sabato 5 dicembre 2009

BEN AMMAR E QUEI 15 MILIARDI DIMENTICATI PASSATI DALLA FININVEST AL CONTO DI CRAXI

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 5 dicembre 2009

di Sandra Amurri
(Giornalista)


Il businessman tunisino Tarak Ben Ammar, socio di Berlusconi giovedì a Anno Zero per spiegare la destinazione di 15 miliardi provenienti dalla Fininvest finiti sul conto svizzero di Craxi che ha dato vita al processo All Iberian, soffocato dalla prescrizione e della depenalizzazione del falso in bilancio, ha affermato che si trattava di soldi per finanziare la causa palestinese. In verità trattasi di una favola smascherata già anni fa da un’intervista, a firma della sottoscritta pubblicata da Repubblica. Questi i fatti e il retroscena. Siamo nel 1995, Mauro Giallombardo, segretario di Craxi, interrogato da Di Pietro, attribuisce a Zuher Al Khateeb, avvocato di Arafat, la paternità di 15 miliardi inviati dalla Fininvest su un conto svizzero di Craxi. Il giorno successivo Ben Ammar, intervistato dall’allora direttore di Canale 5, Enrico Mentana spiega che la Fininvest li ha versati su sua indicazione sul conto di Al Khateeb per sanare un debito. L’autrice di questo articolo, grazie alla preziosa disponibilità del collega palestinese Samir Al Qaryouti, riuscì ad intervistare Al Khateeb all’Hotel Palestina di Gaza che smentì l’alibi di Ben Ammar: ”Sono stanco di essere chiamato in causa, inseguito in ogni città del Medio Oriente da inviati speciali italiani. Per ora mi limito a respingere le accuse ma se continueranno ad infangare il mio nome e a coinvolgere l' Olp, accenderò la miccia. Scuoterò troni e farò cadere teste importanti, è meglio che la smettano di coinvolgermi. Sono disposto ad incontrare i giudici italiani anche domani”. Capelli brizzolati anello con rubino al dito medio e orologio d’oro al polso di Ben Ammar disse: “Lo conosco, esiste un rapporto di lavoro tra me e lui, non tra me e la Fininvest e sono sorpreso che mi abbia coinvolto in questa operazione. Mi chiedo: ammesso e non concesso che avesse dovuto darmi quei 15 milioni di dollari, mi dite per quale motivo avrebbe dovuto ricorrere a questa operazione? Ripeto, nelle questioni di cui si parla non c'entro nulla. Non conosco il signor Berlusconi e non ho mai fatto da intermediario con lui. E da lui non ho mai ricevuto una lira. Non conosco i rapporti che intercorrono tra Ben Ammar e Berlusconi, quindi non sono in grado di rispondere. Ben Ammar si è scusato con me dicendo che si è trattato di un malinteso. Ma il motivo per cui l' ha fatto bisognerebbe chiederlo a lui. Io con il sistema delle tangenti su cui stanno egregiamente indagando i magistrati italiani non c' entro nulla”. Quindi la pista Al Khateeb sostenuta da Ben Ammar, secondo la quale si diceva che lui era l’avvocato dell’Olp e che quei soldi finirono alla causa palestinese servì per occultare la verità? "Non sono mai stato l' avvocato dell' Olp - rispose Al Khateeb - non ho mai ricevuto alcun incarico da parte dell' Olp per curare questioni legali, ma come ogni cittadino palestinese considero l' Olp la mia identità. Sono segretario generale dell' unione dei giuristi palestinesi e membro del Consiglio nazionale palestinese. Penso che il nome dell' Olp venga usato per alzare il tiro, so per certo che i legali di Giallombardo hanno mandato un messaggio ai magistrati milanesi che se avessero toccato Al Khateeb si sarebbero resi responsabili della rottura dei rapporti tra gli arabi e gli italiani con enormi conseguenze per l' economia del vostro Paese. Di me hanno scritto che controllo i conti lussemburghesi delle tangenti destinate ai socialisti italiani. Addirittura sul Corriere della sera ho letto che un giornalista mi avrebbe telefonato mentre mi trovavo a Kiev. Non ho mai parlato con un organo di stampa italiano, questa è la prima intervista che rilascio e soprattutto non sono mai andato in Ucraina, come testimonia il mio passaporto. Non ho alcun rapporto con Craxi, non lo conosco. So naturalmente chi è, e so che come tanti altri politici italiani era amico del popolo palestinese. Ho conosciuto Giallombardo tramite Balzamo, che era rappresentante dei giovani socialisti ed io di quelli palestinesi. Acquistai con Giallombardo una società panamense con conto in Lussemburgo". Il conto Hambest, su cui arrivarono i soldi della maxitangente Enimont? "Hambest era uno dei tanti conti. Giallombardo curava la società per conto mio". Quindi i soldi girati su quel conto sono suoi? "Assolutamente no, la società era gestita esclusivamente da Giallombardo. Io possiedo una lunga lettera dell' International Bank of Lussemburgo che testimonia che io non ho alcun rapporto con il flusso di soldi che sono girati sul mio conto". Allora i suoi conti sono stati usati a sua insaputa per far transitare soldi provenienti dalle tangenti? "Potrebbe essere ma non posso dirlo, questo debbono dimostrarlo i giudici, sono pronto ad essere ascoltato”. Fine dell’intervista, acquisita dal pool Mani Pulite che sarebbe dovuta uscire su Panorama, per cui l’autrice di questo articolo scriveva ma che la proprietà impedì di pubblicare all’allora direttore Andrea Monti che aveva sempre difeso con coraggio la sua libertà e quella dei colleghi pubblicando inchieste su Dell’Utri, sui fondi neri di Publitalia, su Previti e quando non riuscì più a farlo, da lì a poco, per non piegare la schiena, si dimise. L’intervista fu poi pubblicata da Repubblica . In attesa dell’uscita venni invitata da Ben Ammar a Parigi con Al Khateeb e il collega palestinese ma, ovviamente, non andai. Negli uffici di via Paleocapa ricevetti anche il gentile consiglio di Confalonieri di non dare l’intervista a Repubblica accompagnato fra l’altro da una frase che non si può dimenticare: “Capisco che chiedere ad una giornalista di rinunciare a uno scoop sarebbe come chiedere a Gullit di non fare goal a porta vuota, ma…” La risposta fu che il mestiere di giornalista conosce solo il prezzo della fatica, compresa quella messa per realizzare un’intervista di quel tipo, in quel contesto particolare.

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