del 29 gennaio 2010
di Marco Lillo
(Giornalista)
Nicola Cosentino, se fosse un cittadino normale, domani mattina dovrebbe presentarsi ai carabinieri per farsi accompagnare in carcere. Lo ha stabilito la Cassazione rigettando il ricorso contro l’ordinanza di cattura nei suoi confronti presentato dai legali del sottosegretario all’economia. Ora sono 8 i magistrati che concordano nel voler tenere dietro le sbarre l’uomo al quale il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha conferito le deleghe per il Comitato Interministeriale Programmazione economica e per le frequenze radio-tv. I pm napoletani Giuseppe Narducci e Alessandro Milita, il Gip Raffaele Piccirillo, e ora anche i cinque ermellini di lunga esperienza che compongono la prima sezione della Corte di Cassazione concordano nel volere arrestare questo 51enne che mastica pane e politica dal 1978, quando fu eletto consigliere a Casale di Principe. Alla luce della decisione della Cassazione vale la pena di rileggere gli ultimi due paragrafi dell’ordinanza confermata ieri (ma bloccata nella sua esecuzione il 10 dicembre scorso dalla Camera con il diniego dell’autorizzazione a procedere).
In poche pagine il gip Raffaele Piccirillo, con una chiarezza rara nei documenti giudiziari, elenca gli elementi a carico e, tra parentesi, i nomi dei pentiti che li hanno riferiti. Le “convergenze” del loro racconto sono “significative” su questi fatti:
“a) il sostegno offerto dal clan dei Casalesi a Nicola Cosentino in occasione delle elezioni provinciali casertane del 1990 (dichiarazioni dell’imprenditore dei rifiuti Gaetano Vassallo e del cugino del boss dei Casalesi, Nicola Schiavone detto Sandokan, Carmine Schiavone);
b) il sostegno offerto in occasione delle elezioni regionali dell’anno 1995 (tre pentiti: Dario De Simone, Raffaele Ferrara e Domenico Frascogna);
c) il sostegno nelle elezioni politiche del 2001 (ancora Gaetano Vassallo e il suo socio in affari Michele Orsi);
d) la disponibilità esplicitata da Cosentino verso i supporters elettorali di estrazione camorrista (Gaetano Vassallo, Dario De Simone, Domenico Frascogna); e) il rapporto di protezione e confidenza con il boss Francesco Bidognetti, detto Cicciotto ’e mezzanotte, e con il cugino Bernardo Cirillo (dichiarazioni di Gaetano Vassallo, Anna Carrino, Domenico Bidognetti);
f) il sistema di individuazione dall’alto del candidato da sostenere e la diramazione del messaggio ai capizona (dichiarazioni di Domenico Bidognetti, Dario De Simone, Raffaele Ferrara, Domenico Frascogna)”.
In sostanza, secondo il gip e la Cassazione che ne ha confermato il provvedimento, “è provato – al livello di gravità indiziaria richiesto per l’arresto – lo scambio ‘voti contro favori’” tra i clan e il sottosegretario. Secondo i giudici, Nicola Cosentino ha stabilito dal 1990 un rapporto con il boss del clan Bidognetti, Francesco, detto Cicciotto ‘ e mezzanotte, ricevendo i voti dei clan in almeno tre elezioni, in cambio del suo aiuto per favorire i loro affari. La carica politica per i giudici, non esclude la pericolosità. Anzi. Cosentino “risulta essere stato sostenuto dall’organizzazione criminale” in troppe elezioni per non pensare a un “debito di gratitudine”.
Ora che la massima magistratura ha dato ragione ai pm, Cosentino e Berlusconi, dovrebbero prenderne atto con le immediate dimissioni. Invece il Pdl non ha battuto ciglio. E, a parte l’eccezione di un paio di parlamentari più sensibili come Laura Garavini del Pd o Luigi Li Gotti dell’Idv, l’opposizione è stata tiepida. Eppure per i giudici napoletani e della Cassazione, il problema è concreto e urgente: Cosentino deve andare in carcere perché “è un politico di caratura medio-alta in costante ascesa che controlla molte delle amministrazioni comunali che (in materia di rifiuti, ndr) conferiscono alla società mista gli affidamenti diretti” e che – secondo i giudici – agli affari dei clan – “ha prestato il proprio contributo”. Il problema è talmente attuale che da poco la procura ha presentato una seconda richiesta di arresto, rigettata però dal Gip, per corruzione, sempre nel settore rifiuti. A ben vedere, le motivazioni della richiesta di arresto da parte dei magistrati sono le stesse della grande gratitudine del premier che continua a coprire il suo uomo in Campania: Cosentino è stato l’interfaccia tra la malapolitica e i clan nella gestione del problema rifiuti. Il premier lo premia con il suo appoggio incondizionato perché ricorda con gratitudine le immagini di Napoli liberata dai rifiuti. I pm lo vogliono in carcere perché pensano di avere scoperto cosa si nasconde dietro le quinte di quel successo mediatico. Sulla sentenza della Cassazione, da segnalare l’ennesimo censura del Tg1 di Minzolini.
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