del 13 novembre 2009
di Marco Travaglio
(Giornalista)
Ora che la cosiddetta Authority per le Comunicazioni, cioè il sinedrio dei partiti in uno dei suoi più riusciti travestimenti, ha varato le linee guida per un “pluralismo più stringente” e un’“applicazione attenta della deontologia professionale del giornalista”, siamo tutti più tranquilli. Soprattutto perché esplicita finalmente l’obbligo del “contraddittorio”, con tanto di MinCulPop – un “comitato di esperti” in nonsisache nominati dal governo e dalla suddetta Authority (che ha la stessa maggioranza del governo) – per vigilare sulla qualità dei programmi (con l’eccezione, si capisce, di Vespa e Menzognini). Ora, il contraddittorio ha un senso quando si tratta di opinioni, commenti, punti di vista, mentre riesce piuttosto complicato applicarlo alle notizie. Come controbilanciare un fatto vero? Con uno falso? L’importante è che la gente confonda i fatti con le opinioni, anzi si faccia l’idea che non esistono fatti, ma solo opinioni. Così nessuno capisce nulla. Poniamo, per assurdo, che venga disposto l’arresto di un sottosegretario per camorra. Da che mondo è mondo, i giornalisti raccontano che è stato disposto l’arresto del sottosegretario per camorra. Ora invece, in omaggio al contraddittorio, il giornalista che racconta che è stato disposto l’arresto del sottosegretario per camorra, sarà affiancato da un giornalista che racconta che non è stato disposto l’arresto del sottosegretario per camorra, o al massimo che è stato disposto l’arresto del sottosegretario estraneo alla camorra. Così la gente avrà finalmente un’informazione completa, obiettiva, deontologica, pluralista, stringente. E soprattutto chiara. Infatti si domanderà: ma perché cazzo l’hanno arrestato, ‘sto sottosegretario? Del resto, il principio del contraddittorio dilaga ormai a macchia d’olio in tutto il paese. L’altro giorno gli studenti del liceo Visconti di Roma mi invitano a una loro assemblea. Accetto. L’indomani il preside invoca la “par condicio”, perché non vuole “comizi”: gli studenti dovranno invitare un tizio di caratteristiche uguali e contrarie alle mie per “bilanciarmi”. Forse non sa che sono un giornalista, forse confonde l’assemblea studentesca per una tribuna elettorale dove bisogna invitare tutti i partiti. O forse ha semplicemente fiutato l’aria che tira. A nulla valgono le obiezioni dei ragazzi: “Il contraddittorio ognuno di noi lo porta con sé, nella propria coscienza critica”. Troppo ragionevoli. Pensano, gli ingenui, che il contraddittorio significhi invitare un ospite e, alla fine, contraddirlo e interrogarlo. Niente da fare: mi viene proposto di rissare con un tipino a suo tempo arrestato per corruzione e poi salvatosi per prescrizione. Cerco di intuirne il motivo: essendo io incensurato, devo esser bilanciato da un ex detenuto. Ora, quando inviteranno un giudice antimafia, lo pregheranno di portarsi dietro Totò Riina, per riequilibrare. Un’ottima idea da esportare in altri ambiti, oltre a quello televisivo e universitario. Se uno dice che oggi piove, un altro deve subito sbraitare che c’è il sole. Se uno dice che è venerdì, un altro deve replicare che, però, potrebbe essere anche lunedì. Nelle palestre chi vuol fare un po’ di cyclette dovrà essere accompagnato da uno che vuol fare pilates. Al cinema chi vuol vedere Tarantino dovrà scovare qualcuno che voglia sorbirsi il Barbarossa (impresa fra l’altro improba anche in Val Brembana). Nelle panetterie, se uno vuole acquistare due rosette, dovrà portarsi dietro uno che preferisce gli sfilatini. Nei bagni pubblici, chi vuol fare un po’ d’acqua dovrà assicurare la par condicio trovandosi uno che ha bisogni più sostanziosi. Sempre per garantire il fisiologico contraddittorio.
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