del 17 dicembre 2009
di Andrea Botta
(Giornalista)
Dopo il successo del No-B day, nasce l'idea di un sit-in a Roma affinché nessuno tocchi il Web, continuamente minacciato da proposte e disegni di legge del centrodestra. Perché in una società libera l'apertura agli altri e alle opinioni di tutti è un valore assoluto e un diritto umano
Libera Rete in libero Stato: è questo lo slogan con cui torna in piazza (anche) il "popolo viola", dopo la riuscitissima manifestazione del 5 dicembre a Roma.
Questa volta si tratta di una iniziativa dedicata alla libertà di Internet, messa in discussione da un serie di iniziative di parlamentari del centrodestra e, da ultimo, dalle intenzioni manifestate dal governo dopo il caso Tartaglia.
Il sit-in, promosso inizialmente dall'Istituto per le politiche dell'innovazione di Guido Scorza, ha raccolto subito il favore dei promotori del No-B day, che quindi si ritroveranno con tutti quelli che vorranno partecipare in piazza del Popolo a Roma, mercoledì 23, dalle 17. Sarà una protesta pacifica e creativa, con una performance di spago e filo a simboleggiare la Rete.
Il manifesto della giornata, che si intitola appunto "Libera Rete in libero Stato", sostiene che 'Internet è una piazza libera e sterminata in cui milioni di persone si parlano, si confrontano e crescono: Internet è la libertè, il luogo aperto del futuro, della comunicazione orizzontale, della biodiversitè culturale e dell'innovazione economica'. Quindi continua: 'Noi non accettiamo che gli spazi di pluralismo e di libertà in Italia siano ristretti anziché allargati. Non lo accettiamo perché crediamo che in una societè libera l'apertura agli altri e alle opinioni di tutti sia un valore assoluto. Non lo accettiamo perché siamo disposti a pagare per questo valore assoluto anche il prezzo delle opinioni più ripugnanti. Non lo accettiamo perché un Paese governato da un tycoon della televisione ha più bisogno degli altri del contrappeso di una Rete libera e forte. Non lo accettiamo perché Internet è un diritto umano'.
Il manifesto cita anche il presidente Barack Obama, nel suo recente discorso agli universitari cinesi: "Sono sempre stato uno strenuo sostenitore di Internet e dell'assoluta mancanza di censura".
Negli ultimi mesi diversi parlamentari del centrodestra hanno tentato di introdurre norme per ridurre la libertà della Rete: oltre alle proposte di legge dell'onorevole Gabriella Carlucci e di Gaetano Pecorella (uno degli avvocati del premier) pende ancora sulla testa degli internauti italiani l'articolo ammazza-blog contenuto nel disegno di legge sulle intercettazioni scritto dal ministro Alfano e di prossima discussione in Parlamento.
Ancora non si sa invece quali saranno le norme contenute nel prossimo disegno di legge "minacciato" da Roberto Maroni a seguito del caso Tartaglia: dopo aver parlato di possibili "filtri" e "oscuramenti", il governo ha deciso di rinviare tutto a dopo Natale, con l'intenzione di 'sanzionare chi supera determinati limiti', come ha spiegato il ministro per le Infrastrutture, Altero Matteoli.
Resta del tutto oscuro quali siano questi limiti e chi dovrà stabilirli, ma gli organizzatori del sit-in del 23 dicembre ritengono che abbia invece ragione l'ex presidente della Camera Pierferdinando Casini, che in Parlamento ha detto: 'Non serve nessuna nuova norma per Internet, bastano quelle che già ci sono. In America è pieno di siti con contenuti inaccettabili nei confronti del presidente Obama, ma nessuno si è mai sognato di chiedere censure'.
Tra le altre cose, continua a suscitare polemiche la cancellazione di alcune pagine operata da Facebook dopo il caso Tartaglia: fa specie che le "hate pages" contro Berlusconi siano state chiuse, ma ne restino aperte decine di altre (tipo: 'Uccidiamo Balotelli') per censurare le quali evidentemente non era intervenuto il governo italiano. Evidentemente si teme, oltre a possibili nuove norme, anche che il governo crei un rapporto diretto con i proprietari di alcuni siti (da Google a YouTube, allo stesso Facebook) per ottenere la rimozione delle pagine indesiderate.
Fa inoltre discutere la proposta del viceministro Paolo Romani di obbligare chiunque faccia "livestreaming" (cioè immetta video in diretta nel suo sito o nel suo blog) di chiedere un'autorizzazione al governo come se fosse una televisione commerciale. Questa norma, oltre a tarpare le ali a centinaia di siti e blog, è anche in odore di conflitto d'interessi, perché favorisce le corporation che si stanno preparando a offrire contenuti video via Internet in modo professionale: come Mediaset, che sta lavorando a un sito sulle orme dell'americano Hulu.
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