giovedì 13 agosto 2009

Un successo americano

Dal Quotidiano Il Corriere della Sera
del 13 agosto 2009

di Massimo Mucchetti
(Giornalista)


Gli Stati Uniti fan no sul serio. Nel momento in cui la cittadinanza soffre, colpita dalla reces sione, il governo persegue l’evasione fiscale con un’energia sconosciuta al l’Italia e all’Europa. Non si limita alla retorica contro i paradisi fiscali, ma attac ca una grande banca inter nazionale perché, come ogni buon fiscalista sa, non c’è paradiso fiscale senza la collusione dell’ari stocrazia bancaria globa le.

Il Dipartimento della Giustizia vuole i nomi de gli americani che hanno depositato i loro denari — si parla di attività per 15 miliardi di dollari — in 52 mila conti correnti aperti presso la Ubs, gesti ti in paradisi fiscali e co perti dal segreto bancario svizzero. L’amministrazio ne finanziaria di Washing ton sospetta che quelle ric chezze siano state ottenu te anche evadendo le tas se. Ma la legge svizzera au­torizza le banche residenti nella Confederazione a ri velare identità e interessi dei clienti solo a fronte di richieste che indichino il nome dell’indagato e un reato che, come il riciclag gio o la falsificazione dei documenti contabili, sia compreso tra quelli per i quali va prestata tale colla borazione. L’evasione fi scale ai danni di un erario straniero non fa parte del la lista. Ma certi segreti bi sogna poterseli permette re. E la Svizzera oggi se li può permettere meno di ieri.

Quando favorisci la cre scita di una enorme pio vra bancaria con tentacoli estesi in tutto il mondo e attività pari a 4 volte il pro dotto interno lordo del Pa ese, poi capita che la crisi di una Ubs rischi di man dare a picco la Svizzera. E allora i soccorsi costano potere. Per salvare Ubs dal l’indigestione di titoli tos sici denominati in dollari, ha avuto bisogno della Fe deral Reserve. La Banca centrale svizzera ha dato alla Fed franchi in cambio dei 60 miliardi di dollari con i quali ha comprato dalla Ubs i titoli spazzatu ra che la stavano soffocan do. E ora l’America di Oba ma, che non è più quella deregolata dei Bush e di Clinton, chiede il conto. Di più, se Berna non aves se liberato gli gnomi di Zu­rigo dalle dorate catene dei loro segreti, il governo americano avrebbe potu to togliere a Ubs la licenza per operare a Wall Street.

La Svizzera, dunque, sembra piegarsi. Di quan to ancora non si sa. La ban ca e il governo elvetico ri­schiano cause da parte dei clienti. Si parla di alcune migliaia di nomi svelati. Non tutti quelli richiesti, dunque. Ma forse abba stanza per incrinare davve ro il segreto bancario sul l’evasione fiscale. La Sviz zera rinuncia così a una quota di sovranità. Ma di questa rinuncia aveva po sto le basi lasciando cre scere un colosso non più governabile da un piccolo Paese.

Il successo americano potrebbe incoraggiare l’Italia dello scudo fiscale a chiedere all’Europa una politica coerente con tutte le Ubs del mondo. E intan to pretendere dalle ban che che hanno sedi nelle varie Cayman Islands i no mi dei beneficiari dei con ti sospettabili da parte del l’Agenzia delle entrate, pe na il ritiro della licenza bancaria nel Belpaese.

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