Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 28 ottobre 2009
di Beatrice Borromeo
(Giornalista)
In questi giorni la campagna di Radio Radicale per evitare la chiusura (scade la convenzione ministeriale) ha riaperto il dibattito sui finanziamenti pubblici all'editoria. Sono stati recentemente resi noti i dati dei contributi erogati nel 2008 in riferimento al 2007: si tratta di 200 milioni 776 mila euro. Sono 32 le testate che hanno ricevuto più di 2 milioni e mezzo di euro di finanziamento. Il Fatto Quotidiano, ha volontariamente rinunciato a questi finanziamenti. Il professor Marco Gambaro, esperto di media e comunicazione dell'università Statale di Milano dice: “Complimenti, scelta coraggiosa. Questi finanziamenti sono uno spreco di soldi pubblici”. E aggiunge: “É una scelta solamente politica che serve a far sopravvivere giornali che non vendono”.
Oggi gli aiuti a un organo di stampa vengono concessi con queste regole: ne beneficiano le testate espressione di partiti e movimenti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare (spesso costituito con l’unico scopo di ottenere i fninanziamenti) in una delle camere o nel parlamento europeo, i quotidiani editi da cooperative giornalistiche o la cui maggioranza sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali. Attingono ai contributi anche le imprese radiofoniche o televisive, sempre a patto che siano organi di partito politico. “Oggi si finanzia in base alle copie che il giornale tira - continua il professor Gambaro - non di quelle che vende. Il risultato è che ne vengono stampate tantissime e ci sono ogni giorno rese enormi. Questo sistema è completamente sbagliato : è ingiusto e soprattutto non efficiente. I giornali che vendono due o tremila copie non hanno senso di esistere”. É vero però, ribattono gli interessati, che da molti piccoli giornali arriva un contributo al dibattito italiano. Da l’“Unità” al “Foglio”, dalla “Padania” all’ “Avvenire”. É una ragione valida per salvarli? “Il loro peso nel dibattito – risponde il professore - in realtà è minimo. Sono giornali che non hanno mai delle esclusive, o delle notizie importanti”. Il professor Gambaro suggerisce una possibile alternativa al modello attuale: “Io credo nel mercato, bisogna lasciar morire chi non vende abbastanza copie per sostenersi. Per il dibattito delle idee c’è un’alternativa economia alla portata di tutti. Internet può dare spazio ai diversi punti di vista riducendo quasi a a zero i costi: si guardi al’esperienza del sito di economisti lavoce.info, è autorevole e influente e costa poco”.
Nella classifica dei giornali finanziati dallo Stato ci sono testate come “Linea”, “Cronacaqui.it ”, “Il Globo” e addirittura “Sportsman, cavalli e corse”. Quest'ultimo si aggiudica 2 milioni 530mila euro all'anno. E anche altri ottengono cifre analoghe. Se li si vuole comprare in edicola però, non è facile trovarli. "Il Globo - spiega Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale e storico conduttore della rassegna mattutina “Stampa e regime” - era una gloriosa testata economica, molti anni fa . Oggi sinceramente non ho idea di cosa sia diventato. Con questi finanziamenti si generano anche situazioni decisamente imbarazzanti: perché viene sostenuta, per esempio, la Gazzetta di Forlì ma non quella di Cesena? Tutto questo sarebbe ridicolo se le cifre non fossero così ingenti”. Anche Bordin si schiera contro i finanziamenti pubblici, ricordando che Radio Radicale aveva promosso un referendum per abolirli: “I finanziamenti sono indecorosi. Ma allo spreco di denaro pubblico, dopotutto, siamo abituati. Il vero scandalo è che vengano finanziati i partiti”. É anche vero, come ricorda il giornalista, che la stessa Radio Radicale usufruisce dei soldi pubblici: “La differenza sta nel fatto che noi possiamo documentare la destinazione del denaro fino all'ultimo centesimo. Non facciamo una ‘distrazione’ di fondi, come molti altri: le truffe sono continue. Leggendario rimane l'esempio del quotidiano 'il Campanile' dell'Udeur, il partito di Clemente Mastella. Prendevano moltissimi soldi in base a tirature tutte da dimostrare. Oppure un giornale che si chiama “La voce repubblicana”: neanche l'edicolante sa che cosa sia”.
