sabato 7 novembre 2009

B. ha paura che il Pdl non ci sia più

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 7 novembre 2009

di Sara Nicoli
(Giornalista)


Lo ha capito anche lui, il Capo. Così “non si può più andare avanti”. Il Pdl è ormai franato sotto i suoi piedi e le questioni della giustizia hanno definitivamente rotto il rapporto con Fini che ha rispedito al mittente tutte le diavolerie studiate da Ghedini per metterlo al riparo dai processi. Tira aria pesante tra i banchi del governo e le allegre stanze di palazzo Grazioli. Quel patto che solo qualche settimana fa sembrava aver rinsaldato l’antica complicità tra B. e F., siglato nel salone di casa Letta, all’ombra dei pini della Camilluccia, è andato rumorosamente in frantumi facendo ritornare sul tavolo l’idea di elezioni anticipate. Il premier è furibondo. Le prossime mosse sul governo, tanto per dirne una, le ha decise con i suoi e con Vittorio Feltri. Che non a caso ha poi fatto partire un potente siluro contro Fini: “E’ l’ora di uscire dall’ambiguità”. Il distillato del Berlusconi pensiero, in queste ore, è riassumibile in una formula: un predellino due ed elezioni anticipate. “Mi devo liberare una volta per tutte di queste zavorre”. Fini gli rema contro. Persino su Letta. Non vede affatto la necessità di una sua nomina a vicepremier cosa che, invece, è assolutamente impellente per B. “Gianni è l’unico di cui mi posso fidare, deve guardarmi le spalle”. Dai magistrati e subito dopo sempre da lui, il “compagno” Fini. Il Pdl non c'è più. Ma a Berlusconi ora preme la riforma della giustizia. E chi ci sta ci sta e che nessuno parli di trovare accordi con il Pd. Quello mai. I fantasmi che turbano i sogni del Cavaliere, però, non sono solo quelli con la toga addosso. C’è anche - e soprattutto - quello che vede formarsi in parlamento una maggioranza diversa intorno ad un altro leader, casomai proprio a Fini se non Tremonti. Per questo da settimane ormai i suoi più fedeli sherpa stanno facendo i conti per blindare intorno a lui una maggioranza che non solo lo metta al riparo dagli scherzi ma lo segua comunque, ciecamente. Fini, si dice, controlla da solo cinquanta parlamentari, ma gli azzurri pensano anche meno. “Eppoi - si sostiene nell’ex quartier generale di Forza Italia - secondo i nostri calcoli, se Fini dovesse andare alle urne da solo non arriverebbe al 4%”. E siamo già a fare i conti su tavoli separati. Come se il Pdl davvero non ci fosse più. E loro lo sanno perfettamente.

L’EX DI AN “NOI SIAMO DIVERSI”
Se fosse dipeso da lui il Pdl non sarebbe mai nato. "Perchè noi siamo diversi da quelli lì.. - indica due ex Forza Italia seduti su un divano rosso lacca del Transatlantico - abbiamo il senso della politica, perchè avevamo un partito, e anche il senso dello Stato. Non dovrei dirlo, ma la convivenza con alcuni di loro è davvero pesante e molti di noi non hanno rinunciato all'idea di tornare indietro...". Certo, a guardare quello che fa Fini, questo intento sembra abbastanza palese..."Non bisogna dirlo forte - sorride- ma è chiaro che la strategia di logoramento il mio capo, Fini ca va sanz dire, la sa fare proprio bene. Lo ammetto, ci godo proprio quando vedo che fa quelle aperture all'opposizione sulle riforme, il suo silenzio sull'Irap, lo stop al ddl sulla par condicio e poi la giustizia..roba forte! E' chiaro che succederà qualcosa, ma il progetto politico del Pdl sta svelando tutti i limiti che noi già prima avevamo evidenziato e non siamo stati ascoltati; qui c'è solo un monarca che comanda a bacchetta alcuni famigli e la politica è stata espulsa violentemente per far posto ad una strategia mirata a fargli salvare le penne...noi non siamo così, la nostra storia parla ancora chiaro e non vogliamo rinunciare in alcun modo alla nostra dignità. Ma presto succederà qualcosa, vedrà, perchè così non si può andare avanti in alcun modo".

“VUOLE SOLO OBBEDIENZA” L’uomo di Berlusconi
La voce è quella di un potente berlusconiano doc di stanza in Vigilanza Rai che cammina a due passi dalla Camera, dove anche oggi non andrà. "E' chiusa, è vero, ma anche quando è aperta il senso di inutilità e tale che il lavoro di parlamentare diventa mortificante. Se non ci fosse la Commissione...". Ma questo, ormai, non è neppure più una notizia. "E' inutile che ci prendiamo in giro - sbotta incurante dei passanti che osservano incuriositi- i problemi sul tappeto sono tanti, ma il Capo ha la testa in Procura. E checchè se ne dica ufficialmente, lui non ha affatto rinunciato al blitz parlamentare sulla prescrizione, da inserire nella riforma del processo penale. Ad Alfano ha chiesto di tranquillizzare gli alleati. A Ghedini la messa a punto del blitz. Non c'è niente da fare: vuole ammazzare , in un colpo, il processo Mills e quello Mediaset". E quindi? "E quindi siamo appesi ai cavoli suoi!". Ma come, parlare così di chi vi ha miracolato con un posto in Parlamento..."Guardi - stavolta il tono è poco più di un sussurro - bisogna stare molto attenti perchè l'unico valore che riconosce lui è l'obbedienza e chi si permette di contraddirlo è fuori in un attimo. Ma che resti tra di noi, ne abbiamo piene le scatole dei cavolacci suoi. Quando torno a casa mia la gente mi accusa di rubare lo stipendio, ma che ci possiamo fare se lui ragiona solo per decreto? Ha voluto fare il Pdl per comandare solo lui, ma gli sta scoppiando tutto in mano. E non si può neppure dirlo perchè, altrimenti sei fuori!".


“CAV. APPESO A NOI” Il leghista
“Il legame tra Bossi e il governo è solido - si aggiusta la cravatta verde il senatore del nord - ma intendiamoci: ci sono problemi sui quali non possiamo transigere. La questione della sicurezza, per esempio, è per noi inderogabile". Il Cavaliere sta in piedi finchè la Lega lo sorregge, lo sanno tutti, ma quanto durerà ancora? L'esponente leghista assume l'espressione di chi la sa lunga: "Lo sappiamo benissimo, ma anche noi, come lei sa, abbiamo i nostri problemucci". Che di nome fanno Giulio e di cognome Tremonti, vero? Scuote la testa: "Non solo, c'è anche un problema Maroni, se proprio la vogliamo dire tutta, che tra l'altro mal sopporta l'ambiguità proprio di Tremonti che sarà pure l'uomo del Pdl più vicino a Bossi, ma non è della Lega. E poi la storica rivalità tra Calderoli e Maroni...insomma, non sono questioni facili da gestire". Ma con Berlusconi tutto ok? "Affatto - ci stupisce cambiando radicalmente atteggiamento - tutto è appeso al filo del federalismo, ma prima c'è da risolvere la questione delle candidature regionali. So che Berlusconi sta facendo di tutto per rinsaldare il patto di ferro con Bossi e se non si riuscirà a portare un leghista in Lombardia al posto di Formigoni, di certo non ci lasceremo sfuggire il comune di Milano. E questo lo devono avere chiaro nel Pdl; noi non siamo un partito azienda, noi non rispondiamo a Berlusconi. Questa è la nostra forza e la loro grande debolezza".

Nessun commento:

Posta un commento