venerdì 13 novembre 2009

La breve vita della pecora Dolly: riflessioni a prima lettura sull'impatto del "processo breve" nel settore civile.

Dal Blog Uguale per Tutti
del 12 novembre 2009


E', da poche ore, conoscibile il testo del disegno di legge sul cd. “processo breve”.

Viene presentato come indifferibile rimedio al problema della lunga durata dei processi che determina numerose condanne dell'Italia in sede europea provocando spreco di denaro pubblico.

Può dirsi, a primissima lettura, che la logica è differenziata tra la materia penale e quella civile.

Il superamento dei due anni per ciascun grado di giudizio determina l'improcedibilità in sede penale, una sorta di “tana libera tutti”. Questo si sapeva, ed è l'aspetto più banale e scontato che non suscita alcuna sorpresa.

Di maggiore interesse è l'impatto di questo disegno di legge nella materia civile.


E' allora opportuno conoscere alcuni numeri “fissi” del processo civile, vale a dire immodificabili perché direttamente stabiliti dalla legge e non suscettibili di riduzione.

80 giorni spettano di diritto alle parti per la loro difesa dopo la prima udienza di comparizione.

30 giorni al giudice per decidere sulle questioni poste e stabilire il programma del processo.

80 giorni spettano alle parti nella fase conclusiva per rassegnare le loro richieste definitive.

30 (o 60 giorni nei giudizi collegiali) spettano al giudice per redigere la sentenza.


Il totale di 220 ( o 250) giorni è il tempo che va sottratto dalla durata di ogni processo, come se fosse una “tara”, notoriamente esclusa dal computo del peso di qualsiasi merce.

Due anni è il tempo massimo previsto per la durata del processo civile, oltre il quale scatta il diritto all'indennizzo per le parti: tolta la tara, esso si riduce a 510 (0 480) giorni.

La situazione della grandissima maggioranza dei ruoli dei giudici civili (anche di quelli più operosi) è tale che nessuna causa si definisce in quel ristretto arco temporale; basti considerare che la sola udienza denominata di “precisazione delle conclusioni”, cioè l'ultima, viene fissata anche a due anni di distanza dalla precedente.

Il Ministro della Giustizia, e quindi il Governo, conosce benissimo questi dati. Evidentemente i promotori del disegno di legge non hanno consultato il Governo ed ignorano che se la loro proposta venisse approvata, il giorno dopo lo Stato sarebbe chiamato in causa da milioni di cittadini che pretendono l'indennizzo stabilito dalla legge.

Con lusinghieri risultati:

le Corti d'Appello saranno subissate di cause “dolly” (sì, come la pecora!), perché ogni causa che dura da più di due anni (e sono in numero enorme) ne genererà almeno altre due per la richiesta di indennizzo;

i numeri del contenzioso civile, quindi, triplicheranno in poche settimane ed anche i tempi dei processi aumenteranno a dismisura;

le Corti d'Appello non riusciranno a definire in due anni neppure le cause di indennizzo, così partorendone di ulteriori con lo stesso oggetto;

lo Stato dichiarerà bancarotta perché non ha i soldi per pagare gli indennizzi.


Però, vuoi mettere che figurone dinanzi all'Europa!

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