del 2 novembre 2009
di Luigi De Magistris
(Europarlamentare IDV)
Sono stato magistrato per quindici anni (come dice una mia ex collega, forse per 30, per quanto ho lavorato, di giorno e di notte). Ho amato quel mestiere oltre ogni limite. Questa passione mi ha consentito di non fare mai scelte di opportunità, ma sempre di Giustizia, magari anche sbagliando, ma sempre agendo in modo costituzionalmente orientato e nel rispetto della legge. Ho avuto l'indipendenza assoluta nel mio animo e l'ho sempre praticata in ossequio al principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Questo rigore accompagnato ad una passione che è stata linfa vitale anche nei momenti più difficili mi ha permesso e mi consente di individuare e stigmatizzare le innumerevoli storture presenti all'interno dell'ordine giudiziario.
Una magistratura che oggi si compatta di fronte al "facile nemico" Berlusconi, ma che in quel fronte annovera di tutto: magistrati coraggiosi, onesti, eroici, pavidi, inetti, incapaci, proni al potere e collusi. Taluni di quelli che oggi gridano all'attentato all'indipendenza ed autonomia della magistratura da parte di Berlusconi e dei suoi servi seguaci - esercizio facile tanto antidemocratica ed eversiva è l'azione di questi quotidiani violentatori della Costituzione - sono gli stessi che hanno brigato per annichilire il funzionamento autonomo della giustizia al fine di assecondare poteri forti per i quali non hanno esitato a infangare la toga che indegnamente indossano.
Del resto, nulla di nuovo sotto al sole.
Quando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino rischiavano la vita contro Cosa Nostra una fetta importante di magistrati non li tollerava, li considerava i giudici protagonisti, quasi il male della giustizia. Alcuni di questi avvoltoi in toga sono gli stessi che morti i due eroi italiani si sono riempiti la bocca - magari facendo anche carriera - dicendo ad alta voce che la magistratura ha avuto i morti sul campo.
Sono convinto che in diversi momenti storici cruciali del nostro Paese pezzi della magistratura - non maggioritari, ma nemmeno residuali - hanno contribuito ad isolare loro colleghi ed anche a praticare dei veri e propri omicidi professionali. L'uso illegale della carta da bollo - di cui alcuni magistrati sono molto capaci - non è meno pericoloso del regime militare.
Chi vi scrive ha vissuto, negli anni in cui ha fatto il magistrato, sempre al fianco della polizia giudiziaria. Posso dire che sono stato più con loro che con i miei familiari. Tra i miei migliori amici ci sono donne ed uomini della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Nel mio impegno politico starà sempre al loro fianco, come a quello dei magistrati. La Giustizia è la bussola della mia esistenza. Sarà accanto, però, a quelli onesti, non a coloro che sono indegni di indossare la toga e la divisa.
Metterà tutto il mio impegno per far comprendere al Paese in che situazione di difficoltà e di disagio operano, quotidianamente, i servitori dello Stato, rischiando spesso la pelle. Senza mezzi, senza risorse, in pochi contro un esercito di criminali. Quanti di loro ho visto fare straordinari senza essere pagati; quanti comprare i pc portatili per scrivere le informative di reato; macchine vetuste senza benzina per svolgere le attività di osservazione e pedinamento sul territorio. Forze dell'ordine che hanno il plauso dei loro superiori o del potere politico se si occupano di latitanti, trafficanti di esseri umani o spacciatori, con encomi semplici o solenni. Gli stessi, poi, ostacolati, rimossi o trasferiti quando investigano sui colletti bianchi.
Starà sempre dalla parte delle forze dell'ordine quando operano nel rispetto della legge ed in maniera costituzionalmente orientata. Se si allontanano dalla democrazia le forze dell'ordine non meritano più rispetto; rischiano di agire come anticamera o braccio armato di un disegno autoritario. Sono fuori dallo Stato di diritto e vanno perseguiti nella maniera più rigorosa possibile.
La tragedia del povero Stefano Cucchi non sembra che l'ultimo caso di una serie di deviazioni che provengono dall'interno di coloro i quali dovrebbero essere i primi custodi della legalità .
Nella storia d'Italia troppe volte rappresentanti delle forze dell'ordine hanno tradito, innanzi tutto i propri colleghi e, poi, i cittadini che affidano loro la propria sicurezza.
Depistaggi e deviazioni che hanno contraddistinto la storia del nostro Paese da parte di esponenti dei servizi di sicurezza e delle forze dell'ordine. Collusioni con il crimine organizzato. Appartenenti alle forze dell'ordine che utilizzano la divisa ed i poteri inerenti le loro funzioni per costituire delle vere e proprie cellule deviate per la predisposizione di dossier in grado di ricattare e condizionare le Istituzioni (me ne occupai anche personalmente nel 2001 quando ero sostituto procuratore a Napoli con l'arresto di diversi Carabinieri). Insabbiamenti di inchieste importanti per servire interessi oscuri e poteri forti. Svolgimento di attività investigative deviate per annientare innocenti e condizionare il funzionamento delle Istituzioni democratiche (con predisposizione di prove false e con l'occultamento di quelle vere). Pestaggi sempre più frequenti di soggetti deboli, magari sottoposti alla loro tutela. Massacri di massa come è accaduto per le manifestazioni di Napoli del 2001 (caserma Raniero e dintorni) e di Genova (Bolzaneto, Diaz e dintorni): dove vi è stato un uso criminoso e criminogeno del manganello e delle armi quale longa manus di una politica fondata sulla criminalizzazione del dissenso. Episodi oscuri ed inquietanti che avvengono anche nelle celle con suicidi sempre più frequenti ed anche alquanto anomali. Recentemente mi ero anche imbattuto - da magistrato - in una vicenda inquietante ed oscura, un presunto suicidio in carcere, ma ci hanno pensato i poteri forti anche interni alla magistratura per condizionare l'accertamento della verità.
Lo stesso omicidio professionale che hanno praticato nei miei confronti ha visto all'opera anche magistrati ed esponenti delle forze dell'ordine in perfetta sintonia criminale con altre categorie, politici in primis. Molti di questi sono ancora all'opera per inquinare, depistare, impedire il raggiungimento della verità . L'allontanamento in blocco dei magistrati della Procura di Salerno rappresenta un attentato doloso alla ricerca della verità .
La Giustizia è morta per via giudiziaria, ma vive come testimonianza e lotta politica.
In democrazia non c'è cosa più pericolosa che quella di imbattersi in magistrati e forze dell'ordine colluse. Ecco perché è compito dei magistrati onesti e dei poliziotti, carabinieri e finanzieri onesti, isolare e denunciare le schegge deviate per evitare che diventino sistema.
Così come la magistratura non deve tollerare le sacche di collusi, così le forze dell'ordine devono dimostrare di essere democratiche e di non abbandonare mai lo Stato di diritto utilizzando comode scorciatoie verso lo Stato di Polizia. Le forze dell'ordine che abbandonano il rispetto della legge non avranno mai il consenso degli italiani onesti ma saranno solo strumento di interessi criminali.
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