del 26 novembre 2009
di Sandra Amurri
(Giornalista)
Il presidente della Camera Fini ripete: “Nei rapporti con i mafiosi il politico deve essere, come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto”. E la maggioranza di cui fa parte pullula di politici, o condannati in primo grado per mafia o che possono vantare infinite relazioni pericolose. Pier Ferdinando Casini a Ballarò ha respinto con forza la incredibile proposta dell’imprenditrice Maria Luisa Todini di inserire i procedimenti per mafia nel processo breve, aggiungendo che la mafia va combattuta con ogni mezzo. Però, nel 2008 ha candidato al Senato Totò Cuffaro nonostante fosse già stato condannato a 5 anni in primo grado nel processo “Talpe alla Dda” per aver favorito singoli boss. Voti che hanno permesso all’Udc di superare la soglia di sbarramento. E ora che Cuffaro è passato dalla posizione di indagato a quella di imputato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che cosa farà? È di ieri la notizia che il pm Nino Di Matteo - atto coofirmato dal procuratore capo di Palermo Francesco Messineo - ha chiesto il rinvio a giudizio per Cuffaro sostenendo che “ha consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno e al rafforzamento dell’organizzazione” intrattenendo, anche al fine della ricerca e dell’acquisizione del sostegno elettorale, rapporti con esponenti di spicco di Cosa Nostra dal 1991 al 2003. Ad esempio con boss come Angelo Fino, Francesco Bonura, Antonino Rotolo, Michele Aiello, Maurizio Di Gati Giuseppe Guttadauro (fratello di Filippo cognato di Messina Denaro) Francesco Campa-nella (i cui testimoni di nozze sono stati Cuffaro e Mastella) e Salvatore Aragona, in questo modo “contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell’organizzazione tendente all’acquisizione di poteri di influenza sull’operato di organismi politici e amministrativi nonché al conseguimento dell’impunità anche attraverso la divulgazione di notizie segrete concernenti l’attività di investigazioni in corso”. Oltre a essersi adoperato per “inserire nelle liste delle elezioni regionali elementi graditi e segnalati dai capi di Cosa Nostra”. Un processo che, se venisse reintrodotta l’immunità parlamentare, potrebbe essere celebrato solo dietro autorizzazione del Senato. Continua il pm: “Cuffaro incontrava Franco Bonura”, esponente di spicco della famiglia mafiosa di Uditore, componente della triade mafiosa con Rotolo e il dottor Cinà, che ha governato Palermo dal 2004 al 2005, cognato di Antonino Buscemi della Calcestruzzi. Ed è accaduto in più occasioni “recandosi presso gli uffici dell’immobiliare Raffaello del boss Bonura” come rivela la microspia ambientale collocata negli uffici che ha catturato la conversazione di Bonura con un altro mafioso. Dice Bonura: “Cuffaro io lo conosco bene, qua è venuto più volte, anzi quando io ero scoraggiato e pensavo di andarmene da Palermo lui mi ha invitato a rimanere. Mi diceva: perché te ne devi andare proprio ora che le cose si stanno mettendo bene?”. Bonura voleva andarsene perché dopo diversi procedimenti subiti si sentiva perseguitato dalla giustizia e Cuffaro lo rassicurava dicendogli, appunto, che le “cose si stavano mettendo bene”. Cuffaro, inoltre, secondo il pm - nel 1991 da candidato alla presidenza della regione chiese i voti personalmente ad Angelo Siino - il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa Nostra subentrato a Vito Ciancimino. Si recò direttamente a casa sua con il deputato Saverio Romano - come affermato dallo stesso Siino - essendo consapevole di chi avesse di fronte, come racconta un testimone. Anche Cuffaro, a fronte di questi ulteriori gravi fatti, è un politico che nei rapporti con i mafiosi deve essere, come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto?
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