Dal Quotidiano Antimafia 2000
del 4 settembre 2009
di Gianni Barbaceto
(Giornalista)
Silvio Berlusconi ha perso la pazienza.
Sull'informazione vuole fare piazza pulita e compiere passi decisivi verso la consumazione del suo golpe freddo.
B. ha già dato il via alla campagna d'autunno.
Ha perso la pazienza: altro che rispondere alle domande e chiedere scusa: sferra un attacco forsennato all'informazione, dalla Rai a Repubblica, dall'Unità all'Avvenire. Dopo i risultati elettorali non brillantissimi per lui alle europee e dopo le polemiche sulle escort, non gli bastano più i Mentana, i Giordano, i Riotta. Arrivano i Minzolini, i Feltri, i Signorini. Non gli è più sufficiente avere il controllo di cinque grandi reti su sei, non tollera più neppure la riserva indiana di Raitre, con quel Fabio Fazio, quella Luciana Littizzetto, quell'Enrico Bertolino... E poi basta lasciare inspiegabilmente mano libera, su Raidue, a Michele Santoro e soprattutto a Marco Travaglio. Gli uomini Rai hanno già annusato l'aria e hanno rifiutato persino un trailer, quello del documentario Videocracy. Intanto gli avvocati di Papi Silvio querelano le domande di Repubblica e i servizi dell'Unità.
Ma la furia censoria di B. esce dai confini nazionali e vorrebbe incredibilmente mettere a tacere anche i commissari europei e i loro portavoce, colpevoli di criticare talvolta le scelte del governo italiano: «Se le critiche continueranno», ha minacciato B. a Danzica (dove gli uomini di Stato pensavano alla guerra che ha fermato il nazismo, lui invece alla guerra personale che ha dichiarato alla libera informazione), «bloccheremo i lavori della Commissione europea, e chiederemo le dimissioni dei commissari». Gli risponde il presidente della Commissione José Manuel Barroso, che si dice «molto fiero» del servizio dei portavoce dell'esecutivo europeo, che «gode di tutta la mia fiducia e del mio appoggio». Augusto Minzolini, che aveva già dato ottima prova di sé oscurando le notizie sul caso Noemi e sulle escort, al Tg1 (3 settembre) riesce a riferire le dichiarazioni di Barroso senza spiegare che erano la risposta al suo padrone. È il suo metodo: raccontare le reazioni senza spiegare a che cosa reagiscono, così gli ascoltatori non capiscono niente.
Intanto Vittorio Feltri ha cominciato a sparare dalle pagine del Giornale di famiglia contro i "nemici" di Silvio, confondendo il giornalismo con il killeraggio per il padrone. Con la finezza che lo contraddistingue, ha messo in azione il ventilatore in cui inserisce lettere anonime e strane informative, per punire (colpirne uno per educarne cento) il direttore dell'Avvenire Dino Boffo, colpevole di aver riportato sul suo giornale le critiche del mondo cattolico allo stile di vita del premier e alla politica anti-immigrati del suo governo. Per non restare troppo indietro, Libero diretto da Maurizio Belpietro se la prende a puntate con gli Agnelli (che oggi non fanno paura più a nessuno) per non parlare di altri imprenditori con storie meno archeologiche e più vicine a noi, da Berlusconi ad Angelucci (il padrone di Libero e del Riformista). Poi, per la serie "giornalismo punitivo", si va a sindacare sulla doppia cittadinanza di Carlo De Benedetti, colpevole di essere l'editore di Repubblica, e sull'acquisto della casa di Ezio Mauro, colpevole di esserne il direttore e di osare porre perfino delle domande - pensate! - a Berlusconi.
E adesso c'è chi chiede il "disarmo dei due fronti": come se raccontare notizie vere sul presente del presidente del Consiglio (che continua a mentire, usando alla grande anche il giornale più di regime che c'è: Chi, diretto da Alfonso Signorini) fosse la stessa cosa di far girare il ventilatore per vendetta sul passato dei "nemici" di Papi Silvio. Qualcuno anche a sinistra è disposto ad accettare questo strano "disarmo" che in realtà sarebbe resa e autocensura (Filippo Penati, per esempio, ha già detto: basta parlare della vita privata di B: come se le sue menzogne a proposito non fossero una questione squisitamente politica!). E Travaglio? La Rai berlusconizzata vuole contrapporgli, ad Annozero, un «commentatore di destra». Ma Travaglio è un "commentatore di sinistra"? Oppure è uno che racconta fatti che riguardano destra e sinistra e che in tv nessuno dice? E soprattutto: che follia è quella che, non curandosi di raccontare i fatti, riduce il pluralismo dell'informazione alla contrapposizione tra le opinioni?
del 4 settembre 2009
di Gianni Barbaceto
(Giornalista)
Silvio Berlusconi ha perso la pazienza.
