Dal Corriere della Sera
del 30 giugno 2009
di Gianna Fregonara
(Giornalista)
ROMA — Non è soltanto una questione politica, non è un problema di Prima e Seconda Repubblica, «perché prendendola così si finirebbe per trasformare tutto in un refrain della nostalgia» in cui ci si cimenta «senza costrutto perché non serve tenere gli occhi nel vecchio mondo mentre i piedi della società sono in un mondo nuovo». E’ un giudizio duro quello di Rino Formica, potente ministro delle Finanze socialista nonché autore della famosissima definizione dell’Assemblea nazionale del Psi del 1991, «la corte di nani e ballerine», di cui chiese l’abolizione: «L’indagine di Bari — dice — ci costringe ad aprire gli occhi e a osservare la società italiana».
Impegnativo. Ci vuol provare?
«Dobbiamo cominciare domandandoci che cosa è cambiato negli ultimi anni. Dove sta andando la società italiana, come si è evoluta e quanto sono aumentate le tendenze anarcoidi».
La risposta?
«Si sono rotte del tutto le dighe delle convenzioni sociali. E’ successo nei campi più vari della società ».
E quando è successo, negli Anni Ottanta?
«Noo, negli Anni Ottanta c’è stata un’accelerazione, non una cesura del percorso. La rottura delle gabbie è iniziata vent’anni prima con i movimenti di liberazione, le proteste studentesche».
Non vorrà dire che quello che succede oggi con Berlusconi è figlio del Sessantotto? «La società dal Sessantotto comincia a lacerare i propri vestiti, che sono le regole che reggono una comunità e che vengono rispettate a accettate. Alla fine del processo, la società è nuda».
E la moralità è cambiata.
«Non solo. Sa forse un tempo si era più attenti. Nel senso che si faceva come raccomandavano i gesuiti: se dovete peccare, fatelo con cautela».
E la politica che cosa c’entra?
«La politica, così come la cultura, ha una responsabilità chiara. Una colpa, direi. Si è fatta trovare arretrata, impreparata. Pensava ad altro e non ha confezionato per tempo dei nuovi vestiti, delle nuove regole, una nuova convenzione con cui rivestire il corpo sociale. Anzi, da vent’anni va di moda un certo dannunzianesimo politico. Tutti a stracciare gli abiti e nessuno a pensare a ricoprire le nudità. Ma una società nuda, senza regole non esiste».
Sarà anche un problema complessivo e collettivo...
«Finirà per essere anche un problema istituzionale, perché non si possono distinguere il cervello, il cuore della società e il sangue, che circola e intossicherà tutto».
Un po’ criptico.
«Sto pensando a quello che ha detto Napolitano e cioè che la democrazia è forte e la politica è debole. La democrazia è il cuore e la politica è il sangue».
Ma in questo caso il problema politico è che, con le feste e le ragazze, morale e moralismi a parte, il premier può risultare apertamente ricattabile.
«Ma sono tutti ricattabili. Perché un dirigente che andasse ai festini non lo sarebbe, o un amministratore delegato di una banca sarebbe immune? Se si facesse la mappa dei salotti d’Italia, si scoprirebbe che nella maggior parte si usa droga con scioltezza. Ma questa ricerca non la fa nessuno».
Uno scandalo come quello di Bari può portare alle dimissioni del premier o, secondo lei, non succederà nulla?
« Io sarei cauto, bisognerebbe capire alcune cose. Per esempio se davvero dietro c’è un gioco politico, come dicono alcuni, o invece se si tratta di una questione imprenditoriale, se non c’entra Mediaset».
Berlusconi è una vittima allora?
«Ci mancherebbe, lui ha assecondato questa mutazione sociale, anzi ne ha fatto la sua forza contrapponendosi alle vecchie convenzioni. Ha delle responsabilità molto chiare. Credeva che per cambiare mestiere e fare il politico bastasse cambiare l’oggetto sociale alla sua azienda, smettere di vendere dentifrici e cominciare con le lavatrici».
Però ha avuto un bel successo.
«Ha avuto successo perché il sistema era distrutto. Poi i anche media ci hanno messo del loro. E così oggi leggo che il ministro Tremonti può dire che il Cavaliere è diventato insostituibile».
Forse lo fa, tatticamente, per allontanare da se le voci sulle sue presunte velleità di sostituirlo in questo momento di crisi.
