martedì 24 novembre 2009

Beni di mafia, ricatto agli ex-An «Quei soldi servono al governo»

Dal Quotidiano L'Unità
del 24 novembre 2009

di Maria Zegarelli
(Giornalista)


No, non è solo «normale dialettica» interna. E non è vero che non c’è nulla di preoccupante, come invece afferma il premier. Lo strapotere di Giulio Tremonti, il centralismo esasperato di Silvio Berlusconi, come fosse l’unico fondatore del Pdl, «l’assoluta mancanza di confronto interno», come lamentano molti ex An, sono mine pronte ad esplodere. «Non mi sembra che vada tutto bene. Berlusconi pensa che nessuno osi contraddirlo visto che le decisioni le prende lui. Ma su temi come la mafia se ci sono provvedimenti che non vanno bene saremo in diversi a dire come la pensiamo», commenta Angela Napoli, ex An. Oggi, per dirne una, presenterà in commissione Giustizia un emendamento soppressivo della norma che nella Finanziaria (comma 47 dell’articolo 2) prevede la vendita all’asta dei beni confiscati alla criminalità organizzata se non verranno assegnati entro 90 giorni. «A parole dicono tutti di voler combattere la mafia, ma nei fatti le cose stanno diversamente. La dimostrazione è nell’atteggiamento che ha la maggioranza del Pdl davanti a questo emendamento: non toccare neanche una virgola della Finanziaria». Napoli presenterà il suo emendamento, ma senza copertura finanziaria, «perché mi sono resa conto che è anche inutile chiederla». Ieri dalle pagine de La Stampa, un finiano doc come Fabio Granata ha lanciato un altro affondo: «C’è una gran voglia di delegittimare la mafia. Liberare l’Italia dalle mafie dovrebbe rappresentare il primo punto all’ordine del giorno dell’azione di qualsiasi governo».

Invece il governo si arrovella sul caso Cosentino, non ha sciolto il comune di Fondi per infiltrazioni mafiose, punta al processo breve e piazza l’emendamento della discordia che il Senato vota. «È vero che lo ha presentato il senatore Saia - dice Napoli - ma lo ha fatto su mandato del governo, di Tremonti». Eccolo, l’altro nodo: gli ex An non ci stanno a vedere evaporare una parte così importante della storia, del loro Dna. La legalità, la lotta alla mafia. Fini e i finiani si sentono considerati come «eretici». Sentono che il dibattito sulla giustizia si gioca su un falso piano: tutto passa attraverso gli interessi del premier, bisogna «sostenere la tesi dei giudici complottisti». E così finisce, dice Granata, «che il problema è Saviano e non Cosentino». «La parola d’ordine in casa nostra - confessa un ex Fi - è di non cambiare un virgola della Finanziaria. Non ci sono soldi, quell’emendamento serve a far cassa e contiene misure che impediscono che siano dei prestanome a farsi avanti per l’acquisto». Tesi debole che, Alfredo Mantovano a parte, in pochi difendono. Il fatto è che se la Finanziaria non si blinda nessuno può escludere l’implosione della maggioranza. E questo non se lo possono permettere. Intanto gli Enti locali hanno messo in atto una vera e propria rivolta approvando ordini del giorno per chiedere al Governo di ritirare la norma. La pressione è forte, gli ex An se la sentono addosso, ma la logica della maggioranza potrebbe avere la meglio su tutto. Granata prova ad aprire: «Sono per la soppressione di quell’emendamento perché per colpire la mafia è necessario colpire i loro beni. E il fatto di restituirli alla società è un atto simbolico fondamentale. Ma sono pronto a discutere della possibilità di vendere una parte di quei beni che non abbiano alcun valore simbolico, come molti appartamenti al Nord». È su questa linea che stanno cercando di assestarsi: modificare l’emendamento «mettendo paletti per impedire che siano i prestanome delle cosche a riappropriarsi dei beni», come propone per esempio Antonino Lopresti, autore della legge 512/99 con la quale si regola la rotazione del fondo per le vittime della mafia.

«Per affrontare questo argomento ci vuole grande razionalità: se la norma non si può sopprimere per motivi politici troviamo un’altra strada. I margini per una intesa ci sono». Lopresti «mai e poi mai» voterebbe con l’opposizione: se dovesse fallire l’ipotesi della modifica, voterebbe la norma cosi come è, obtorto collo, «ma proporrei subito un ordine del giorno che impegni il governo per interventi correttivi successivi, uno potrebbe essere quello di destinare le risorse ricavate alla Sicilia, terra massacrata dalla mafia». Se lui non voterebbe mai con l’opposizione, nel Pdl c’è chi è pronto a farlo. Beppe Pisanu al Senato, per esempio, ha votato contro, ma come presidente della Commissione Antimafia adesso prende tempo: Laura Garavini, capogruppo Pd in commissione ha chiesto che della questione si parli in seduta plenaria. Finora niente. Pisanu avrebbe girato la questione ai suoi ma gli sarebbe arrivata una risposta scritta che non lascia margini. Carmelo Briguglio vuole una riflessione interna: «Chiederò al nostro capogruppo, Fabrizio Cicchitto, di convocare una riunione di tutti i deputati Pdl perché la materia è importante, possiamo trovare una soluzione diversa».

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