Sull'informazione vuole fare piazza pulita e compiere passi decisivi verso la consumazione del suo golpe freddo.
B. ha già dato il via alla campagna d'autunno.
Ha perso la pazienza: altro che rispondere alle domande e chiedere scusa: sferra un attacco forsennato all'informazione, dalla Rai a Repubblica, dall'Unità all'Avvenire. Dopo i risultati elettorali non brillantissimi per lui alle europee e dopo le polemiche sulle escort, non gli bastano più i Mentana, i Giordano, i Riotta. Arrivano i Minzolini, i Feltri, i Signorini. Non gli è più sufficiente avere il controllo di cinque grandi reti su sei, non tollera più neppure la riserva indiana di Raitre, con quel Fabio Fazio, quella Luciana Littizzetto, quell'Enrico Bertolino... E poi basta lasciare inspiegabilmente mano libera, su Raidue, a Michele Santoro e soprattutto a Marco Travaglio. Gli uomini Rai hanno già annusato l'aria e hanno rifiutato persino un trailer, quello del documentario Videocracy. Intanto gli avvocati di Papi Silvio querelano le domande di Repubblica e i servizi dell'Unità.
Ma la furia censoria di B. esce dai confini nazionali e vorrebbe incredibilmente mettere a tacere anche i commissari europei e i loro portavoce, colpevoli di criticare talvolta le scelte del governo italiano: «Se le critiche continueranno», ha minacciato B. a Danzica (dove gli uomini di Stato pensavano alla guerra che ha fermato il nazismo, lui invece alla guerra personale che ha dichiarato alla libera informazione), «bloccheremo i lavori della Commissione europea, e chiederemo le dimissioni dei commissari». Gli risponde il presidente della Commissione José Manuel Barroso, che si dice «molto fiero» del servizio dei portavoce dell'esecutivo europeo, che «gode di tutta la mia fiducia e del mio appoggio». Augusto Minzolini, che aveva già dato ottima prova di sé oscurando le notizie sul caso Noemi e sulle escort, al Tg1 (3 settembre) riesce a riferire le dichiarazioni di Barroso senza spiegare che erano la risposta al suo padrone. È il suo metodo: raccontare le reazioni senza spiegare a che cosa reagiscono, così gli ascoltatori non capiscono niente.
Intanto Vittorio Feltri ha cominciato a sparare dalle pagine del Giornale di famiglia contro i "nemici" di Silvio, confondendo il giornalismo con il killeraggio per il padrone. Con la finezza che lo contraddistingue, ha messo in azione il ventilatore in cui inserisce lettere anonime e strane informative, per punire (colpirne uno per educarne cento) il direttore dell'Avvenire Dino Boffo, colpevole di aver riportato sul suo giornale le critiche del mondo cattolico allo stile di vita del premier e alla politica anti-immigrati del suo governo. Per non restare troppo indietro, Libero diretto da Maurizio Belpietro se la prende a puntate con gli Agnelli (che oggi non fanno paura più a nessuno) per non parlare di altri imprenditori con storie meno archeologiche e più vicine a noi, da Berlusconi ad Angelucci (il padrone di Libero e del Riformista). Poi, per la serie "giornalismo punitivo", si va a sindacare sulla doppia cittadinanza di Carlo De Benedetti, colpevole di essere l'editore di Repubblica, e sull'acquisto della casa di Ezio Mauro, colpevole di esserne il direttore e di osare porre perfino delle domande - pensate! - a Berlusconi.
E adesso c'è chi chiede il "disarmo dei due fronti": come se raccontare notizie vere sul presente del presidente del Consiglio (che continua a mentire, usando alla grande anche il giornale più di regime che c'è: Chi, diretto da Alfonso Signorini) fosse la stessa cosa di far girare il ventilatore per vendetta sul passato dei "nemici" di Papi Silvio. Qualcuno anche a sinistra è disposto ad accettare questo strano "disarmo" che in realtà sarebbe resa e autocensura (Filippo Penati, per esempio, ha già detto: basta parlare della vita privata di B: come se le sue menzogne a proposito non fossero una questione squisitamente politica!). E Travaglio? La Rai berlusconizzata vuole contrapporgli, ad Annozero, un «commentatore di destra». Ma Travaglio è un "commentatore di sinistra"? Oppure è uno che racconta fatti che riguardano destra e sinistra e che in tv nessuno dice? E soprattutto: che follia è quella che, non curandosi di raccontare i fatti, riduce il pluralismo dell'informazione alla contrapposizione tra le opinioni?
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