« Ci sarà anche questo elemento interno al governo e alla maggioranza, ma è un Paese serio quello in cui un personaggio così sgradevole - non dico il male assoluto, solo sgradevole - come Berlusconi è considerato in-so-sti-tu-i-bi-le? E’ gravissimo, in democrazia nessuno è insostituibile».
del 30 giugno 2009
di Gianna Fregonara
(Giornalista)
ROMA — Non è soltanto una questione politica, non è un problema di Prima e Seconda Repubblica, «perché prendendola così si finirebbe per trasformare tutto in un refrain della nostalgia» in cui ci si cimenta «senza costrutto perché non serve tenere gli occhi nel vecchio mondo mentre i piedi della società sono in un mondo nuovo». E’ un giudizio duro quello di Rino Formica, potente ministro delle Finanze socialista nonché autore della famosissima definizione dell’Assemblea nazionale del Psi del 1991, «la corte di nani e ballerine», di cui chiese l’abolizione: «L’indagine di Bari — dice — ci costringe ad aprire gli occhi e a osservare la società italiana».
Impegnativo. Ci vuol provare?
«Dobbiamo cominciare domandandoci che cosa è cambiato negli ultimi anni. Dove sta andando la società italiana, come si è evoluta e quanto sono aumentate le tendenze anarcoidi».
La risposta?
«Si sono rotte del tutto le dighe delle convenzioni sociali. E’ successo nei campi più vari della società ».
E quando è successo, negli Anni Ottanta?
«Noo, negli Anni Ottanta c’è stata un’accelerazione, non una cesura del percorso. La rottura delle gabbie è iniziata vent’anni prima con i movimenti di liberazione, le proteste studentesche».
Non vorrà dire che quello che succede oggi con Berlusconi è figlio del Sessantotto? «La società dal Sessantotto comincia a lacerare i propri vestiti, che sono le regole che reggono una comunità e che vengono rispettate a accettate. Alla fine del processo, la società è nuda».
E la moralità è cambiata.
«Non solo. Sa forse un tempo si era più attenti. Nel senso che si faceva come raccomandavano i gesuiti: se dovete peccare, fatelo con cautela».
E la politica che cosa c’entra?
«La politica, così come la cultura, ha una responsabilità chiara. Una colpa, direi. Si è fatta trovare arretrata, impreparata. Pensava ad altro e non ha confezionato per tempo dei nuovi vestiti, delle nuove regole, una nuova convenzione con cui rivestire il corpo sociale. Anzi, da vent’anni va di moda un certo dannunzianesimo politico. Tutti a stracciare gli abiti e nessuno a pensare a ricoprire le nudità. Ma una società nuda, senza regole non esiste».
Sarà anche un problema complessivo e collettivo...
«Finirà per essere anche un problema istituzionale, perché non si possono distinguere il cervello, il cuore della società e il sangue, che circola e intossicherà tutto».
Un po’ criptico.
«Sto pensando a quello che ha detto Napolitano e cioè che la democrazia è forte e la politica è debole. La democrazia è il cuore e la politica è il sangue».
Ma in questo caso il problema politico è che, con le feste e le ragazze, morale e moralismi a parte, il premier può risultare apertamente ricattabile.
«Ma sono tutti ricattabili. Perché un dirigente che andasse ai festini non lo sarebbe, o un amministratore delegato di una banca sarebbe immune? Se si facesse la mappa dei salotti d’Italia, si scoprirebbe che nella maggior parte si usa droga con scioltezza. Ma questa ricerca non la fa nessuno».
Uno scandalo come quello di Bari può portare alle dimissioni del premier o, secondo lei, non succederà nulla?
« Io sarei cauto, bisognerebbe capire alcune cose. Per esempio se davvero dietro c’è un gioco politico, come dicono alcuni, o invece se si tratta di una questione imprenditoriale, se non c’entra Mediaset».
Berlusconi è una vittima allora?
«Ci mancherebbe, lui ha assecondato questa mutazione sociale, anzi ne ha fatto la sua forza contrapponendosi alle vecchie convenzioni. Ha delle responsabilità molto chiare. Credeva che per cambiare mestiere e fare il politico bastasse cambiare l’oggetto sociale alla sua azienda, smettere di vendere dentifrici e cominciare con le lavatrici».
Però ha avuto un bel successo.
«Ha avuto successo perché il sistema era distrutto. Poi i anche media ci hanno messo del loro. E così oggi leggo che il ministro Tremonti può dire che il Cavaliere è diventato insostituibile».
Forse lo fa, tatticamente, per allontanare da se le voci sulle sue presunte velleità di sostituirlo in questo momento di crisi.
« Ci sarà anche questo elemento interno al governo e alla maggioranza, ma è un Paese serio quello in cui un personaggio così sgradevole - non dico il male assoluto, solo sgradevole - come Berlusconi è considerato in-so-sti-tu-i-bi-le? E’ gravissimo, in democrazia nessuno è insostituibile».
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