del 12 dicembre 2009
di Sara Nicoli
(Giornalista)
La prima regola, quando si parla di Berlusconi, è sapere che la verità risiede nell’esatto contrario di quello che afferma con convinzione. E così ieri, quando a Bruxelles è tornato ad attaccare Napolitano e la Costituzione, quello che ha immediatamente destato l’attenzione dei suoi più stretti collaboratori è stata la netta smentita di aver mai pensato alle elezioni anticipate: “Non ci ho mai pensato” ha detto, serio in volto, ai cronisti. E’ vero il contrario. E quest’ultima impennata di aggressioni alle più alte cariche dello Stato fa parte di una strategia di avvertimento molto precisa che nel suo entourage viene letta così: se da Fini non arriverà un segnale politico netto, con la calendarizzazione immediata e certa del legittimo impedimento alla Camera al posto della legge sulla cittadinanza agli immigrati, (in aula il 21), a quel punto le urne saranno l’unico modo possibile per “scrollarsi di dosso – sostiene un fedelissimo – chi si frappone alla fine naturale della legislatura proseguendo in un logoramento che ha un solo scopo, quello di sostituirsi a lui non solo come capo di un governo istituzionale, ma anche come capo del Pdl”. Italo Bocchino, braccio destro di Fini, non scopre il fianco e con una dichiarazione di maniera minimizza: “Credo a quello che dice Berlusconi; che motivo avrebbe, con tre anni di legislatura ancora davanti – dice facendosi pompiere - e un programma di governo ancora da attuale, di ricorrere alle urne? Fini e Berlusconi stanno insieme da 15 anni e resteranno insieme altri 15 anni”. E’ sul come, casomai, che si gioca ora la partita. Perché il nemico, checché ne dica Bocchino, per Berlusconi è ancora Fini. Che si ostina a non voler dialogare nonostante “da parte mia – ha detto il premier ieri a pranzo con alcuni europarlamentari ex aennini – ci sia la massima volontà di farlo, mentre da parte sua pare non sia così”. E, soprattutto, insiste a difendere la Costituzione, niente di più vecchio e obsoleto per Berlusconi: “La cambieremo, certo che la cambieremo – ha proseguito ancora – anche senza l’opposizione le modifiche le porteremo avanti comunque”. Fini, insomma, è un traditore che va messo nella condizione di non nuocere. Berlusconi si è reso anche conto che aver concesso, a suo tempo, le presidenze delle due commissioni Giustizia a due sodali del presidente della Camera, quali Filippo Berselli (al Senato) e Giulia Bongiorno (alla Camera) ha significato mettere nelle mani dell’attuale nemico numero uno quelle leggi che ha lui più premono. Il Cavaliere lo ha detto anche al fedele Ghedini mentre l’avvocato rincarava la dose della sua ansia annunciandogli che, comunque e malgrado gli sforzi, entrambe le leggi per la sua salvaguardia giudiziaria ora sul tappeto non sarebbero mai state davvero
in zona franca
rispetto al parere della Corte Costituzionale. Di qui l’ennesima aggressione violenta, proprio come le ha giudicate il Capo dello Stato, anch’egli nel mirino per una serie di peccati pesantissimi, nella testa di Berlusconi; la difesa degli odiati giudici e “dell’uso della giustizia contrario alla democrazia e alla libertà”, la difesa della Carta ma, soprattutto, il ruolo di preoccupata sponda politica che, secondo Berlusconi, Napolitano starebbe giocando, con la complicità di Fini e quella sotterranea di Casini, per evitare le elezioni anticipate. Poi, la giustizia: “Non rinuncerò mai alla riforma – ha dardeggiato il premier – possono dire quello che vogliono, io non mollo; avete sentito, Spatuzza è stato subito smentito, ma noi abbiamo un sistema giudiziario che uno si mette a parlare dopo dieci anni e c’è chi gli crede”. Mentre in un’intervista al Tempo il ministro degli Esteri ieri annunciava di voler continuare l’opera “di immagine” iniziata dal Cavaliere, scrivendo in una lettera ai colleghi europei "chi sono i giudici italiani". A poco, in questo clima furibondo, hanno valso le parole istituzionali pronunciate dal Presidente della Camera, ennesimo richiamo al rispetto delle regole da parte di chi dovrebbe esserne il primo garante: "Nel capo dello Stato – ha detto Fini - si riconoscano tutti gli italiani". E “in politica – ha proseguito - ci si scontra ma si rispetta l'arbitro e si rispettano le regole del campionato”. Figurarsi se Berlusconi ha mollato di un centimetro. "'Avete visto quante me ne hanno dette di tutti i colori. Ce l'hanno tutti con me''. Il pensiero, lo si sa, è alle urne. Tasterà il polso dell’elettorato domenica sera in una manifestazione in piazza del Duomo a Milano, già ribattezzata “il predellino 2”. In attesa di Fini e dell’eventuale segnale politico distensivo. Intanto, Bersani parla di "comizi mal fatti che danneggiano il Paese" e Antonio Di Pietro paventa il rischio di "azioni violente" in piazza se il governo non cambierà rotta.
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