del 22 novembre 2009
di Pietro Orsatti
(Giornalista)
Il caso – Mentre proseguono le indagini, gli inquirenti parlano apertamente di «omicidio volontario».
Luigi Notari, del Siulp, parla apertamente di un «caso torbido». La paura che un pezzo degli “apparati” sia sfuggito al controllo. La procura della Repubblica di Roma e la polizia investigativa che sta lavorando sulla morte di Brenda, una delle transessuali coinvolte nel caso Marrazzo e deceduta due notti fa nell’incendio della propria abitazione, sembrano non avere dubbi. Si tratterebbe di un «omicidio volontario». Ieri sono proseguiti, intanto, i rilevi della polizia scientifica nell’abitazione di Brenda. La vicenda diventa inquietante e emergono analogie con altri scenari del passato. «È una bruttissima storia – spiega Luigi Notari, della segreteria nazionale del sindacato di polizia Siulp – che fa riemergere le stesse inquietudini e gli stessi sospetti della vicenda della Uno Bianca, di cui tanti risvolti a mio parere, non sono stati mai affrontati fino in fondo». Le complicità, le protezioni, l’ambito in cui quei delitti, e a questo punto anche questo omicidio, sembrano inserirsi in un quadro di deviazioni di apparati dello Stato. A fare riferimento alla vicenda della Uno Bianca è anche il legale dell’ex presidente della Regione Lazio, l’avvocato Luca Petrucci, che ha spiegato che « forse le indagini stanno scoperchiando un sistema simile a quello della Uno Bianca dove si mettevano, tra l’altro, a tacere i testimoni», e da qui l’esigenza di proteggere Natalia, l’altra trans coinvolta nello scandalo che ha portato alle dimissioni di Piero Marrazzo. E anche la morte del pusher Gianmarino Cafasso, trovato ucciso da un’overdose in un albergo romano a settembre scorso, assume tutt’altra luce viste le notizie delle ultime ore. Non è fantascienza infatti pensare che l’inchiesta su questo decesso venga riaperta.
Fare riferimento alla vicenda della Uno Bianca significa riaprire una ferita profonda all’interno delle forze di polizia. In quel caso a essere coinvolti furono dei poliziotti, questa volta, almeno per quanto riguarda il tentativo di ricatto, dei carabinieri. Ma sia allora che oggi i sospetti che ben altre forze e interessi si siano messi in moto erano e sono diffusi. «Uno scenario torbido quello che emerge dalla cronaca – prosegue Notari – che allarma e confonde il pubblico. Che già fosse un caso complicato, solo quando si parlava di ricatto, era evidente. Ora sembra essere ripiombati di colpo in un clima da fine anni 60, primi anni 70». L’ombra quindi di quelle deviazioni e quei depistaggi che segnarono la cosiddetta “notte della Repubblica”. E poi c’è la questione, finora ancora non approfondita, della mancanza di controlli e selezione nelle valutazioni del personale delle varie polizie italiane, e nel verificarne, di conseguenza, l’azione e l’integrità. «Troppi casi, anche quella che sembra vicenda Cucchi – prosegue Notari -, ci raccontano di un crollo generalizzato della professionalità. Ormai sono le relazioni pubbliche, gli uffici stampa, che fanno l’immagine delle istituzioni e non l’azione concreta che tali istituzioni portano avanti». È riduttivo, probabilmente, parlare solo di un caso di una deficienza di professionalità che ha impedito di prevenire quello che sta avvenendo in questi giorni. Sembra, invece, che si siano messi in moto forze indefinite, finora, o che siano stati utilizzati “settori” che sembrano essere sfuggiti dal controllo. Quello della sicurezza, della concorrenzialità fra varie forze di polizia, dei servizi che se anche cambiano nome non cambiano identità strutturale, sono tutti aspetti irrisolti. E che la politica, finora, non sembra in grado di risolvere. O, peggio, non vuole risolvere.
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