del 12 novembre 2009
di Paolo Zanca
(Giornalista)
Di tutta la giornata di ieri, una cosa è certa. Bonaiuti (ovvero Berlusconi) deve darsi una calmata. Parola di An. Il suo annuncio è stato quanto meno intempestivo. Ieri mattina il portavoce del presidente del Consiglio aveva annunciato che in giornata sarebbe stato presentato nell’aula del Senato il disegno di legge sul processo breve. In pratica, una norma che fissa un limite di sei anni per arrivare alla sentenza nei procedimenti a carico di incensurati: se il processo dura di più, il reato si estingue. La legge consentirebbe a Berlusconi di salvarsi sia dal processo Mills sia da quello che riguarda Mediaset. Bene, l’ennesimo contrattacco del premier per salvarsi dai guai, questa volta ad An non è andato giù. Bonaiuti dice che al ddl ci hanno lavorato tutta la notte. Il presidente della commissione Giustizia Berselli (ex An) dice: “Di certo non ci ho lavorato io”. Dentro An infatti sanno benissimo che quella norma, così come è stata descritta nelle indiscrezioni, non passerebbe mai l’esame di costituzionalità. Il Csm, d’altronde, aveva già fatto sapere che avrebbe espresso un suo parere d’ufficio, anche se non richiesto. Istituire categorie di privilegio nel Codice di procedura penale finirebbe inevitabilmente per scontrarsi con i principi costituzionali, come già successo a tutti i tentativi del premier di fermare i processi che lo riguardano. Mentre Berlusconi ieri per più di un’ora ha discusso con il ministro Alfano (che ha rivisto anche poi in Senato), An chiedeva mani di velluto: “Se proprio dobbiamo accelerare i processi, facciamolo con una legge di sistema, che abbia solide coperture economiche”. Anche la Lega non ha fatto i salti di gioia: “Condividiamo il principio – ha detto il capogruppo al Senato, Bricolo – Ma il testo ancora non c’è e per firmarlo aspettiamo di vederlo”.
L’Associazione nazionale magistrati ha già giudicato offensivo parlare di processo breve quando da tempo e con insistenza chiede al Parlamento e al governo interventi seri per assicurare il funzionamento del sistema giudiziario. Anche nell’opposizione il muro è abbastanza compatto, visto che è chiaro a tutti che il ddl serve innanzitutto a risolvere i problemi del presidente del Consiglio. A parlare è Felice Casson, uno dei senatori che rappresentano il Pd in commissione Giustizia, preoccupato dallo slogan propagandistico lanciato dal Pdl. ”È chiaro – spiega Casson – che siamo tutti d’accordo sul fatto che i processi in Italia vadano accelerati, ma qui il problema viene affrontato dalla coda. La maggioranza ha sempre respinto le nostre proposte sulle modifiche
normative ai processi, sulla riorganizzazione degli uffici e del personale, così come si è rifiutata di trovare risorse per la giustizia. Senza questi presupposti, pensare di chiudere un processo in sei anni è un’utopia. Solo se cominciamo da lì, noi siamo disponibili al dialogo”. Le proposte del Pd (che ha chiesto al ministro Alfano di riferire in Parlamento) verranno presentate oggi a Palazzo Madama. Non vede invece spazi di manovra il senatore Luigi Li Gotti, in commissione Giustizia per conto dell’Idv. “Se si comincia a parlare di processo breve – dice Li Gotti – non si può dialogare: è la proposta peggiore che potessero presentare. E soprattutto non può in nessun modo riguardare i processi già in corso: noi al contrario chiediamo che quando un procedimento è iniziato, la prescrizione non scorra più”. L’Udc per ora non entra nel merito, ma ne fa una questione di galateo istituzionale: “Non mi pare che Bonaiuti sia presidente del Senato néche faccia parte della conferenza dei capigruppo – dice il presidente dei senatori Udc, Gianpiero D’Alia a proposito dell’annuncio di ieri mattina – Non mi pare che il calendario dei lavori possa essere modificato”. La presentazione del ddl è slittata a oggi. In attesa che il Senato capisca se e come deve mettersi al servizio della maggioranza, i fedelissimi del Cavaliere non perdono tempo. Fiutata l’aria, nel tardo pomeriggio di ieri, la deputata Margherita Boniver ha presentato una proposta di legge costituzionale per il ripristino dell’immunità parlamentare. Obiettivo: “Tutelare l’interesse della collettività, prevenendo eventuali condizionamenti del potere giudiziario sullo svolgimento della dialettica politica”.
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