lunedì 4 gennaio 2010

BRUNETTA “CHIAMA” LE TRUPPE CONTRO LA CARTA COSTITUZIONALE

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 3 gennaio 2010

di Carlo Tecce
(Giornalista)


Quando le parole sono fannulloni. Renato Brunetta vorrebbe rimuovere ai tornelli il nulla scritto nella Costituzione: “La riforma non dovrà riguardare - propone in un’intervista a Libero - solo la seconda parte, anche la prima. A partire dall’articolo 1: stabilire che ‘L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro’ non significa assolutamente nulla”. Eppure il presidente della Repubblica, appena tre giorni fa, avvisava i naviganti delle riforme condivise: “La Costituzione può essere rivista - come d’altronde si propone da diverse sponde politiche - nella sua seconda parte”. Il ministro fa sul serio: citazioni popolari, escursioni mentali, stirature in politichese. E premette, ovvio: “Per carità, una mia opinione”. L’opinione del chirurgo in sala operatoria, pronto a tagliare e cucire una Carta ridotta a brandelli: “La parte valoriale della Costituzione ignora temi e concetti fondamentali come quelli del mercato , della concorrenza, del merito. È figlia del clima del dopoguerra. Adesso siamo in un’altra Italia. Capisco che alcuni costituzionalisti sostengano che non si riesce a cambiare la seconda parte, proprio perché non abbiamo aggiornato la prima”.

Un po’ di sostanza e un po’ di materia, l’assemblea Costituente riunita in un solo corpo. Politico. Il Popolo delle Libertà oppure, per senso di ospitalità, nella sua versione di governo con la Lega Nord: “La nostra Costituzione prescrive essa stessa come deve essere riformata. Se le modifiche vengono approvate a maggioranza dei due terzi, non si va a referendum confermativo. Se questa maggioranza non viene raggiunta, e se viene richiesto, si fa il referendum. È fin troppo facile dire che è meglio fare le riforme senza avere bisogno del passaggio referendario”. Passaggi multipli, disegnati sulle curve. Per Brunetta le funzionalità della Carta sono ridotte. E se assenti, non giustificate: “Perché gli articoli 39 e 49, che riguardano i sindacati e i partiti, non sono mai stati seguiti da leggi. Bisogna intervenire sia sulla Costituzione sia sulle leggi”. Qualcosa di utile c’era, forse: l’articolo 68 sull’immunità totale dei parlamentari, sterilizzato dall’indignazione nazional popolare con Mani Pulite, ripescato oggi con Milano che vuole dedicare una strada a Bettino Craxi. Il numero esatto, 68: “Tornare al testo originale? Assolutamente sì. Le opzioni sono multiple, ma la più semplice è proprio quella di recuperare il testo malamente violentato nel 1993”. I buoni propositi del ministro sono tanti e vari, mai dimenticare i fannulloni del pubblico impiego: “Saranno introdotti il merito, la trasparenza, la mobilità, i premi e le sanzioni”. Innovazione, sul serio. Rock. Non lenti: nelle classifiche di Brunetta, la Giustizia è più (o meno?) arretrata della Costituzione: “La giustizia è organizzata in modo pre-industriale, agricolo-pastorale. Se introducessimo un’organizzazione efficiente, dando ad un manager l'organizzazione dei tribunali, il 90 per cento dei problemi sarebbe risolto”.

L’agenda 2010 del ministro è il compendio dei desideri del governo. Finanche enorme: “Io sono del parere che non dobbiamo mai mettere troppa carne al fuoco – dice il portavoce di Berlusconi, Paolo Bonaiuti – però… tutto si può vedere». Quelli della Lega non sono affezionati alla Costituzione. A sorpresa, stavolta, mostrano più prudenza di Brunetta. Il ministro Roberto Calderoli è timoroso: “Io non sono un entusiasta dell'art. 1 della Costituzione, ma fa parte della nostra storia e penso che se si vogliono fare le riforme adesso, dobbiamo limitarci a cambiare la seconda parte della Costituzione». E che dicono dal Pd? Alla vigilia della riunione per le candidatura alle regionali. Brunetta ha indovinato: “Dal Pd mi aspetto poco”. Vero. Vannino Chiti evita perifrasi: “La maggioranza dice cose diverse e spesso opposte. La modifica della prima parte della Costituzione - aggiunge il vicepresidente del Senato - non è all’ordine del giorno. Non siamo disponibili. Anzi, le modifiche nella seconda parte devono essere coerenti con i principi guida dellaCostituzione. Se la linea della destra è quella di Brunetta, il discorso sulle riforme diventa non possibile intesa ma sicuro scontro”.

Antonio Di Pietro (Idv) l’aveva intuito: “Come volevasi dimostrare: dai un dito e si fregano il braccio. All’indomani dell'invito del presidente della Repubblica a collaborare la seconda parte della Costituzione, subito la maggioranza, a cominciare dal ministro Brunetta, si affretta a chiedere di cambiare addirittura l'articolo 1. È il solito disegno di stampo piduista portato avanti dal governo Berlusconi”. Brunetta ha riservato una carezza pure ai sindacati. E la Cgil risponde. Con il segretario Guglielmo Epifani: “Per me valgono le parole espresse dal presidente Napolitano l’ultimo dell’anno”.

Brunetta è fisicamente coinvolto nelle risse dialettiche: urla al microfono, incrocia le braccia, sbuffa alle telecamere, tortura i capelli. Immagina l’avversario o il contendente di fronte a sé, allenta il nodo della cravatta o ritira il maglione troppo lungo, e ragiona, riflette e poi sbraita: “Basta culturame dei cineasti parassiti”. Tiè, il Festival di Venezia – e Michele Placido – sono sistemati. Per il regista Paolo Virzì il ministro ‘parla da teppista’. E quindi odia la pula: “In polizia troppi panzoni”. Mai guai a rinfacciarli l’offesa di Massimo D’Alema: “E’ un energumeno tascabile”. Inventore: “Gli stipendi dei conduttori Rai nei titoli delle trasmissioni”. Segugio: “Fannulloni? Daremo la caccia agli imboscati”. Ribelle: “Sinistra oppressa da elite di merda”. Un consiglio? “Vada a morire ammazzata”.

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