del 22 novembre 2009
di Stefano Ferrante
(Giornalista)
Quella parola Fini l’ha meditata a lungo. Perché allargare il solco con la Lega sull’immigrazione e tenere aperto un nuovo fronte nella maggioranza richiede uno scatto, una mutazione di linguaggio, un cambio di tono. “Stronzo” è un termine off limits per il lessico politicamente corretto, ma è di sicura presa, di comprensione immediata, in fondo un’incursione sullo stesso terreno linguistico del Carroccio. Un colpo ad effetto, quindi, ma da misurare sapientemente per non incrinare il ruolo istituzionale.
Per questo Fini ha studiato i dettagli: il luogo - Torpignattara, periferia della capitale - la platea – il centro Seminà, che si occupa di integrazione - persino l’abbigliamento - jeans e camicia a righe, giacca e cravatta, un mix di casual e abito d’ordinanza, di pop e di palazzo. È il presidente della Camera, ma parla al cuore di quella cinquantina di bambini e ragazzi con gli occhi a mandorla o la pelle scura, tra gli otto e i diciannove anni, che sono spesso nati in Italia, hanno l’accento romanesco, tifano Totti, Zarate o Del Piero.
“Qualche volta vi pesa essere qui? C’è qualcuno che ve lo fa pesare? O qualche volta c’è qualche stronzo che dice qualche parola di troppo?” – chiede Fini. Fa una pausa, attende la reazione. Scoppia una fragorosa risata. Fini riprende, scherza, giustifica la sortita irrituale, la riporta nell’alveo del ruolo istituzionale, quasi la inquadra come una fiammata passionale di pertiniana memoria: “Il presidente della Camera, dicono, è un alta carica dello Stato, forse perché è alto un metro e ottantacinque, ma pensa come voi, parla come voi. Se si dice una parolaccia non succede niente, l’importante è che non si offenda nessuno. Uso questa parola perché se qualcuno dice che siete diversi la parolaccia se la merita, voi la pensate e io la dico”. È standing ovation, si scioglie ogni timidezza. Il botta e risposta tra i giovani di origine bengalese, etiope, filippina, cinese, si fa serrato. Fini parla dei giornali che associano nei titoli etnie e fatti criminali. “Titolare che un rumeno o un eritreo ha compiuto uno scippo è un modo scorretto, superficiale e impreciso di informare. La stampa sbaglia, sarebbe bello che non ci fossero riferimenti etnici , perché altrimenti si porta nei cittadini la convinzione che ci sia un’equazione tra lo straniero e il delinquente. Uno scippatore è uno scippatore e basta. Uomini e donne sono tutti uguali”. E a chi gli chiede come pensa di convincere chi nel centrodestra obietta al disegno di legge bipartisan sul diritto di cittadinanza Fini risponde: “E’ una bella domanda. Se gli amici, di destra e di sinistra, parlano di voi da un bel salotto non si convinceranno mai. Se vengono qui non possono non capire. Ma siate certi che saranno loro in torto e non certamente voi”.
La Lega è furibonda per quella che considera una nuova provocazione. Roberto Calderoli risponde utilizzando lo stesso registro: “Fini ha perfettamente ragione a dire che è stronzo chi considera lo straniero diverso, ma è stronzo anche chi illude gli immigrati”. Il ministro per la Semplificazione rincara la dose: “ E’ una stronzata illudere gli extracomunitari che il nostro è il paese di Bengodi, e che c’è lavoro per tutti visto che il lavoro manca in primo luogo ai nostri cittadini. Fare questo è pura demagogia e allora si spalancano le porte a persone destinate a finire nella rete di illegalità criminalità e sfruttamento”. La battaglia sull’immigrazione nel centrodestra è appena iniziata.
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