venerdì 20 novembre 2009

PROCESSO BREVE: SULLE CIFRE ALFANO GIOCA AL RIBASSO

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 20 novembre 2009

di Antonella Mascali e Margherita Perniconi
(Giornaliste)


Esagerazioni, enfatizzazioni. Per il ministro della Giustizia Angelino Alfa-no, la legge sul “processo breve” estinguerà l’1% dei processi “senza calcolare l’incidenza delle assoluzioni”. Dati, per carità, che sono “senza pretese di definitività e assolutezza”. Il guardasigilli, rispondendo al question time in Parlamento, ha fornito dei numeri, senza spiegare con quale criterio siano stati calcolati, specificando che sono 94 mila su 3.391.917 processi complessivamente pendenti, quelli che giacciono da più di due anni. Di questi, solo poco più della metà potrebbero essere azzerati con la nuova legge. Perciò, secondo Alfano, le preoccupazioni espresse da magistrati, avvocati, giuristi, cittadini e soprattutto dalle vittime che rischiano concretamente di non avere giustizia, sono fuori luogo.

Il ministro ha attaccato l’Associazione nazionale magistrati senza mai citarla, dicendo di essere sorpreso, “e non poco”, per il fatto che “nell’immediatezza della presentazione del disegno di legge siano state formulate anche da fonti autorevoli previsioni catastrofiche senza tuttavia fornire spiegazioni ragionevoli rispetto ai dati numerici segnalati”. Ma il presidente dell’Anm, Luca Palamara, non è d’accordo: “Non credo che la realtà corrisponda alla rosea previsione di via Arenula. E comunque decine di migliaia di vittime del reato private di giustizia non sono un dato di cui poter essere soddisfatti. Più di 30 mi-la procedimenti andrebbero a mare – ha aggiunto Palamara – cioè sarebbero estinti. Ciò, significa, dire a 35 mila vittime di reato che lo Stato rinuncia a fare giustizia e significa non processare chi è imputato di fatti che hanno destato allarme sociale”.

La settimana prossima il Consiglio superiore della magistratura ascolterà i procuratori e i presidenti dei tribunali di Milano, Roma, Torino, Napoli e Palermo che forniranno dati sui processi a rischio estinzione sulla base del disegno di legge, presentato al Senato. Solo dopo aver raccolto dati certi, il Csm fornirà il suo parere. Le cifre fornite ieri da Alfano non convincono Fabio Roia, consigliere togato del Csm: “Visto il catalogo dei reati inclusi nel ‘processo breve’ – dichiara a Il Fatto Quotidiano – i numeri non possono essere così bassi, e lo dico anche in base all’esperienza giudiziaria quotidiana di magistrati e avvocati. E comunque questa è una norma che va scritta soltanto dopo una riforma seria della giustizia che preveda la semplificazione del rito processuale penale e l’impiego di risorse. Le case si costruiscono dalle fondamenta e non dal tetto”.

Ma la legge sul processo breve non mette tutti d’accordo nemmeno nel Pdl. Il primo a non esserne convinto è Gaetano Pecorella, deputato e legale del presidente del Consiglio che anche ieri ha ribadito a Sky come il ddl possa rischiare l’incostituzionalità: “La complessità del processo – ha spiegato Pecorella – non dipende dalle misure della pena ma dalle specificità di ogni processo. Ci può essere una truffa con 40 parti lese dove servono 10 anni, come un omicidio che si risolve in mezza giornata. I criteri di durata vanno espressi in relazione alle caratteristiche del processo”. Secondo Pecorella, sulla spinta della sentenza della Corte Costituzionale sul cosiddetto lodo Alfano, la soluzione sarebbe quella di una legge costituzionale per disciplinare la sospensione dei processi. L’altro legale illustre del premier, Niccolò Ghedini, è all’opera per trovare una soluzione. E Italo Bocchino non sottovaluta la possibilità di ripresentare il testo proposto dai senatori del Partito democratico nella precedente legislatura, che prevede 6 anni in tutto per il primo grado: 2 dalla notizia di reato all’iscrizione sul registro degli indagati , 2 per le indagini preliminari, 2 dal rinvio a giudizio alla sentenza di primo grado. Questi ultimi sono gli anni che interessano al Pdl perché i processi in corso a Milano andrebbero comunque in prescrizione prima di una sentenza di primo grado, sempre che si applichi ai dibattimenti in corso come prevede il processo breve. In questo modo il Pd, che non voterebbe il provvedimento perché non lo ha riproposto in questa legislatura, potrebbe risolvere un problema al Pdl.

Nessun commento:

Posta un commento