del 26 novembre 2009
di Stefano Ferrante
(Giornalista)
La notizia Nicola Cosentino ha preferito attenderla a casa sua a Caserta, una piccola concessione alla scaramanzia. Senza troppa trepidazione, perché i numeri nella Giunta per le autorizzazioni della Camera sono blindati per il centrodestra. Va tutto come previsto, in due ore la pratica è archiviata: la richiesta di arresto a Cosentino respinta perché “nei suoi confronti c’è un oggettivo fumus persecutionis” . A favore della relazione di Antonino Lo Presti che chiede di respingere la richiesta del gip di Napoli nei confronti del sottosegretario all’Economia, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, votano in undici: tutti quelli del Pdl, della Lega, del Mpa e uno dei due Udc, Domenico Zinzi. Casini aveva dato ai
suoi due membri in Giunta libertà di coscienza. Libertà salomonicamente espressa. Se Zinzi è contro l’arresto, Pierluigi Mantini ex Ulivo, vota con il Pd, a favore. In tutto a schierarsi per l’arresto di Cosentino sono in sei, compreso il presidente della Giunta Pierluigi Castagnetti e l’Idv. Uno dei commissari democratici, il radicale Turco, si astiene “per motivi tecnici”: “Sono contrario all’arresto di Cosentino – spiega – ma per ragioni diverse dalla maggioranza, con l’astensione avrò diritto a fare la mia relazione in aula e dirò la mia”. Non pervenuto in commissione Bruno Cesario, il deputato campano che è passato con i rutelliani 24 ore prima.
“Ci sono le intercettazioni, prove documentali, riscontri oggettivi dei gravi indizi di colpevolezza di Cosentino – commenta la Pd Marilena Saperi – e in questo caso si tratta dell’articolo 416 bis del codice penale, di un reato associativo per cui è prevista la custodia cautelare in carcere obbligatoria , per questo abbiamo detto sì alla richiesta del Gip”. Entro il 10 dicembre toccherà all’aula di Montecitorio dire l’ultima parola. Numeri alla mano Cosentino non ha nulla da temere. Il dibattito però resta incandescente. “La casta si autoassolve” tuona il leader Idv Antonio Di Pietro. “L’unica linea per Di Pietro sono le manette” replica Cicchitto.
È il primo tempo del Cosentino-day perché il secondo si gioca al Senato. Lì Pd e Idv presentano due mozioni per chiedere le dimissioni del sottosegretario dal governo – in serata respinte senza tante storie da Palazzo Madama. “È una questione di opportunità” dice la capogruppo democratica al Senato Anna Finocchiaro.
Cosentino, intanto, mette via la dolente, supplice spavalderia esibita a caldo, nell’audizione in giunta o a Porta a Porta, e corre a Roma, determinatissimo. Non ha intenzione di dimettersi da sottosegretario e soprattutto di rinunciare alla candidatura per le regionali in Campania.
Ora vuole capire. Capire se può arrivare qualche altro colpo dalle procure campane, capire fino a che punto Berlusconi è ancora con lui, pronto a difenderlo dalla bordate di Fini. Agli amici ripete: “Mi faccio da parte solo se me lo chiede Silvio, ma Silvio non me lo chiederà… ”. E ragiona: “Non è vero che se fossi eletto governatore rischierei l’arresto. Per l’opzione avrei tempo sei mesi, nel frattempo magari la questione si è sgonfiata”. “La vicenda è chiusa – ragionano i finiani – la decisione della Giunta era scontata, e scontato è che in Campania Cosentino non può essere l’aspirante governatore. Se ne faccia una ragione. Per quale motivo dovremmo candidare uno in quelle condizioni quando al sud il governo rivendica i risultati contro la criminalità?”. Flavia Perina, direttrice del Secolo, parlamentare finiana doc è netta: “Nel Pdl quasi tutti pensano che debba fare un passo indietro. È solo questione di tempistica. Le candidature delle regionali sono una questione aperta e in Campania non c’è ancora una soluzione. Al momento opportuno Cosentino si farà da parte… ”.
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