venerdì 13 novembre 2009

La bufala del processo breve

Dalla Rivista Micromega
del 12 novembre 2009

di Cinzia Sciuto
(Giornalista)


Qualcuno, di grazia, ci spieghi in che cosa consista esattamente l’accordo sulla riforma della giustizia raggiunto da Fini e Berlusconi. Perché, per quel che ne abbiamo capito, ci sembra una gran presa per i fondelli. Pare – stando ai tg e giornali – che Fini abbia posto il suo veto sulla ‘prescrizione breve’ e abbia dato invece luce verde al ‘processo breve’. La prescrizione è un istituto giuridico per il quale, passato un certo periodo di tempo determinato dalla legge di caso in caso, si estingue il reato perché viene meno l’interesse dello Stato ad accertarlo. I tempi di prescrizione variano di reato in reato, perché l’interesse dello Stato a trovare un boss mafioso è maggiore rispetto a quello che ha nel perseguire un ladro di merendine. I tempi di prescrizione non hanno nulla a che fare con i tempi dei processi: che un reato cada in prescrizione – poniamo – dopo dieci anni, non significa che il processo durerà dieci anni, ma solo che si può perseguire quel reato fino a dieci anni dopo che è stato commesso. La prescrizione infatti inizia a decorrere dal giorno in cui si è commesso il reato (reato che, ovviamente, può anche essere scoperto molto tempo dopo, per esempio quando i termini di prescrizione sono già scaduti, per cui in questo caso il processo neanche comincia). In linea di principio, dunque, quanto più un reato è considerato grave, tanto più la prescrizione deve essere lunga: è giusto, per esempio, che non si persegua il colpevole di una violenza sessuale su un bambino solo perché il fatto si scopre quindici anni dopo?

Ricordiamo peraltro che con la legge ex Cirielli, lo scorso governo Berlusconi aveva già ridotto indiscriminatamente i tempi di prescrizione di tutti i reati. Torniamo al nostro accordo: a un’ulteriore riduzione dei tempi di prescrizione Fini dice di no, perché - afferma - «sarebbe stato un provvedimento indigeribile per i cittadini, un’amnistia mascherata». Il ‘processo breve’, invece, dovrebbe essere digeribilissimo, anzi auspicabile. E certo, detto così, nessuno può non essere d’accordo. Peccato che non basta dire «il processo deve essere breve», perché i processi siano effettivamente brevi. A meno che, «processo breve» non sia un altro modo – più ingannevole e subdolo – per ottenere lo stesso effetto della prescrizione breve. Ora, il disegno di legge presentato proprio oggi in Senato si limita a introdurre semplicemente un tetto temporale (6 anni per i tre gradi di giudizio) oltre il quale il processo non si può più fare. L’effetto, come può capire chiunque, non sarà per nulla quello di arrivare velocemente a sentenza definitiva, bensì quello di non arrivarci mai: i tempi dei processi saranno identici a quelli di oggi, solo che, trascorsi 6 anni, si bloccano e tutto il lavoro fatto va al macero. Non per prescrizione ma per ‘tempo scaduto’: nella sostanza quel reato rimane egualmente impunito.

E allora signori, non ci venite a raccontare balle. E soprattutto, non fate passare Fini per quel galantuomo difensore della legalità costituzionale contro il mariuolo Berlusconi che proprio non è.

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