del 21 novembre 2009
di Francesco Viviano
(Giornalista)
PALERMO - I boss di Cosa Nostra avrebbero avuto un rapporto "diretto" con Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. Non ci sarebbero stati "mediatori" nel patto che sarebbe stato stretto tra la mafia ed i leader del nascente partito di Forza Italia per fare cessare le stragi iniziate nel '92 e continuate nel '93 con gli attentati di Firenze, Roma e Milano.
Ad affermarlo è l'ultimo pentito di mafia, Gaspare Spatuzza, i cui verbali con le dichiarazioni rese nell'estate scorsa ai magistrati di Firenze sono stati depositati ieri nel processo d'appello a carico del senatore Marcello Dell'Utri, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa.
L'interrogatorio è del 18 giugno. È lì che Spatuzza racconta ai magistrati fiorentini di avere appreso direttamente dal boss Giuseppe Graviano, nel gennaio del '94 al bar Doney di via Veneto a Roma, che si erano messi "il paese nelle mani" perché - secondo quanto si legge nei verbali - avevano raggiunto un accordo con Dell'Utri e Berlusconi.
Spatuzza dice ai pm Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi della Dda di Firenze: "Ritengo di poter escludere categoricamente, conoscendoli assai bene (i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano ndr) che i Graviano si siano mossi nei confronti di Berlusconi e Dell'Utri attraverso altre persone. Non prendo in considerazione la possibilità che Graviano abbia stretto un patto politico con costoro senza averci parlato personalmente".
Spatuzza era il braccio destro dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano (entrambi in carcere con ergastoli per stragi e omicidi tra i quali quello del sacerdote Don Pino Puglisi e del figlioletto del pentito Di Matteo). Quando Giuseppe Graviano gli rivelò il "patto" che sarebbe stato stretto con Berlusconi, si trovava a Roma per preparare il fallito attentato allo Stadio Olimpico per uccidere decine di carabinieri.
Il pentito parla quindi dall'alto dei suoi rapporti privilegiati con i boss e ai pm fiorentini aggiunge: "Non posso sapere quale fosse il proposito che Berlusconi e Dell'Utri avessero in mente stringendo questo patto. La mia esperienza di queste vicende, ma è una mia deduzione, è che costoro (Berlusconi e Dell'Utri ndr) che in primo momento hanno fatto fare le stragi a Cosa Nostra, si volevano poi accreditare all'esterno come coloro che erano stati in grado di farle cessare. E quando poi li vedo scendere in politica, partecipando alle elezioni e vincendole, capisco che sono loro direttamente quelli su cui noi (Cosa Nostra-ndr) abbiamo puntato tutto".
Spatuzza racconta nei dettagli il colloquio avuto con il boss Giuseppe Graviano quando si incontrarono a Roma per la preparazione dell'attentato allo stadio Olimpico. In quell'occasione il boss gli parlò dell'intesa che a suo dire era stata raggiunta con Berlusconi: "Graviano era euforico e gioioso, sprizzava felicità, normalmente era una persona abbastanza controllata, quindi era difficilissimo che si lasciasse andare in quel modo, le sue parole sono state le seguenti: 'tutto si è chiuso bene, abbiamo ottenuto quello che cercavamo, le persone che hanno portato avanti la cosa non sono come quei quattro crasti (montoni-ndr) dei socialisti che prima ci hanno chiesto i voti e poi ci hanno venduti. Si tratta di persone affidabili'. A quel punto mi fa il nome di Berlusconi e mi conferma che si tratta di quello di Canale 5. Poi mi dice che c'è anche un paesano nostro e mi fa il nome di Dell'Utri e aggiunge che grazie alla serietà di queste persone "ci siamo messi il paese nelle mani'".
Queste dichiarazioni sono entrate nel processo a Palermo a Dell'Utri. Il pentito Spatuzza probabilmente il 4 dicembre prossimo nell'udienza fissata a Torino per il suo interrogatorio, potrà spiegare meglio all'accusa ed alla difesa il significato di queste pesanti affermazioni riguardanti Berlusconi e Dell'Utri.
Agli atti del processo sono finiti anche i confronti tra lo stesso Spatuzza ed i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano avvenuti rispettivamente il 20 agosto ed il 14 settembre. Confronti interessanti che possono contenere anche dei messaggi che gli inquirenti stanno tentando di decifrare perché nella storia di Cosa Nostra non s'è mai visto che i boss trattino un pentito come se fosse un amico. Giuseppe Graviano, che si è rifiutato di rispondere nel confronto, ha però detto in una recente udienza pubblica di "rispettarlo".
Filippo Graviano ha invece accettato il confronto confessando di avere avuto intenzione di "dissociarsi" da Cosa Nostra nei primi anni del 2000 quando l'allora procuratore nazionale, Pierlugi Vigna, aveva avviato una serie di colloqui investigativi, negando però di avere mai detto a Spatuzza che "se non arriva niente da dove deve arrivare - avrebbe detto Graviano riferendosi ai politici - anche noi cominciamo a parlare con i magistrati". Segno che, secondo Spatuzza la "trattativa" era ancora aperta. Ma nel confronto con Filippo Graviano, Spatuzza lo scagiona da pesantissime accuse, sostenendo di non avere mai ricevuto dal boss ordini per commettere omicidi e stragi invitandolo però a collaborare.
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