martedì 11 agosto 2009

Tormentoni estivi, dai Righeira a Calderoli

Dal sito L'Antefatto
del 11 agosto 2009

di Nanni Delbecchi
(Giornalista)


Sembra che quest’anno manchi all’appello un’immarcescibile tradizione dell’estate italiana; il tormentone musicale da canticchiare sotto l’ombrellone. Ma ne siamo proprio sicuri?

L’esame di dialetto, i posti separati sull’autobus, le gabbie salariali, i cori antinapoletani, il gonfalone della Padania, gli inni regionali… Ma no che il tormentone non manca: ci pensano i cantastorie della Lega coi loro ritornelli a colmare la lacuna. Una volta c’erano i Righeira che cantavano L’estate sta finendo; ora ci sono rimasti Bossi, Calderoli e Salvini a intonare Lo Stato sta finendo. Tutti rispondono, chi indignandosi, chi puntualizzando dottamente e chi ridendoci sopra; ma intanto il ritornello entra nelle orecchie. Così nasce il sospetto che questa strategia del tormentone nasconda una sua logica. Che sia meno folkloristica di quel che può sembrare al primo ascolto. Che folkloristico, più che la Lega, sia il paese che la fa prosperare a vista d’occhio.

Gli urlatori del Carroccio cantano i loro tormentoni; ma che musica c’è altrove? Nell’Italia di mignottopoli il silenzio non è mai stato tanto d’oro. Nell’unico paese europeo in cui la Chiesa lancia anatemi contro la legalizzazione della pillola Ru 486 la figlia di Berlusconi risulta più critica verso la moralità di suo padre del cardinal Bagnasco. Le ideologie sono diventate parolacce; le si pronuncia a bassa voce, con rispetto parlando, come le proposte contro il conflitto di interessi. Nel Partito democratico volano gli stracci per stabilire chi vincerà il jackpot e perderà le prossime elezioni. Poi però basta il “Bu!” di Beppe Grillo a mettere paura, e tutti a nascondersi dietro le sottane del regolamento. Ma Grillo non era l’alfiere dell’antipolitica? Non era l’occasione d’oro per incenerirlo? Ma no: tutti zitti come topi, barricati in casa, aspettando che passi il temporale.

Così, nel silenzio di tomba, si stagliano i gorgheggi dei Righeira leghisti. Basta l’apologia del gagliardetto delle Marche o l’evocazione dell’inno del Friuli, per monopolizzare le prime pagine con ritornelli che peraltro tendono a esaurirsi in 48 ore.

I Righeira veri duravano decisamente di più, d’accordo. Ma erano altri tempi. Qui ormai si vive alla giornata. Quanto basta per arrivare ai titoli del prossimo Tg. La Lega lo ha capito, ci marcia, e soprattutto ci canta, trascinando sempre più in basso il livello del dibattito generale. Chiamali scemi: più si scende, e più giocano in casa.

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