lunedì 27 luglio 2009

Vagoni fantasma, l'uomo-chiave accusa "Scaricato da Ferrovie, dicevo troppi no"

Dal Quotidiano La Repubblica
del 27 luglio 2009

di Carlo Bonini
(Giornalista)



ROMA - "Della manutenzione dei treni so molte cose e so perché i vertici delle Ferrovie mi hanno scaricato". L'ingegnere Raffaele Arena è una delle figure chiave dell'inchiesta sulle false rottamazioni dei carri merci delle Fs. Già responsabile della manutenzione di carri merci e motrici e quindi dei vagoni passeggeri, licenziato dall'azienda in cui era rimasto per 18 anni nel febbraio del 2007, dopo un audit interno che accertò la violazione del codice etico della dirigenza (un suo cugino era titolare di una società di manutenzione), Arena, oggi, è indagato dalla Procura di Napoli per abuso di ufficio. La Finanza, un anno fa, ha perquisito la sua abitazione e gli uffici della srl con sede a Nola che ha fondato - la AMG - di cui è dirigente e con cui è rimasto nel business della manutenzione dei carri merci ("Lavoriamo solo con l'estero. La Svizzera, soprattutto"). Dice Arena: "In questa storia, ho fatto la fine di Don Chisciotte".

A leggere l'audit delle Ferrovie, si direbbe il contrario. A quanto pare, negli anni in cui lei è stato responsabile della manutenzione i carri destinati alla rottamazione tornavano sui binari con matricole abrase e nuovi proprietari. Secondo l'inchiesta della Procura di Napoli, parliamo di almeno 4 mila carri.
"Premesso che io posso giurare solo sul lavoro che ho fatto e dunque non metto la mano sul fuoco per il lavoro di altri, posso dire serenamente che quell'audit fu un pretesto per liberarsi di un uomo, il sottoscritto, che ormai dava fastidio e aveva detto qualche "no" di troppo. Vede, io di rottamazione, durante la mia dirigenza, ne curai una sola. Parliamo di circa 1.500 carri. E so per certo che quei carri vennero rottamati davvero, per altro da ditte diverse da quelle che si occupavano di manutenzione".

E' sicuro che quei 1500 carri furono rottamati?
"Ho conservato documenti che lo dimostrano. L'unica procedura particolare che autorizzai fu quella di concedere alle ditte incaricate della distruzione di segare le "sale montate" (il complesso costituito dall'assile e le ruote del carro ndr.) non al centro, ma in modo asimmetrico, così che parte delle "sale" potessero essere recuperate non per usi rotabili, ma industriali, vista la particolare qualità delle lega di cui sono composte".

Lei dice che l'audit fu un "pretesto". Ma è vero o no che la ditta di manutenzione "Mavis srl." era di suo cugino e che quella ditta partecipò a gare da lei bandite?
"Glielo confermo. La "Mavis" era di mio cugino Carmine D'Elia. Mentre è falso che esistessero legami tra i miei fratelli e altre società di manutenzione. In ogni caso, nelle gare cui ha partecipato "Mavis" io non ho avuto alcun ruolo. Esistevano dei presidenti di commissione aggiudicatrice che decidevano. E per altro, che la "Mavis" fosse di mio cugino non era certo un segreto. I miei vertici gerarchici in Ferrovie ne erano al corrente. Né il primo codice etico della dirigenza prevedeva quali cause di incompatibilità il conflitto di interesse".

Lei ha detto: "Davo fastidio". A chi? Perché?
"Con la mia dirigenza, cominciò l'esternalizzazione sistematica della manutenzione con il ricorso a personale di ditte private chiamato a lavorare negli impianti di Trenitalia. Ruppi il cartello delle grandi aziende che da decenni avevano il monopolio del mercato. Feci risparmiare alle Ferrovie oltre 50 milioni di euro. E, per quanto ne so, le aziende private di manutenzione che lavorarono con me hanno continuato a lavorare anche dopo il mio allontanamento. Evidentemente, ho rotto degli equilibri che non andavano toccati".

