lunedì 17 agosto 2009

Politica e clan nelle carte dell'inchiesta

Dal Quotidiano l'Unità
del 17 agosto 2009


Il problema di Fondi non sono tanto le 500 pagine della relazione del prefetto Frattasi. O le altre centinaia del ministro Maroni. Il problema di Fondi, e di chi ne difende la verginità, sono i verbali dell’ex assessore ai Lavori pubblici Riccardo Izzi e le migliaia di pagine riempite dalla Dia e dalla Dda di Roma per le inchieste «Damasco 1» e «2» che tra la primavera 2008 e il 6 luglio 2009 hanno portato in carcere diciassette persone e indagate altre decine. Il quadro che viene fuori dalle inchieste giudiziarie non lascia dubbi.

Tre clan si sono spartiti il territorio dell’agro pontino: Tripodo, Peppe e Trani. In posizione più defilata i Zizzo e i Bouzan. Nella primavera 2008 Damasco 1 rivela i modi in cui la criminalità organizzata influenza l’attività imprenditoriale e amministrativa di Fondi: negozi che aprono e chiudono in continuazione, concessionari di auto che passano di mano un mese dopo l’altro, piani di edilizia urbana che prevedono migliaia di abitazioni in più. Ma soprattutto c’è il Mof, il mercato ortofrutticolo, circa duemila imprenditori della frutta e delle verdura strozzati dalla crisi che ricorrono sempre di più a prestiti e chi si occupa di recupero crediti.

Il prefetto Frattasi ha puntato l’attenzione su tre questioni: «Le connessioni tra la famiglia Tripodo e soggetti legati, per via parentale, anche a figure di vertice del Comune nonché a titolari di attività commerciali del mercato ortofrutticolo di Fondi»; «il collegamento tra la famiglia Tripodo con elementi della mafia calabrese e clan camorristici, in particolare quello dei casalesi»; i rapporti tra «Tripodo Antonio Venenzio, fratello di Carmelo, Peppe Franco, titolare di attività ortofrutticola nell’ambito del Mof, Luigi Parisella, sindaco del comune di Fondi e cugino di Peppe Franco».

Gli arresti che il 6 luglio hanno portato in carcere i dirigenti del comune, imprenditori del Mof e delle pompe funebri, raccontano come questi settori fossero controllati «da almeno due anni dalla criminalità calabrese». Un sodalizio criminale gestito dai fratelli Venanzio e Carmelo Giovanni Tripodo (figli del boss della ’ndrangheta Domenico, ucciso a Poggioreale dal clan di Reggio, rivale e vincente, dei Di Stefano) e che «tramite un ex assessore, funzionari comunali e responsabili dei vigili urbani, avrebbe ottenuto importanti incarichi e commesse». Per il gip Cecilia Demma Antonino Venanzio avrebbe «potere di veto nel mercato ortofrutticolo sull’operatività dei commercianti e ha collegamenti con la criminalità siciliana e campana». Cosa serve, ancora, per dire che a Fondi c’è la mafia?

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