mercoledì 21 ottobre 2009

Trattativa Stato-Mafia, una passerella inquietante

Dal Sito di Luigi De Magistris 
del 20 ottobre 2009

di Luigi De Magistris
(Europarlamentare IDV)



C’è un’inquietante e per certi versi vergognosa passerella mediatica e non solo che vede sfilare esponenti istituzionali guariti dall’amnesia, che con la memoria -spesso intermittente e mutevole- ritrovano anche il coraggio di esprimere verità su cui per anni non si sono pronunciati. Si tratta di persone che negli anni ’90 ricoprivano incarichi importanti –da ex ministri a magistrati- che offrono, anche ai media, i loro ricordi riconquistati con un coraggio ad orologeria, che scatta in modo a dir poco sospetto: in concomitanza con il recente slancio investigativo delle procure di Palermo e Caltanissetta.

Perché il procuratore nazionale antimafia Grasso soltanto ieri, con un candore che lascia sgomenti, parla della trattativa - sino ad ora negata - come una verità di pubblico dominio? Perché oggi il generale Mori, così come fatto dall’ex ministro Mancino, nega l’esistenza di quella stessa trattativa che pure pare ormai verità indiscutibile? La storia della Repubblica non è infatti mai stata estranea alle trattative: i vertici della Dc, le Br, la Camorra di Raffaele Cutolo, il Sismi ed il Sisde (con esponenti apicali della P2) si avvinsero in un torbido patto nel caso Cirillo. In questa vicenda del tentativo di intesa Stato-mafia degli anni ’90 mancano solo le Br, ma politica, criminalità, servizi e istituzioni sono ingredienti che invece permangono.

Perché Grasso, Mancino, ma anche Violante, Martelli, Ayala e tanti altri ancora non hanno parlato negli ultimi 17 anni, ed agito nelle sedi istituzionali, quando soprattutto Salvatore Borsellino lanciava il grido d’allarme sull’esistenza di una trattativa tra Stato e mafia che avrebbe determinato l’omicidio di suo fratello, evidentemente contrario? La trattativa è esistita, ma resta da capire per conto e a nome di chi trattarono - per come sembra emergere - il colonnello Mori e il capitano De Donno, della cui attività l’allora ministro Mancino si dice inconsapevole, lasciando che si sollevi un inquietante interrogativo sulla capacità di controllo di chi era responsabile della sicurezza nazionale (lasciando che operassero con spregiudicatezza schegge deviate di apparati investigativi) oppure sollevando l’ipotesi dell’esistenza di poteri paralleli allo Stato e stile P2 che agivano autonomamente.

C’è da augurarsi che la magistratura possa lavorare serenamente senza le interferenze della politica, ma anche da parte dello stesso ordine giudiziario che puo' insinuarsi da più parti, per arrivare alla verità che, sola, può spazzare via dal Paese le ceneri immorali e drammatiche di una vicenda che lo ha segnato profondamente nella sua storia e nel suo destino.

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