Dal quotidiano La Repubblica
del 2 luglio 2009
ROMA - Una nota secca. Per dire: sulla questione giudici a cena con Berlusconi non tirateci per la giacca. Negli ambienti del Quirinale si rileva che non alcun fondamento istituzionale la richiesta, "relativa alla questione sollevata anche in sede parlamentare, di un intervento del presidente della Repubblica che interferirebbe nella sfera di insindacabile autonomia della Corte Costituzionale". Motivo del contendere una cena a casa del giudice costituzionale Luigi Mazzella, cui hanno partecipato Silvio Berlusconi, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, insieme ad un altro giudice costituzionale, Paolo Maria Napolitano, e al senatore Carlo Vizzini che ha scatenato polemiche feroci sull'opportunità che due giudici dell'Alta Corte si incontrino alla vigilia di una importante decisione sul Lodo Alfano che la Consulta dovrà giudicare a settembre. Il problema dell'inopportunita' di quella cena era stata sollevato da una interrogazione parlamentare di Antonio Di Pietro, leader dell'Idv che aveva chiesto l'intervento di Napolitano. La notizia, invece, era stata data dall'Espresso. Ieri Mazzella era uscito allo scoperto con una lettera, irrituale e dai toni forti, inviata al premier. Una difesa della scelta fatta e un attacco:''Caro Silvio, siamo oggetto di barbarie. A parte il fatto che non era quella la prima volta che venivi a casa mia e che non sara' certo l'ultima fino al momento in cui un nuovo totalitarismo malauguratamente dovesse privarci delle nostre liberta' personali...''.
E' caduto cosi' nel vuoto l'appello del presidente Napolitano a una tregua politica tra maggioranza e opposizione. Anzi, ora lo scontro riguarda addirittura la Corte costituzionale. Le reazioni. "Abbiamo appreso - sostiene Beppe Giulietti, portavoce di Articolo21 - che i giudici della corte costituzionale che hanno partecipato alla cena con Berlusconi e soci sarebbero onorati da un eventuale bis. Per quanto ci riguarda potrebbero anche aprire un ristorante insieme. Naturalmente dopo aver presentato le dimissioni per evitare una possibile anche se non voluta confusione tra il delicato compito di giudice della corte e quello di ristoratore". "Nessuno può impedire di pensare che per un giudice della Corte costituzionale l'invito a cena ad una persona interessato ad un provvedimento su cui dovrà pronunciarsi è quanto mai inopportuno", insiste Pino Sgobio dell'ufficio politico del Pdci.
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