del 15 novembre 2009
di Federico Mello
(Giornalista)
Ascanio Celestini, narratore del popolo, è sempre attento a quello che si muove dal basso. È stato contattato dai Don Chisciotte del NoBerlusconiDay in tempi non sospetti, e ha dato la sua adesione mentre la mobilitazione ancora covava in Rete. Lo contattiamo mentre sta tornando da Giano dell’Umbria, in provincia di Perugia: “Sono andato a salutare gli amici della rivista Frigidaire – ci dice – nonostante la loro storia, sono a rischio sfratto da un sindaco di centrosinistra”.
Tu hai aderito subito al NoBday del 5 dicembre.
Ho dato subito la mia adesione. Aveva l’aria di essere un’iniziativa piccola, invece ho visto che è cresciuta moltissimo: penso che sia una delle prime volte che una manifestazione viene organizzata così tanto “dal basso”.
Che ruolo ha giocato la Rete nel lancio di questa giornata?
Io non ho grande fiducia nella Rete: in Rete si trova di tutto, e in più si è sempre riconoscibili e raggiungibili. La Rete convince le persone che c’è una possibilità, ma dobbiamo dirlo, la possibilità non sta nella Rete, ma nelle persone.
Ha ancora senso andare in piazza?
Da sempre le manifestazioni non sono un momento di lotta, ma un momento di ritualità, servono per contarsi. E neanche più per quello: oggi una manifestazione è partecipata quando chi la organizza ha i mezzi per renderla tale. Gli dai il cestino, gli paghi l’autobus,percuisec’èunmilionedi persone in piazza sembra che un milione di persone si stanno davvero muovendo. Ma l’impegno politico è un’altra cosa: è quello che tu porti avanti ogni giorno nella scuola dove porti tuo figlio, in tutti i posti di lavoro, nel bar dove prendi il caffè, dall’ortolano dove compri la frutta. È lì che fai politica realmente. Mobilitare un milione di persone che il giorno dopo tornano a chinare la testa, non serve a niente.
Questo NoBerlusconiDay nasce dal basso invece.
Anche questa, come tutte le manifestazioni, sarà una rito. Ma è un rito importante perché non è stata lanciata e organizzata da qualche grosso partito, da qualche grosso giornale, da un sindaco: è fuori dalle istituzioni dalla politica e dai centri di potere che gestiscono le comunicazioni da massa. E perciò, ancora di più, dopo il 5 dicembre, è fondamentale che si continui a mettere in atto un impegno politico che sia forte, capace di mostrarsi.
Qual è l’obiettivo?
Se questo sistema non ci piace, dobbiamo essere eversivi. Uso una parola forte, ma quando Marx ed Engels parlavano dello “Spettro che si aggira per l’Europa”, facevano circolare un messaggio che faceva paura al capitalismo dell’epoca. E oggi? Io voglio giornali, partiti e sindacati che facciano paura. Paura, naturalmente, non significa diventare terroristi; ma a me questo sistema fa paura, allora c’è bisogno di qualcuno che faccia paura a questo sistema, che dica cose diverse da tutto ciò è discorso dominante. Perciò, dal 5 dicembre, il giorno dopo, la settimana dopo, il mese dopo, l’anno dopo, bisogna diventare tutti pacificamente eversivi.
È Berlusconi il problema?
È importante chiedergli le dimissioni. Ma bisogna fare anche un passo avanti. Perché il berlusconismo è entrato nelle ossa di tutta la politica italiana: così come ci sono sindaci di sinistra che sfrattano un rivista ricca di storia e di cultura, così ci sono sindaci di centrosinistra che tirano su muri, che vietano di bere una birra alle tre di notte, che chiudono i locali. Per cambiare le cose dobbiamo tornare a una prospettiva profondamente ideologica, dobbiamo ritrovare una Weltanschauung, una visione del mondo senza la quale non riusciamo neanche a tornare a casa. Dobbiamo recuperare il significato del nostro essere individui in questo paese: se l’obiettivo di qualsiasi protesta è solo quella di avere lo stesso mondo che abbiamo, migliorato solo un po’, allora non ne vale la pena
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