martedì 30 giugno 2009

L'ex ministro socialista: «L’indagi­ne di Bari ci costringe ad aprire gli occhi e a osservare la so­cietà italiana»

Dal Corriere della Sera
del 30 giugno 2009

di Gianna Fregonara
(Giornalista)




ROMA — Non è soltanto una questione politica, non è un proble­ma di Prima e Seconda Repubblica, «perché prendendola così si fini­rebbe per trasformare tutto in un refrain della nostalgia» in cui ci si cimenta «senza costrutto perché non serve tenere gli occhi nel vec­chio mondo mentre i piedi della so­cietà sono in un mondo nuovo». E’ un giudizio duro quello di Ri­no Formica, potente ministro delle Finanze socialista nonché autore della famosissima definizione del­l’Assemblea nazionale del Psi del 1991, «la corte di nani e ballerine», di cui chiese l’abolizione: «L’indagi­ne di Bari — dice — ci costringe ad aprire gli occhi e a osservare la so­cietà italiana».

Impegnativo. Ci vuol provare?
«Dobbiamo cominciare doman­dandoci che cosa è cambiato negli ultimi anni. Dove sta andando la società italiana, come si è evoluta e quanto sono aumentate le tenden­ze anarcoidi».

La risposta?
«Si sono rotte del tutto le dighe delle convenzioni sociali. E’ succes­so nei campi più vari della socie­tà ».

E quando è successo, negli An­ni Ottanta?
«Noo, negli Anni Ottanta c’è sta­ta un’accelerazione, non una cesu­ra del percorso. La rottura delle gabbie è iniziata vent’anni prima con i movimenti di liberazione, le proteste studentesche».

Non vorrà dire che quello che succede oggi con Berlusconi è fi­glio del Sessantotto? «La società dal Sessantotto co­mincia a lacerare i propri vestiti, che sono le regole che reggono una comunità e che vengono ri­spettate a accettate. Alla fine del processo, la società è nuda».

E la moralità è cambiata.
«Non solo. Sa forse un tempo si era più attenti. Nel senso che si fa­ceva come raccomandavano i gesu­iti: se dovete peccare, fatelo con cautela».

E la politica che cosa c’entra?
«La politica, così come la cultu­ra, ha una responsabilità chiara. Una colpa, direi. Si è fatta trovare arretrata, impreparata. Pensava ad altro e non ha confezionato per tempo dei nuovi vestiti, delle nuo­ve regole, una nuova convenzione con cui rivestire il corpo sociale. Anzi, da vent’anni va di moda un certo dannunzianesimo politico. Tutti a stracciare gli abiti e nessu­no a pensare a ricoprire le nudità. Ma una società nuda, senza regole non esiste».

Sarà anche un problema com­plessivo e collettivo...
«Finirà per essere anche un pro­blema istituzionale, perché non si possono distinguere il cervello, il cuore della società e il sangue, che circola e intossicherà tutto».

Un po’ criptico.
«Sto pensando a quello che ha detto Napolitano e cioè che la de­mocrazia è forte e la politica è de­bole. La democrazia è il cuore e la politica è il sangue».

Ma in questo caso il problema politico è che, con le feste e le ra­gazze, morale e moralismi a par­te, il premier può risultare aperta­mente ricattabile.
«Ma sono tutti ricattabili. Per­ché un dirigente che andasse ai fe­stini non lo sarebbe, o un ammini­­stratore delegato di una banca sa­rebbe immune? Se si facesse la mappa dei salotti d’Italia, si scopri­rebbe che nella maggior parte si usa droga con scioltezza. Ma que­sta ricerca non la fa nessuno».

Uno scandalo come quello di Bari può portare alle dimissioni del premier o, secondo lei, non succederà nulla?
« Io sarei cauto, bisognerebbe ca­pire alcune cose. Per esempio se davvero dietro c’è un gioco politi­co, come dicono alcuni, o invece se si tratta di una questione imprendi­toriale, se non c’entra Mediaset».

Berlusconi è una vittima allo­ra?
«Ci mancherebbe, lui ha assecon­dato questa mutazione sociale, an­zi ne ha fatto la sua forza contrap­ponendosi alle vecchie convenzio­ni. Ha delle responsabilità molto chiare. Credeva che per cambiare mestiere e fare il politico bastasse cambiare l’oggetto sociale alla sua azienda, smettere di vendere denti­frici e cominciare con le lavatrici».

Però ha avuto un bel successo.
«Ha avuto successo perché il si­stema era distrutto. Poi i anche me­dia ci hanno messo del loro. E così oggi leggo che il ministro Tremon­ti può dire che il Cavaliere è diven­tato insostituibile».

Forse lo fa, tatticamente, per al­lontanare da se le voci sulle sue presunte velleità di sostituirlo in questo momento di crisi.
« Ci sarà anche questo elemento interno al governo e alla maggio­ranza, ma è un Paese serio quello in cui un personaggio così sgrade­vole - non dico il male assoluto, so­lo sgradevole - come Berlusconi è considerato in-so-sti-tu-i-bi-le? E’ gravissimo, in democrazia nessu­no è insostituibile».

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