del 28 ottobre 2009
di Beatrice Borromeo
(Giornalista)
In questi giorni la campagna di Radio Radicale per evitare la chiusura (scade la convenzione ministeriale) ha riaperto il dibattito sui finanziamenti pubblici all'editoria. Sono stati recentemente resi noti i dati dei contributi erogati nel 2008 in riferimento al 2007: si tratta di 200 milioni 776 mila euro. Sono 32 le testate che hanno ricevuto più di 2 milioni e mezzo di euro di finanziamento. Il Fatto Quotidiano, ha volontariamente rinunciato a questi finanziamenti. Il professor Marco Gambaro, esperto di media e comunicazione dell'università Statale di Milano dice: “Complimenti, scelta coraggiosa. Questi finanziamenti sono uno spreco di soldi pubblici”. E aggiunge: “É una scelta solamente politica che serve a far sopravvivere giornali che non vendono”.
Oggi gli aiuti a un organo di stampa vengono concessi con queste regole: ne beneficiano le testate espressione di partiti e movimenti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare (spesso costituito con l’unico scopo di ottenere i fninanziamenti) in una delle camere o nel parlamento europeo, i quotidiani editi da cooperative giornalistiche o la cui maggioranza sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali. Attingono ai contributi anche le imprese radiofoniche o televisive, sempre a patto che siano organi di partito politico. “Oggi si finanzia in base alle copie che il giornale tira - continua il professor Gambaro - non di quelle che vende. Il risultato è che ne vengono stampate tantissime e ci sono ogni giorno rese enormi. Questo sistema è completamente sbagliato : è ingiusto e soprattutto non efficiente. I giornali che vendono due o tremila copie non hanno senso di esistere”. É vero però, ribattono gli interessati, che da molti piccoli giornali arriva un contributo al dibattito italiano. Da l’“Unità” al “Foglio”, dalla “Padania” all’ “Avvenire”. É una ragione valida per salvarli? “Il loro peso nel dibattito – risponde il professore - in realtà è minimo. Sono giornali che non hanno mai delle esclusive, o delle notizie importanti”. Il professor Gambaro suggerisce una possibile alternativa al modello attuale: “Io credo nel mercato, bisogna lasciar morire chi non vende abbastanza copie per sostenersi. Per il dibattito delle idee c’è un’alternativa economia alla portata di tutti. Internet può dare spazio ai diversi punti di vista riducendo quasi a a zero i costi: si guardi al’esperienza del sito di economisti lavoce.info, è autorevole e influente e costa poco”.
Nella classifica dei giornali finanziati dallo Stato ci sono testate come “Linea”, “Cronacaqui.it ”, “Il Globo” e addirittura “Sportsman, cavalli e corse”. Quest'ultimo si aggiudica 2 milioni 530mila euro all'anno. E anche altri ottengono cifre analoghe. Se li si vuole comprare in edicola però, non è facile trovarli. "Il Globo - spiega Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale e storico conduttore della rassegna mattutina “Stampa e regime” - era una gloriosa testata economica, molti anni fa . Oggi sinceramente non ho idea di cosa sia diventato. Con questi finanziamenti si generano anche situazioni decisamente imbarazzanti: perché viene sostenuta, per esempio, la Gazzetta di Forlì ma non quella di Cesena? Tutto questo sarebbe ridicolo se le cifre non fossero così ingenti”. Anche Bordin si schiera contro i finanziamenti pubblici, ricordando che Radio Radicale aveva promosso un referendum per abolirli: “I finanziamenti sono indecorosi. Ma allo spreco di denaro pubblico, dopotutto, siamo abituati. Il vero scandalo è che vengano finanziati i partiti”. É anche vero, come ricorda il giornalista, che la stessa Radio Radicale usufruisce dei soldi pubblici: “La differenza sta nel fatto che noi possiamo documentare la destinazione del denaro fino all'ultimo centesimo. Non facciamo una ‘distrazione’ di fondi, come molti altri: le truffe sono continue. Leggendario rimane l'esempio del quotidiano 'il Campanile' dell'Udeur, il partito di Clemente Mastella. Prendevano moltissimi soldi in base a tirature tutte da dimostrare. Oppure un giornale che si chiama “La voce repubblicana”: neanche l'edicolante sa che cosa sia”.
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