Messa così, converrà che è solo allusivo il suo riferimento a un "cartello".
"Detto che sfido chiunque in Ferrovie a dimostrare il contrario di quello che dico o a documentare che mi sono messo in tasca anche soltanto una lira con le rottamazioni, le chiedo: sono forse allusioni le minacce ai miei figli che ho ricevuto telefonicamente? E' un'allusione aver rischiato la pelle perché qualcuno pensò bene di squarciarmi le ruote della macchina?".

Qualcuno chi?
"Qualcuno di un mondo esterno".

Camorra?
"Un mondo esterno".

Che vuol dire "un mondo esterno"?
"Diciamola così. Quando sono arrivato nella manutenzione, mi sembrò di essere arrivato in un Paese dell'Est. Quello che si combinava nella manutenzione dei treni faceva paura".

Adesso non fa più paura?
"Continua a fare paura".

Ingegnere, lei non cita un solo fatto.
"La accontento subito. Lei sa che dai treni merci ero stato promosso alla divisione passeggeri, giusto? E lei sa che a promuovermi fu l'attuale amministratore delegato delle Ferrovie, l'ingegnere Mauro Moretti".

Moretti l'ha licenziata.
"Si, ma quando arrivò mi promosse. Perché alla manutenzione merci, evidentemente, non potevo più stare".

Per la storia dell'audit sulle false rottamazioni.
"Io penso che ci fu qualche altro problema. Tra il giugno e il settembre del 2006, fui oggetto di ripetute pressioni da parte della Direzione generale acquisti delle Ferrovie perché certificassi con una perizia sottocosto i valori di rimessa in pristino di alcuni locomotori che le Ferrovie intendevano vendere a una società privata di Trieste".

Può essere più preciso?
"Le Ferrovie avevano una ventina di locomotori che erano stati acquistati negli anni '80 per essere impiegati sulla linea a corrente alternata in Sardegna. Linea che non si realizzò mai. Quelle motrici erano rimaste inutilizzate e marcivano da anni nei nostri depositi. Ridotte a catorci. Finché non venne trovato un acquirente che le avrebbe pagate 300 mila euro al pezzo. Una bella cifra. Ovviamente, previa perizia che certificasse i costi contenuti della loro rimessa in pristino. Il dirigente della Direzione acquisti mi spiegò che la mia perizia doveva certificare una spesa non superiore ai 65 mila euro a locomotore. Una richiesta impossibile, visto che ce ne volevano almeno 200 mila a esemplare. Il tira e molla tra me e la Direzione Acquisti andò avanti tutta l'estate, finché di fronte al mio "no" mi venne fatto capire che ne avrei avuto dei guai".

Il dirigente cui lei si riferisce si chiama Vincenzo Armanna e non è più in Ferrovie. Rimosso bruscamente dall'incarico è da tempo all'Eni. Ma Armanna è anche tra coloro che condussero l'audit sulla sua gestione della manutenzione. E' legittimo pensare che lei, forse, fatica a essere obiettivo nei suoi ricordi. O no?
"Io non ce l'ho con nessuno. Di questa storia ho conservato tutte le comunicazioni via e-mail. Che, ovviamente, consegnerò ai magistrati napoletani appena riterranno di dovermi interrogare".

Moretti era al corrente di questa storia?
"Sarei portato a escluderlo. Ma ripeto: il problema era che io ormai davo fastidio. Avevo dato fastidio ai merci e avevo cominciato a dare fastidio anche alla divisione passeggeri".

Perché?
"Quando arrivai a fine 2006 alla divisione passeggeri, scoprii che Ferrovie pagava un contratto di 700 mila euro al mese - e sottolineo 700 mila euro al mese - per la manutenzione di primo livello, dunque la più modesta, per una ventina di carrozze ristorante e oltre 200 wagon-lit. Una follia. Dissi che quel contratto andava disdetto. Non feci in tempo. Qualcuno pensò che avrei fatto nella divisione passeggeri quello che avevo fatto con i merci. E mi cacciarono".

Chi la allontanò da Ferrovie dice che il problema furono gli esiti dell'audit e le finte rottamazioni.
"Io non vedo l'ora di essere davanti a un giudice per dimostrare chi dice la verità in questa storia".

Nessun commento:

Posta un commento