del 25 novembre 2009
di Liana Milella
(Giornalista)
Sono rimasti impigliati nel processo breve. Già sanno che non gli potrà servire per le future accuse di mafia. Ma ci stanno dentro e ormai devono andare avanti. Sono costretti a dirsi, tra di loro, come hanno fatto ieri sera durante la riunione della consulta del Pdl per la giustizia: "Dobbiamo rassegnarci a vedere questa legge bocciata dalla Consulta". Amara constatazione che farà andare su tutte le furie il Cavaliere. Ma tant'è. Troppe, e ormai irrimediabili, le contraddizioni. Cercheranno di metterci mano, ma la partita è difficile. Per questo si concentrano su altro, su quella che definiscono "una strategia complessiva" per salvare Berlusconi non solo dai processi di oggi, ma anche da quelli di domani".
È l'inizio di una battaglia lunga. Che parte con l'immunità parlamentare, che passa attraverso una legge interpretativa per fissare in modo certo le date di un reato e quindi della prescrizione, e finisce con una sortita che per la prima volta, nella sequenza delle 19 leggi ad personam per Berlusconi, previene un'incriminazione e un processo, quello (futuribile) per mafia.
Vogliono mettere mano al reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Quello per cui è sotto processo a Palermo Marcello Dell'Utri. Quello che all'inizio fu contestato a Giulio Andreotti. Quello che colpì (ma finì in un'assoluzione) il famoso giudice "ammazza sentenze" Corrado Carnevale. Quello che ha portato alla sbarra tanti politici nelle zone di mafia, camorra, 'ndrangheta. Un reato che in realtà non esiste, perché nel codice penale non c'è, ma che "vive" per le pronunce convergenti della Cassazione. Quindi un delitto assodato, consolidato, fermo nella storia del diritto.
Ma quel crimine adesso si avvia ad avere una macchia. Potrebbe essere utilizzato dalla procure di Caltanissetta, Palermo e Firenze per indagare il presidente del Consiglio. E questo è davvero troppo. Quindi i consiglieri giuridici del premier si stanno muovendo in anticipo per terremotarlo. Ragionano tra di loro, giusto in queste ore, su dove sia meglio aggredirlo, se incidere sui termini della prescrizione, oppure se "normare" ex novo il delitto, ma con paletti tali da renderne l'applicazione difficilissima.
È l'operazione più a rischio che abbiano mai tentato. Ma è quella che "davvero serve al presidente", come vanno dicendo tra loro. Che scatenerà un nuovo e duro conflitto con i magistrati. Ma con una possibile imputazione per mafia è una battaglia che vale la pena giocare. Assieme, e stavolta con il pieno appoggio di Fini, i piediellini si stanno per buttare nell'avventura dell'immunità parlamentare, del pieno ritorno all'articolo 68, come lo scrissero nel '48 i padri costituenti. È di ieri, alla Camera, la nuova proposta dell'ex presidente della Provincia di Roma Silvano Moffa, un altro finiano che entra in scena. Nelle caselli di tutti i deputati ha depositato tre pagine, due di relazione e una di testo, che rimette in pista il vecchio articolo della Carta. A ieri sera aveva già raccolto quasi 150 adesioni tra quelli del suo partito. La proposta numero 2954 ha preso il via. Prima di depositarla Moffa ha chiesto, come rivela lui stesso, "il via libera di Fini". Che glielo ha dato. Dimostrando un'apertura verso il Cavaliere e le sue difficoltà con la giustizia.
A questo si lavora dietro le quinte. Sulla scena invece resta il processo breve a cui ormai bisogna mettere la pezza giusta, "almeno per fargli passare la firma del capo dello Stato", come dicevano ieri sera alla consulta pdl. Per questo il Guardasigilli Angelino Alfano continua a svenarsi per negare i dati negativi dell'impatto e ad affermare la razionalità della legge che "è buona anche se serve in due casi a Berlusconi". I tecnici, ancora stasera e sempre alla consulta, cercheranno di rappezzarla per tagliare via le incostituzionalità più clamorose come l'anomala lista dei reati e la regola sull'entrata in vigore. Più reati inclusi, valida per tutti i processi. Ma l'impatto schizzerà ancora più in alto rispetto ai dati forniti dal Csm e, proprio per questo, Napolitano potrebbe bloccarla.
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