del 29 gennaio 2010
di Marco Travaglio
(Giornalista)
Proseguono, per la saga “Balle spaziali”, gli editoriali di Angelo Panebianco. Il quale ieri, alla tremillesima riga, lamentava sul Pompiere della Sera che in Italia “mentalità, cultura e sensibilità liberali sono tuttora pressoché introvabili”. Infatti lui scrive sul Pompiere della Sera. Ciò che lo angustia, tanto per cambiare, non sono gli scandali, ma “lo squilibrio nei rapporti fra politica”, “il predominio giudiziario sulla politica”. Di quale predominio stia cianciando non è dato sapere, visto che in quindici anni i politici hanno approvato una trentina di leggi per farla franca, si coprono a vicenda con ogni sorta di insindacabilità e intoccabilità e stanno pure provvedendo a blindarsi vieppiù con altre quattro porcate. Ma lui, impermeabile ai fatti, parla d’altro: “L’episodio emblematico che consacrò la svolta fu, nel 1993, il proclama televisivo con cui l’allora pool di Mani Pulite affossò il decreto Conso sulla questione della corruzione”. Ne avesse azzeccata una. Nel 1993 non ci fu nessun proclama televisivo dell’allora pool di Mani Pulite, ma un comunicato letto dal solo Borrelli a proposito del decreto Conso, che non riguardava minimamente la corruzione, ma depenalizzava il finanziamento illecito. Il comunicato non “affossò” un bel nulla. Scalfaro non firmò il decreto per due motivi: 1) era un colpo di spugna incostituzionale sulle inchieste di Mani Pulite, fra l’altro a costo zero, perché l’ineleggibilità per 5 anni dei condannati (inizialmente prevista nel testo sottoposto al Quirinale) fu sfilata all’ultimo momento dal provvedimento; 2) gl’italiani stavano per votare un referendum proprio sul finanziamento ai partiti. L’articolessa panebianca prosegue con una copiosa lacrimazione per l’accordo Bersani-Di Pietro che trascinerà il Pd verso “toni e argomenti dell’estremismo giustizialista” tipici – pensate un po’ – del mite Dario Franceschini. Insomma il Pd avrebbe imboccato una deriva di “irrigidimento massimalista”: infatti Bersani, novello Felice Cavallotti, e quella Rosa Luxemburg rediviva che è la Finocchiaro saltano da un banco all’altro del Parlamento per rodere il cranio ormai implume del povero Silvio. Uno spettacolo raccapricciante. La lacrimazione sanguinolenta del madonno di Civitavecchia si conclude con una drammatica previsione: “Assisteremo a una progressiva chiusura anche di quei piccoli spiragli di dialogo sulle riforme che si erano aperti”. Una prospettiva che non può non addolorare un liberale autentico come lui. Quali siano le “riforme” su cui “dialogare” le spiega il Pompiere qualche pagina più avanti: oltre al processo morto, c’è il legittimo impedimento che per un anno e mezzo consentirà al premier (ma anche ai ministri e forse ai sottosegretari: il governo è pieno di bisognosi) di inventarsi per un anno e mezzo le scuse più inaudite per sfuggire ai processi, in attesa che vi cali la pietra tombale del lodo Alfano turbodiesel a trazione integrale. Proprio in extremis, i suoi Azzeccagarbugli si sono accorti che col legittimo impedimento il Banana non avrebbe potuto partecipare ai processi che lui intenta agli altri denunciandoli: ecco dunque un emendamento che gli consentirà di portare in tribunale gli altri, ma vieterà agli altri di portare in tribunale lui. Tutte leggi tipiche di una democrazia liberale. Ora sarebbe interessante conoscere il pensiero del liberale Panebianco dell’assoluzione di Dominique de Villepin dal processo Clearstream, dov’era accusato da Sarkozy di aver indotto i servizi segreti a dossierare per screditarlo. Due anni fa, essendo imputato, Villepin lasciò la politica e rinunciò alla corsa all’Eliseo per difendersi nel processo. Ora che l’hanno assolto, anziché attaccare i giudici e gridare al complotto (anche se ne avrebbe di che), il gentiluomo parigino s’è detto pronto a “servire ancora i francesi senza rancore”. Nessun lodo, nessun legittimo impedimento, immunità e nessun Panebianco che tromboneggia sullo squilibrio nei rapporti fra politica e magistratura. Sono pazzi questi francesi.
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