del 26 gennaio 2010
di Giampiero Calapà
(Giornalista)
Flavio Delbono non sarà più il sindaco di Bologna, rassegnerà le dimissioni dopo l'approvazione del bilancio comunale, "per il bene della città". La decisione è stata presa nella notte tra sabato e domenica, "da solo, in casa con il cane e mia figlia", ha provato a scherzarci su ieri, al termine dell'ennesima giornata drammatica, cominciata con l'interrogatorio in procura dell'assessore ai servizi sociali Luisa Lazzaroni, accusata di esser stata la "mediatrice" dei rapporti tra il sindaco e la sua ex amante, Cinzia Cracchi. In realtà le pressioni sarebbero state forti, soprattutto da parte del governatore Vasco Errani, interessato a chiudere questa pagina quanto prima per evitare contraccolpi sulle elezioni regionali di marzo; e per allontanare le voci - circolate ieri in ambienti giudiziari - su un suo possibile coinvolgimento nell'indagine, perché infatti sarebbe stato tirato in ballo anche lui dalle dichiarazioni rilasciate in procura dalla Cracchi: "Delbono per por-tarmi in Regione si è rivolto ai suoi superiori, anche al presidente". Affermazioni che sarebbero arrivate alle orecchie dello sfidante di Errani, l'ex direttore del Resto del Carlino Giancarlo Mazzucca, pronto ad affondare il coltello sull'avversario per tentare quella che fino a poche ore fa era un'insperata rimonta per la conquista della rossa Emilia: "Nulla è impossibile di fronte a un terremoto di queste proporzioni", dicono nel Pdl, credendoci sempre di più. Anche perché circolano i sospetti di un vaso di Pandora che, se scoperchiato, possa rivelare più di un caso Delbono in Regione: "Non dovete domandare a me. Chiedete agli altri assessori della giunta regionale", ha lanciato il sasso il sindaco durante la conferenza stampa seguita al suo intervento in Consiglio comunale.
Tutto è cambiato nel giro di 48 ore, il sindaco è stato scaricato, perché così era meglio per tutti e, capito come si stavano mettendo i giochi, lui non ha opposto molte resistenze, nonostante la sicurezza ostentata sabato anche dai suoi collaboratori, come il portavoce Luca Molinari: "Adesso ci occuperemo solo di cose serie". Mentre Delbono dopo l'interrogatorio, messo sotto torchio per cinque ore dalla pm Morena Plazzi, annunciava: "Non mi dimetto, neppure in caso di rinvio a giudizio". Proprio questo riferimento all'intenzione di andare avanti in ogni caso, ha scatenato su Delbono le ire di mezzo Pd e l'irritazione degli alleati, a cominciare dall'Italia dei valori: sarebbero state diverse le telefonate tra Antonio Di Pietro e Pier Luigi Bersani. Per l'Idv diventava intollerabile continuare a sostenere un sindaco che sulla giustizia assumeva posizioni giudicate simili a quelle del premier Silvio Berlusconi. Delbono lo ha ripetuto anche ieri "perché non è giusto che sia impedito ad alcuni amministratori di governare e non sto parlando di complotti della magistratura, non sto dicendo che ha ragione Berlusconi, ma sto invitando a una seria riflessione politica". Quindi, per Di Pietro ristabilire un'azione unitaria di coalizione passava immediatamente dalle dimissioni di Delbono e, in seconda battutata, da quella che l'ex magistrato chiama "debassolinizzazione" della Campania. Il primo scoglio è stato superato, tanto che oggi ci sarà un conferenza stampa unitaria Di Pietro-Bersani proprio a sancire una ritrovata unità. Delbono, invece, non ha vacillato nell'assicurare "che la decisione è stata soltanto mia, non ho parlato né con Bersani né con Prodi".
Già, perché oltre al vertice del partito, inviti a fare un passo indietro dopo l'improvvida dichiarazione di sabato, sarebbero arrivati anche da ambienti vicini al Professore: "Quello del sindaco è stato un gesto di grande responsabilità - ha commentato Prodi - che gli permetterà di essere più libero e forte nel dimostrare l'estraneità dei fatti contestati, preservandolo come risorsa per il futuro della politica italiana". Conferme dell'azione persuasi-va prodiana arrivano anche da uno dei collaboratori storicamente più vicini all’ex premier, Giulio Santagata: "Delbono ha fatto bene a dimettersi, saprà dimostrare la sua innocenza, ma una città come Bologna non fa sconti a nessuno , è esigente verso i suoi dirigenti. Sarebbe stato ingiusto tenere Bologna sotto pressione".
Le dimissioni di Delbono verranno notificate venti giorni dopo l'annuncio di ieri, permettendo quindi il compimento dell'iter per l'approvazione del bilancio comunale. Una questione di responsabilità, ha motivato il sindaco. I tempi tecnici per una decretazione d'urgenza da Roma, che scongiurerebbe il commissariamento di Bologna, sarebbero strettissimi per consentire di votare anche il nuovo primo cittadino nell'election day del 28 e 29 marzo. "Questi sciagurati - si butta Filippo Berselli (Pdl), presidente della commissione giustizia al Senato - hanno complicato tutto, bastava che Delbono si dimettesse prima del 20, quando già era chiara la piega che la vicenda stava prendendo. Io sto lavorando per arrivare al decreto da parte del governo". Altrimenti Bologna si dovrà rassegnare ad avere un commissario prefettizio e il voto slitterebbe al 2011. Il centrodestra deciderà nelle prossime ore cosa conviene di più: apparire come i salvatori della patria oppure attendere l'arrivo del commissario per lanciarsi la volata l’anno prossimo, accusando il Pd di aver causato un disastro senza precedenti per la città? Possibilità concreta, che per la Cgil sarebbe grave: "Bologna non può permetterselo con la crisi economica e sociale senza precedenti che stiamo vivendo".
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