del 27 gennaio 2010
di Enrico Fierro
(Giornalista)
Bologna che all’improvviso si scopre “da bere”. Bologna “arrogante e papale” (Guccini) che si leva una mattina ubriaca con una coppa di champagne ancora in mano. E la furia di un’amante tradita che denuda la politica e sbatte sotto gli occhi di tutti “la vita privata complicata” (per dirla con Giuliano Cazzola, il suo avversario) di Flavio Delbono, ormai ex sindaco della città. Le sue relazioni sentimentali, la sua spericolata tendenza a mescolare passione per l’altro sesso e funzione pubblica. Cinzia che diventa sua segretaria alla regione, Cinzia che lo segue nei viaggi di studio sotto il sole di Santo Domingo, Cinzia che chiamavano la “zarina”. Ora ne parlano tutti, e tutti aggiungono fantasiosi particolari che trasformano in leggenda la fama del professore tombeur de femmes. Anche nelle stanze del fortissimo Pd, il partito che un anno fa mise la testa sotto la sabbia. Ora la città ribolle di sentimenti. Rabbia e indignazione, nei più anziani. Sarcasmo e indifferenza negli altri. Terrore di perdere tutto nel ceto politico. Perché se i bolognesi non vogliono subire il danno enorme di un lungo commissariamento si deve votare subito. A ottobre, chiede il Pd, oppure a marzo, in un election day che unisca comunali e regionali. Così vuole la destra che punta a fare Bingo. Pdl e Udc sono divisi. Alla Regione il partito di Casini schiera Gianluca Galletti, il Pdl Giancarlo Mazzuca, ex direttore de Il Resto del Carlino. Rumors delle ultime ore parlano di un possibile accordo. Galletti candidato a sindaco col sostegno di tutto il Pdl, in cambio l’Udc appoggia il partito di Berlusconi nella corsa alla Regione.
“Se è così rischiamo seriamente”, ammette Giovanni Nardi, una vita da segretario della Fiom, oggi portavoce di Sinistra e libertà. Il modello emiliano si avvia al crepuscolo? Il dibattito è aperto. “Non mi azzarderei ad elaborare teorie”, risponde il politologo Gaetano Vassallo, una delle nuove leve del Pd bolognese. “Quanto è finora emerso non è un indicatore certo. Siamo di fronte ad una somma di leggerezze indubbiamente gravi, ma da qui a parlare di fine di quello che lei chiama modello emiliano ce ne corre”. Storce il naso il “compagno” Nardi. “Il Pd bolognese non è più in grado di offrire un gruppo dirigente credibile, se penso che il segretario del partito prima che scoppiasse la bufera ha detto che Delbono era stato già assolto dagli elettori, rabbrividisco. La verità è che qui c’è un intero sistema di potere che regge il Pd”. Rancori, vecchie e nuove rotture sotto le due Torri.
Bisogna disturbare Guido Fanti, 85 anni, una vita che è la storia di Bologna e della sua passione politica, per capire. “Siamo di fronte ad un vero e proprio disastro. Questa vicenda rischia seriamente di buttare a mare un patrimonio accumulato in anni di lavoro e di sacrifici”. Fanti è stato sindaco comunista della città dal 1966 al 1970, raccolse la difficile eredità di Giuseppe Dozza, il sindaco della ricostruzione e del dialogo con i cattolici. È lucidissimo, senti le sue parole e ti accorgi che alcune rappresentazioni sul grigiore burocratico dei comunisti bolognesi sono stanche, forse buone per una brutta fiction d’epoca. “Noi riuscimmo a trasformare una realtà prevalentemente agricola in una industriale. Il modello emiliano era un dato di fatto: industrie innovative, distretti, migliaia di piccole e medie realtà produttive, buona amministrazione. Una modernità che ha portato benessere. Questo modello è in crisi e non da ora, la vittoria di Guazzaloca nel ’99 fu solo un campanello d’allarme. Lo stesso Cofferati non ha capito che o l’amministrazione della città serve da sostegno all’economia, oppure si va allo scontro sociale. L’ho ripetuto non più di un mese fa a Delbono: pensa in grande, battiti per la città metropolitana, la crisi economica non si può affrontare fra quattro mura. Delbono non ha colto. Gliel’ho detto: se si continua così si va verso la catastrofe”.
E la catastrofe, puntuale, è arrivata. Nostalgia dei bei tempi andati? Un sentimento che serpeggia in città, tanto che nel tourbillon di voci di possibili candidature del Pd per le comunali, si fa il nome di Walter Vitali, sindaco nel 1993. “Noi lavoravamo al servizio della città – dice ancora Fanti – non eravamo capi-bastone, ma creatori di partecipazione popolare”. Vassallo non è d’accordo: “La nostalgia è pura illusione. Le potrei fare i nomi di tanti della nuova generazione di dirigenti Pd e non troverà traccia di degenerazioni o altro. Capisco che quando si parla del passato comunista si idealizzino certe figure, ma non c’è contrapposizione antropologica tra il comunista e il professore cattolico. Il problema è la qualità morale delle classi dirigenti. Ci vogliono trasparenza, controllo reciproco e ricambio”.
C’era una volta Bologna e il suo modello, ora “quasi ricordo in odor di passato”.
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