrario cittadini autonomi, la cui dignità e i cui diritti sono inviolabili, come recita la Costituzione. Al primo caso si riferisce Alfano, che nel suo calcolo mistico azzera civilmente le vittime, sacrificandoli sul sacro altare di Arcore. Berlusconi è ingiudicabile, perché è l’UNO, al cui confronto gli altri sono ZERO. I cittadini contano (quantitativamente) solo se e solo quando con le elezioni incoronano il Re. Poi scompaiono nel nulla. E tutto il potere passa nelle mani di chi, sebbene solo capo di un partito e capo del governo, pretende essere l’Imperatore, il divus Caesar.
La democrazia è il contrario della mistica totalitaria dell’UNO. I cittadini non sono mero astratto numero o quantità, X indecifrabili, fantasmi senza volto, senza bisogni e senza diritti, ma persone reali, concrete, con le loro storie, passioni e richieste di giustizia (di una giustizia che sia eguale per tutti, Berlusconi compreso), individui autonomi, titolari di diritti imprescrittibili. Tra cui la sicurezza, che, come già diceva Cesare Beccaria, può essere garantita soltanto con la certezza delle pene (l’esatto contrario del ddl sul “processo breve”). E poi, se la matematica non è sacra numerologia, ma scienza razionale, si coniuga felicemente con la democrazia. Dove sempre si vota (una testa un voto); le decisioni si prendono a maggioranza; domina la pluralità e il pluralismo; vige non la mistica e totalitaria reductio ad Unum, bensì la separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario), di cui l’uno limita e controlla l’altro; il capo del governo non fa le leggi (come pretende con decreti governativi a getto continuo il Re di Arcore con la sua corte di berlusclonati), ma applica le leggi che fa il Parlamento, conformemente alla Legge fondamentale dello Stato che è la Costituzione repubblicana. Dove infine non c’è un Primus super pares, perché siamo tutti pares, tutti uguali davanti alla legge.
“Una testa un voto” è la base del “calcolo” in democrazia, cioè della legittimità di ogni decisione e di ogni istituzione pubblica, solo se non si dimentica che dietro “un voto” c’è “una testa”. Che cioè sovrano è l’individuo, ogni singolo individuo, la pluralità degli individui. I quali delegano tecnicamente alle istituzioni rappresentative (governo, parlamento, magistratura) la loro sovranità per essere meglio difesi e garantiti, non malmenati, ignorati e azzerati.
Nessun cittadino, in democrazia, equivale a zero. Tutti sono equipotenti. E nessuno è l’Onnipotente. Nemmeno il “piccolo Cesare” di Arcore.
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