Dal Sito L'Antefatto
del 3 settembre 2009
di Benny Calasanzio
(Giornalista)
«Tremate tremate, le agende rosse sono tornate». Si alza forte il brusio del popolo del web, che pian piano risponde massicciamente all’appello «Resistenza». Dopo quella del 19 luglio in via D’Amelio, un’altra manifestazione con al centro l’agenda rossa «rubata» di Paolo Borsellino è già in cantiere. A darne notizia è Salvatore, fratello del giudice, che da anni si scaglia contro le istituzioni coinvolte nella trattativa stato-mafia che portò alla morte dell’unico ostacolo alla patto: quello stesso Paolo Borsellino che scrisse sulla sua seconda agenda, quella grigia, di aver incontrato Mancino il primo luglio del 1992, il giorno del suo insediamento come ministro dell’Interno e 18 giorni prima di morire. «Lì a mio fratello venne proposta la trattativa con i boss e lui l’avrà rifiutata in maniera schifata. Oltre a Mancino, che continua a negare dando implicitamente del bugiardo a mio fratello, c’era anche Bruno Contrada, che poco prima il pentito interrogato da Paolo, Gaspare Mutolo, aveva additato come colluso con cosa nostra» ha detto Salvatore Borsellino.
Già il 19 luglio scorso, nel budello d’asfalto in cui era stato ucciso nel 1992 il procuratore aggiunto di Palermo assieme agli agenti di scorta Loi, Catalano, Li Muli, Cosina e Traina, l’ingegnere che vive ad Arese ormai da 40 anni era riuscito tramite il web e i social network a richiamare centinaia di persone da tutta Italia per una tre giorni all’insegna non delle lacrime, bensì della «rabbia costruttiva».
Manifestazione, quella del 19 luglio, disertata quasi completamente dalla gente di Palermo, boicottata ormai ufficialmente dalle grandi associazioni antimafia e soprattutto dai media, se si esclude Enrica Maio del Gr Rai e Silvia Resta di La7. Ora Borsellino torna a suonare la carica: il 26 settembre sarà la volta della capitale. Alle 14 il corteo si riunirà in piazza della Repubblica (Esedra) e da lì il corteo concluderà il suo corso in piazza Barberini. La marcia sarebbe dovuta passare dapprima davanti la sede del Consiglio Superiore della Magistratura, per ossimoro ubicata in Piazza Indipendenza, e poi al Quirinale, la sede della presidenza della Repubblica; a causa del protocollo sulla sicurezza che vige sulle manifestazioni romane, al Quirinale si potrà recare solo una delegazione di una cinquantina di persone. «Questa manifestazione è la continuazione ideale di quella che abbiamo fatto il 20 luglio davanti al palazzo di Giustizia di Palermo in sostegno di quei magistrati che, a rischio della propria vita, stanno combattendo per arrivare alla Verità sulle stragi del 92 e del 93.
Non dobbiamo dare tregua agli assassini ed ai loro complici. Mobilitiamoci tutti, ognuno di noi si impegni a far venire quante altre persone può, in una catena che non deve avere fine. Adesso hanno paura e si stanno muovendo, cominciano a muovere le loro pedine, Rutelli, Violante, il Pg di Barcellona Pozzo di Gotto; noi dobbiamo agire più rapidamente di loro, impedire che fermino Sergio Lari, Antonio Ingroia, Nino Di Matteo.
Non lasciamoli soli, impediamo che chiudano la bocca a Massimo Ciancimino, che si muova il CSM, facciamogli capire che dovranno passare sui nostri corpi, che dopo 17 anni non ci lasceremo strappare ancora una volta la verità. Il 19 luglio in via d'Amelio abbiamo fatto scoccare la scintilla, ora è necessario l'incendio» ha spiegato il fratello del giudice che terrà aggiornati i partecipanti tramite il suo sito, www.19luglio1992.com.
del 3 settembre 2009
di Benny Calasanzio
(Giornalista)
«Tremate tremate, le agende rosse sono tornate». Si alza forte il brusio del popolo del web, che pian piano risponde massicciamente all’appello «Resistenza». Dopo quella del 19 luglio in via D’Amelio, un’altra manifestazione con al centro l’agenda rossa «rubata» di Paolo Borsellino è già in cantiere. A darne notizia è Salvatore, fratello del giudice, che da anni si scaglia contro le istituzioni coinvolte nella trattativa stato-mafia che portò alla morte dell’unico ostacolo alla patto: quello stesso Paolo Borsellino che scrisse sulla sua seconda agenda, quella grigia, di aver incontrato Mancino il primo luglio del 1992, il giorno del suo insediamento come ministro dell’Interno e 18 giorni prima di morire. «Lì a mio fratello venne proposta la trattativa con i boss e lui l’avrà rifiutata in maniera schifata. Oltre a Mancino, che continua a negare dando implicitamente del bugiardo a mio fratello, c’era anche Bruno Contrada, che poco prima il pentito interrogato da Paolo, Gaspare Mutolo, aveva additato come colluso con cosa nostra» ha detto Salvatore Borsellino.
Già il 19 luglio scorso, nel budello d’asfalto in cui era stato ucciso nel 1992 il procuratore aggiunto di Palermo assieme agli agenti di scorta Loi, Catalano, Li Muli, Cosina e Traina, l’ingegnere che vive ad Arese ormai da 40 anni era riuscito tramite il web e i social network a richiamare centinaia di persone da tutta Italia per una tre giorni all’insegna non delle lacrime, bensì della «rabbia costruttiva».
Manifestazione, quella del 19 luglio, disertata quasi completamente dalla gente di Palermo, boicottata ormai ufficialmente dalle grandi associazioni antimafia e soprattutto dai media, se si esclude Enrica Maio del Gr Rai e Silvia Resta di La7. Ora Borsellino torna a suonare la carica: il 26 settembre sarà la volta della capitale. Alle 14 il corteo si riunirà in piazza della Repubblica (Esedra) e da lì il corteo concluderà il suo corso in piazza Barberini. La marcia sarebbe dovuta passare dapprima davanti la sede del Consiglio Superiore della Magistratura, per ossimoro ubicata in Piazza Indipendenza, e poi al Quirinale, la sede della presidenza della Repubblica; a causa del protocollo sulla sicurezza che vige sulle manifestazioni romane, al Quirinale si potrà recare solo una delegazione di una cinquantina di persone. «Questa manifestazione è la continuazione ideale di quella che abbiamo fatto il 20 luglio davanti al palazzo di Giustizia di Palermo in sostegno di quei magistrati che, a rischio della propria vita, stanno combattendo per arrivare alla Verità sulle stragi del 92 e del 93.
Non dobbiamo dare tregua agli assassini ed ai loro complici. Mobilitiamoci tutti, ognuno di noi si impegni a far venire quante altre persone può, in una catena che non deve avere fine. Adesso hanno paura e si stanno muovendo, cominciano a muovere le loro pedine, Rutelli, Violante, il Pg di Barcellona Pozzo di Gotto; noi dobbiamo agire più rapidamente di loro, impedire che fermino Sergio Lari, Antonio Ingroia, Nino Di Matteo.
Non lasciamoli soli, impediamo che chiudano la bocca a Massimo Ciancimino, che si muova il CSM, facciamogli capire che dovranno passare sui nostri corpi, che dopo 17 anni non ci lasceremo strappare ancora una volta la verità. Il 19 luglio in via d'Amelio abbiamo fatto scoccare la scintilla, ora è necessario l'incendio» ha spiegato il fratello del giudice che terrà aggiornati i partecipanti tramite il suo sito, www.19luglio1992.com.
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