venerdì 13 novembre 2009

“Parlate dei rom solo dopo un crimine”

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 13 novembre 2009

di Elisa Battistini
(Giornalista)


“Per conoscere la cultura italiana prendiamo a esempio Scampia? Giudichiamo gli italiani attraverso la camorra? Attraverso le situazioni di criminalità?”. Alexian Santino Spinelli, musicista, compositore e docente universitario (insegna Lingua e cultura rom all’Università di Chieti) è un rom italiano. Ma soprattutto è una persona che non ha nulla a che vedere con lo stereotipo dello ‘zingaro’ raccontato dai media. “La rappresentazione dei rom è veicolata – dice Spinelli – da immagini e informazioni false. Gli italiani pensano che i rom vogliano vivere nelle roulotte. Una sciocchezza. Si generalizza un’immagine di degrado, generata da altri problemi”. Eppure lo stereotipo nasce anche sulla base della realtà. Molti rom, italiani o meno, vivono infatti nei campi nomadi. “Non per scelta. Non è un'espressione culturale. È un cane che si morde la coda. I rom spesso provengono da altri paesi , magari sono clandestini, non riescono facilmente a trovare lavoro, non riescono spesso a trovare casa. E a volte non riescono a mandare i figli a scuola. A volte, addirittura, i figli non vengono mandati a scuola per la paura stessa della discriminazione. Ma torno all’esempio di Scampia: anche in alcuni quartieri italiani ci sono situazioni di degrado, i ragazzi non vanno a scuola e spacciano. Quindi? Diciamo che i genitori italiani non mandano a scuola i figli? Prendere i casi singoli ed estenderli a una cultura è sbagliato. Ed è sbagliata l’etnicizzazione della notizia”.

Il delitto di Teramo però è un dato di cronaca inoppugnabile. “Cosa vuole che le dica? Esprimo tutto il mio cordoglio. Un omicidio è una tragedia che mi tocca profondamente come uomo, come italiano e come rom. Ma non si può parlare di noi solo in questi casi. Esistono centinaia di eventi artistici organizzati dai rom e non hanno alcun interesse mediatico, anzi vengono ignorati”. Per esempio quello di oggi pomeriggio, presso la Chiesa Valdese di Roma, quando alle 18 l’Alexian Group di Spinelli suonerà assieme all’Orchestra Sinfonica Abruzzese in un grande concerto per la regione colpita dal terremoto. Le partiture sono tutte di musicisti rom. “Questi eventi vogliono essere un segno di integrazione e vogliono rivelare chi siamo veramente. Del resto, in Italia ci sono 150.000 Rom, di cui i il 70% è italiano e vive normalmente in una casa”. Sono calciatori, sportivi, infermieri, professionisti, insegnanti: nessuno di loro viene designato come rom. “Media e politica – dice Spinelli – sono responsabili nel raccontare una normalità rom che non è la norma. Nell’immaginario collettivo il rom vive nella sporcizia, i bambini sono cenciosi. Ma la più grande falsità è che siamo nomadi per cultura. La nostra mobilità è sempre stata indotta, perchè siamo uno dei popoli più perseguitati della storia. Ma possediamo una letteratura, una lingua, abbiamo prodotto teatro, musica, arte. Siamo originari dell’India, viviamo in tutti i continenti, siamo 12 milioni e siamo senza patria, non abbiamo mai avuto un esercito, nè espresso vocazioni al terrorismo. La normalità non ha ribalta mediatica. L’ignoranza regna. E chi, in politica, vuole additare una minoranza come criminale per avere il consenso dell'opinione pubblica, crea il caso dei rumeni, o dei ‘rom’ o di altri. È molto comodo partire dal singolo per criminalizzare un’etnia”. Comodo ma pericoloso, perchè genera un gioco mediatico con enormi ripercussioni razziste. “Nessuno, però, sa che mezzo milione di rom sono stati uccisi nei campi di sterminio nazisti. Si chiama Porraimos: è il nostro genocidio. Come la Shoah. Solo che tutti conoscono questo nome e nessuno ha mai sentito nominare il Porraimos”.

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