venerdì 11 settembre 2009

Il Cavaliere teme il complotto "Ora tramano anche dall'estero"

Dal Quotidiano La Repubblica
del 11 settembre 2009



ROMA - "Inizio a pensare che c'è qualcosa di più di una semplice inchiesta. È in atto una manovra. Da contrastare subito. Colpo su colpo". Lo spettro del complotto, persino internazionale, torna ad aleggiare su Palazzo Chigi. Silvio Berlusconi se ne è ormai convinto. E ai fedelissimi ha confessato tutte le sue preoccupazioni. Centrate su una sequenza di episodi e un unico obiettivo: "vogliono farmi fuori".

I suoi riflettori si sono allora illuminati in diverse direzioni, non solo su quella delle procure. Sui fermenti che stanno agitando la politica ma anche la finanza italiana. Sugli ambienti che sinteticamente l'inquilino di Via del Plebiscito definisce i "poteri forti". Un insieme di interessi che, a suo dire, oltrepassa i confini nostrani. Con referenti all'estero, intenzionati a "indebolirci". "Come mai il Corriere è tornato a pubblicare quella robaccia su Bari? Perché i giornali stranieri non si fermano un attimo? C'è una rete internazionale contro di me? E perché la Marcegaglia ha ripreso a dialogare con Epifani?". Tutti interrogativi che stanno agitando i sonni del premier. E che vengono messi in connessione con un appuntamento considerato cruciale: la prossima decisione della Corte costituzionale su Lodo Alfano.

Tant'è che, appena finite le vacanze estive, la sua tattica è decisamente cambiata. "Da tre mesi c'è questo stillicidio, mi sono stufato. Rispondo colpo su colpo", proprio come ha fatto ieri con il giornalista spagnolo del "Pais". Una replica studiata a tavolino. Berlusconi aveva messo nel conto un "attacco" da parte di un cronista iberico ("un tuo giornalista", ha detto rivolgendosi al socialista Zapatero) e aveva preparato la risposta punto per punto. Una linea disegnata nella sostanza già ad agosto con il gruppo "milanese" dei suoi consiglieri. L'ala dei "falchi", capitanata da Ghedini, che ha soppiantato la componente "romana" delle "colombe" capeggiata da Gianni Letta. Una svolta "radicale" che arricchito la lista dei "cattivi". In primo luogo Gianfranco Fini, ma pure Giulio Tremonti. Pier Ferdinando Casini e Mario Draghi. Ossia, tutti i potenziali candidati per la presidenza di un esecutivo di "salute nazionale" in caso di crisi. Disegni che per il Cavaliere hanno preso forma nel dialogo rispolverato tra il presidente della Camera e il leader centrista, nel filo invisibile che unisce Fini Casini e Bersani, nelle polemiche con la Chiesa, nei movimenti di soggetti "confindustriali" come Luca Cordero di Montezemolo pronto ad un contributo "civile". Un allarme amplificato da una frase pronunciata nei giorni scorsi dal ministro dell'Economia per negare operazioni sottobanco e giunta all'orecchio del presidente del consiglio: "La pera va colta solo quando è matura".

Il sospetto del "complotto", quindi, ha preso vigore. Al punto che anche nell'ultimo incontro con lo stato maggiore del Pdl il presidente del consiglio ha sfoderato l'arma finale: quella delle elezioni anticipate. "Tra i nostri vedo troppi distinguo, troppi silenzi. Se insistono, si ricordino che si va a votare. Nessuno si illuda che accetti, come feci nel '95, un altro governo. E poi vediamo chi ha ragione davanti al Paese". Uno scenario che sta trasformando la platea dei "colonnelli" e dei "peones" del centrodestra in una pentola in ebollizione. Tutti alle prese con i dubbi sul "dopo-Cavaliere". "Ormai - si è sfogato ieri un ministro di An - non sappiamo più cosa dire. Queste bordate di Berlusconi sono diventate inspiegabili".

Sta di fatto, che il capo del governo è pronto allo show down. E per fermare pure i ripensamenti di una parte dei "salotti buoni" della finanza italiana, ha iniziato ad affilare le armi. Consolidando l'alleanza con Cesare Geronzi. A Palazzo Grazioli, allora, hanno puntato l'attenzione sul futuro assetto di Generali, la vera cassaforte della finanza italiana. In grado di determinare gli equilibri molte grandi banche, a cominciare da Intesa-San Paolo. Il suo presidente, Antoine Bernheim, è in scadenza e a Via del Plebiscito non dispiacerebbe vedere proprio Geronzi, ora al comando di Mediobanca, trasferirsi a Trieste lasciando inalterato il controllo su Piazzetta Cuccia. Che resta cruciale per l'influenza su un altro "big" come Unicredit. Tra i berlusconiani, poi, nessuno si è sorpreso del recente rastrellamento di azioni Generali da parte del gruppo Caltagirone.

Manovre offensive per preparare la difesa. Perché il clima che si respira a Palazzo Chigi è lo stesso che si viveva alla vigilia del G8: tensione e allarme. Per il Cavaliere, però, lo spettro si materializzerà solo a fine ottobre. Quando la Consulta si pronuncerà sulla costituzionalità del Lodo Alfano. Teme la "bocciatura totale". In qual caso riprenderebbe il processo Mills, che ha già portato alla condanna degli altri imputati. Ma il vero incubo riguarda una eventuale pena accessoria: l'interdizione dei pubblici uffici.

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